Perché la famiglia: fecondità della via di Giovanni Paolo II

Il magistero di Giovanni Paolo II e la riflessione antropologica di K. WojtyÃ?â??a scoprono la ragion d’essere della famiglia ââ?¬â?? il Ã?«perchÃ?© della famigliaÃ?» ââ?¬â?? attraverso un percorso antropologico ed un percorso teologico. Non separatamente compiuti, ma coniugati assieme pur rispettandone la distinzione. Non Ã?¨ ora il momento di approfondire la metodologia wojtyliana, la cui conoscenza ed assimilazione Ã?¨ comunque indispensabile per entrare nel pensiero del Beato.

1. La ragione d’essere della famiglia si mostra in piena luce Ã?«al principioÃ?»; per contrarium [veritas per contrarium] nella negazione compiuta dal peccato della veritÃ?  originaria; nella reintegrazione del Logos del Ã?«principioÃ?» operata dalla redenzione di Cristo.

Per Giovanni Paolo II quindi la ragione d’essere della famiglia va scoperta dentro la storia della famiglia: la storia della condizione umana narrata dalla Divina Rivelazione e riscontrata dentro alle fondamentali esperienze umane.

Possiamo iniziare la nostra riflessione dalle pagine dedicate al tema nella Lettera alle famiglie del 1994.

Ã?«Mediante la comunione di persone, che si attua nel matrimonio l’uomo e la donna danno inizio alla famigliaÃ?». [Lettera alle famiglie (1994) 9,1].

Siamo subito condotti all’Ã?«inizioÃ?» della famiglia, al suo Ã?«principioÃ?»: esso Ã?¨ posto nella Ã?«comunione delle persone, che si attua nel matrimonioÃ?». A livello empirico, tuttavia, l’inizio della famiglia appare radicato nella biologia. Ã?Ë? dunque nel rapporto fra comunione coniugale delle persone e bios che va scoperta la ragione d’essere della famiglia.

Ã?Ë?, in fondo, la ripresa del problema di Humanae vitae, fatta dentro un contesto antropologico piÃ?¹ adeguato. Ma su questo non voglio fermarmi; ritorno subito al tema.

�«La paternit�  e la maternit�  umane sono radicate nella biologia e allo stesso tempo la superano�». [ibid.]. Perch�©? Per due ragioni.

La venuta all’esistenza di una nuova persona umana esige un intervento immediato di Dio creatore; dentro ai processi biologici opera l’amore creativo. Ã?Ë? l’origine trascendente della famiglia.

Ã? Ma non c’Ã?¨ solo un’origine trascendente della famiglia. Essa ha anche il suo inizio in quella comunione delle persone che Ã?¨ propria del matrimonio. Desidero fermarmi piÃ?¹ a lungo su questo, perchÃ?© esso Ã?¨ uno dei nodi della crisi contemporanea della famiglia. Per le ragioni che dirÃ?² piÃ?¹ tardi.

In questo seminario di studio compete ad altri fare oggetto di riflessione la comunione e l’amore coniugale. Voglio da parte mia porre in luce il rapporto comunione coniugale-genealogia della persona, che dÃ?  origine alla famiglia.

Potrei enunciare il mio punto di vista nel modo seguente: la generazione realizza interamente la comunione coniugale, perchÃ?© ââ?¬â?? negativamente ââ?¬â?? le impedisce di corrompere la reciprocitÃ?  sponsale in una sofisticata forma di narcisismo, e ââ?¬â?? positivamente ââ?¬â?? perchÃ?© porta a termine la forma incerta dell’amore come innamoramento. In due parole: la generazione salva e realizza la veritÃ?  dell’amore coniugale.

Per comprendere ciÃ?² dobbiamo ritornare all’origine trascendente della famiglia. L’idea centrale che in questo contesto sostiene il magistero di Giovanni Paolo II Ã?¨ che l’uomo Ã?¨ l’unica creatura che Dio vuole per se stessa: la categoria ontologica della sostanza raggiunge il suo vertice nella persona.

La coltivazione dell’amore, necessaria perchÃ?© esso non muoia nella logica dell’innamoramento, consiste nel fare propria questa logica della volontÃ?  creatrice di Dio. Ã?«I coniugi desiderano i figli per sÃ?©, ed in essi vedono il coronamento del loro reciproco amoreââ?¬Â¦ Tuttavia, nell’amore coniugale e in quello paterno e materno deve inscriversi la veritÃ?  sull’uomo, che Ã?¨ stata espressa in maniera sintetica e precisa da Concilio con l’affermazione che “Dio vuole l’uomo per se stesso”. Occorre, perciÃ?², che al volere di Dio si armonizzi quello dei genitori; in tal senso, essi devono volere la nuova creatura umana come la vuole il creatore: “per se stessa”Ã?». [ibid.].

Potrei esprimere lo stesso concetto con la categoria dell’alleanza, che il Concilio Vaticano II parlando del matrimonio ha preferito a quella di contratto. Ugualmente possiamo usare la metafora del dialogo. Esso non Ã?¨ confusione di due discorsi; esso non Ã?¨ la somma di due interlocuzioni. Esso Ã?¨ la costruzine di un nuovo significato.

L’amore coniugale diventa costruttivo di una nuova identitÃ?  personale: tertium datur. Non si dÃ?  una perfetta reciprocitÃ?  esclusivamente tra due, poichÃ?© questa sarebbe la negazione dell’amore.

Forse Ã?¨ utile fare una breve sintesi di quanto ho detto finora. Ci siamo chiesti: quale Ã?¨ la ragione d’essere della famiglia? La risposta Ã?¨ la seguente: perchÃ?© l’uomo abbia una casa degna del suo essere persona; adeguata al suo essere persona.

