Conclusione Piccolo Sinodo della montagna

Siano rese grazie al Signore per lo svolgimento e la conclusione del Piccolo Sinodo della montagna, che ha svolto i suoi lavori su temi tanto importanti per la missione della Chiesa nelle nostre comunità montane.

«Rendiamo grazie alla misericordia di Dio che orna tutto il corpo della Chiesa con gli innumerevoli doni dei carismi così che ovunque appaia lo stesso splendore per mezzo dei molti raggi dell’unica fonte luminosa, e non possa essere che a gloria di Cristo il merito di qualsiasi cristiano» [S. Leone Magno, Sermone 50, 7.1].

Il mio pensiero di gratitudine si volge al tempo stesso anche a tutti quanti hanno faticato e lavorato per la preparazione e lo svolgimento di questo evento di grazia: il Vicario episcopale per le strutture di partecipazione, Mons. Mario Cocchi; i tre Vicari pastorali della montagna; i sacerdoti tutti che guidano le vostre comunità; ed infine ma non dammeno tutti voi sinodali, per la diligenza con cui, partecipando alle tre sessioni, avete assicurato il felice svolgimento di questo evento ecclesiale.

Ã? cosa giusta e salutare che noi eleviamo il nostro ringraziamento all’interno di una celebrazione liturgica, ben consapevoli come siamo che «ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento» [Gc 1, 17]. E già possiamo dire alla luce della parola dell’Apostolo appena ascoltata, quale dono il Padre ci ha fatto. Esso si potrebbe indicare come il dono di una sinodalità affettiva. Ma ascoltiamo l’Apostolo.

1.         «Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare». � indicato con queste parole il dono che il Padre ci ha fatto: la rinnovazione del nostro modo di pensare.

Cari fratelli e sorelle, non vogliate passare troppo in fretta su queste divine parole. Notate che qui si parla della rinnovazione del nostro modo di pensare come del fatto più importante della nostra trasformazione. Cambiamento del pensiero cioè della nostra visione della realtà: anche di quella realtà che è la Chiesa.

Siamo tentati di fermarci alla dimensione visibile della Chiesa, mentre il suo Mistero sta “dietro” a queste realtà. Rinnovare il nostro modo di pensare significa invertire la nostra modalità di guardare la Chiesa.

Il Signore, facendovi vivere l’esperienza del piccolo Sinodo, vi ha educati al nuovo modo di pensare. Vi ha donato la possibilità di comprendere come la Chiesa, pur essendo visibilmente strutturata in distinte comunità, è il Mistero della comunione. Vi siete scambiati pensieri e proposte; avete riflettuto assieme. Tutto questo nasceva dall’essere voi tutti in Cristo, nel suo corpo che è la Chiesa: «siamo un solo corpo in Cristo», ci ha detto or ora lo Spirito Santo mediante l’Apostolo.

Ã? in questo senso che poc’anzi vi dicevo che il Padre vi ha fatto il dono della sinodalità affettiva.

2.         Ogni dono di grazia è un compito: alla sinodalità affettiva deve ora seguire la sinodalità effettiva.

            Il passaggio     dalla sinodalità affettiva alla sinodalità effettiva avviene ad un duplice livello; o se preferite, ha una duplice dimensione.

            Una dimensione soggettiva. Ã? a questo livello soprattutto che l’Apostolo ci ha parlato. Esiste cioè un ethos della sinodalità effettiva, che comporta una severa e diuturna educazione della nostra passionalità e della nostra spiritualità. Riascoltiamo l’Apostolo.

            «La carità non sia ipocrita»: caritas in veritate, ci ha insegnato il S. Padre.

            Ciò comporta un senso di vera umiltà: «gareggiate nello stimarvi a vicenda»; «non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi».

            La sinodalità effettiva comporta poi una grande pazienza: «(siate) costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera».

            Una dimensione oggettiva. Sarà compito e responsabilità del Vescovo discernere quali decisioni prendere per quanto riguarda la configurazione strutturale delle varie comunità.

            Cari fratelli e sorelle, concludiamo il Piccolo Sinodo celebrando i primi Vespri della domenica quarta di Pasqua nella quale la Chiesa contempla il Signore Risorto come il Buon Pastore. Quale grande consolazione ci viene da questa contemplazione!

            «Il Signore è il mio pastore» dice oggi la Chiesa intera e noi in essa «non manco di nulla â?¦ se anche andassi per una valle oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me». Ã? questa la certezza che non ci deve mai abbandonare: la presenza del Risorto in mezzo a noi. L’essere con Cristo ed in Cristo è la nostra forza.

            In un antico epitaffio cristiano si trova scritto: «Mi chiamo Abercio, sono discepolo del casto pastore che pascola greggi di pecore per monti e pianure e ha grandi occhi che dall’alto guardano per ogni dove» [cit. da GLNT X, 1222-1223]. Siete discepoli di Gesù che pascola le vostre comunità sui vostri monti, ed ha sempre il suo sguardo posato su di voi. Il sapervi continuamente sorvegliati dal Pastore grande delle vostre anime sia la vostra sicurezza, la vostra forza, la vostra consolazione, la vostra gioia.

14/05/2011
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