Giovanni Paolo II pensa che questa sia la ragione d’essere della famiglia, quando la consideriamo nel suo “principio”, nel suo costituirsi originario: l’inizio della persona dalla comunione coniugale e dall’atto creativo di Dio.

Possiamo affrontare il tema e cercare la risposta alla nostra domanda, percorrendo anche un’altra via: la lettura che Giovanni Paolo II fa del nucleo dottrinale centrale della Humanae vitae. Lettura che costituisce l’ultima parte del ciclo di catechesi su l’amore umano nel piano divino.

La riflessione si costruisce mettendo in risalto la connessione inscindibile fra la communio personarum propria del matrimonio e il costituirsi della famiglia. Potremmo dire: fra la coniugalit�  e la genitorialit� .

Il fondamento di questa connessione Ã?¨ individuato nell’essere persona-corpo, o corpo-personale, che definisce la natura della persona umana. Giovanni Paolo II individua cioÃ?¨ la ragione d’essere della famiglia attraverso la lettura del linguaggio del corpo nella veritÃ? . Ã?Ë? il significato profondo dell’affermazione, costante nel magistero della Chiesa, che la famiglia Ã?¨ un fatto, un’istituzione naturale. Naturale significa, nel Magistero di Giovanni Paolo II, che la persona umana Ã?¨ una persona corporale o un corpo personale.

Alla domanda “perchÃ?© la famiglia”, seguendo questa via di riflessione, il Magistero del Beato risponde: a causa della naturale costituzione della persona umana.

Cerco di sintetizzare il primo punto della mia riflessione. Alla domanda “perchÃ?© la famiglia”, due, mi sembra, sono le vie che il Magistero di Giovanni Paolo II percorre.

La prima. PerchÃ?© l’amore coniugale raggiunga la sua veritÃ?  intera, e non sia corrotto e distrutto dalla logica dell’innamoramento. La famiglia come “inveramento” della communio personarum.

La seconda. Perch�© la costituzione naturale della persona-uomo e della persona-donna �¨ orientata interiormente a costituire quella comunit�  che chiamiamo famiglia.

Non Ã?¨ difficile perÃ?² rinvenire nell’opera di K. WojtyÃ?â??a e nel Magistero di Giovanni Paolo II una risposta complementare, costruita piuttosto dal punto di vista del figlio, della nuova creatura che viene all’esistenza. Solo nella famiglia la persona del figlio Ã?¨ voluta per se stessa, e quindi riconosciuta in modo adeguato al suo essere persona.

2. Dobbiamo ora, in questa seconda parte, riflettere sulla feconditÃ?  della via percorsa dalla riflessione di Giovanni Paolo II. Per “feconditÃ? ” intendo la sua capacitÃ?  di rispondere alla problematica attuale che attraversa la famiglia.

Debbo prima dire di che cosa esattamente intendo parlare quando parlo di problematica. Intendo collocarmi al momento sorgivo della famiglia, dove ho collocato la riflessione del Beato. Momento sorgivo che Ã?¨ indicato nel modo seguente: Ã?«mediante la comunione di persone, che si attua nel matrimonio, l’uomo e la donna danno inizio alla famigliaÃ?». Il “momento sorgivo” Ã?¨ denotato da quel “danno inizio”.

Ã?Ë? la problematica che in questi ultimi anni si Ã?¨ scatenata dentro al “momento sorgivo”, che considero, e nei confronti del quale mi chiedo se il pensiero di K. WojtyÃ?â??a e il Magistero di Giovanni Paolo II custodisca una sua feconditÃ?  di risposte e soluzioni.

Ã?  Per chiarezza, devo dunque indicare, almeno sommariamente, quale problematica oggi si trova insediata dentro al “momento sorgivo” della famiglia.

Ã?  Partiamo da un fatto. Non c’Ã?¨ dubbio che la procreazione artificiale Ã?¨ andata acquisendosi sempre piÃ?¹ come una sorta di “neutralitÃ?  etica”. Essa, cioÃ?¨, Ã?¨ pacificamente ammessa, qualora serva al raggiungimento di uno scopo ââ?¬â?? desiderio del figlio ââ?¬â?? sul quale Ã?¨ impossibile dare un giudizio etico argomentabile.

Ã?  La neutralizzazione etica della procreazione artificiale Ã?¨ il segno di qualcosa di piÃ?¹ profondo. In primo luogo si Ã?¨ privatizzato il rapporto col figlio. Ã?Ë? un rapporto che riguarda solo, in fondo, la donna. La privatizzazione Ã?¨ dovuta a quella dittatura o egemonia del desiderio come unico movente ultimo delle scelte personali: intendo di un desiderio pensato e vissuto come intrinsecamente estraneo al logos. Il costituirsi della famiglia Ã?¨ un fatto che accade nella sfera privata; Ã?¨ una realizzazione del bene privato di una persona. Ã?Ë? logico dunque, in questo contesto, pensare che un uomo, una donna possano diventare padre/madre al di fuori completamente della comunione delle persone, che definisce la coniugalitÃ? .

Giovanni Paolo II scrive: Ã?«Mediante la comunione di persone, che si attua nel matrimonio, l’uomo e la donna danno inizio alla famigliaÃ?». Non necessariamente, oggi si pensa comunemente [almeno in Occidente]. Ogni uomo, ogni donna dÃ?  inizio alla famiglia se lo desidera, se esso (inizio) rientra nel progetto della sua vita individuale. La genitorialitÃ?  e la coniugalitÃ?  non hanno un legame de jure, ma solo de facto. Nella loro connessione non dimora alcuna bontÃ?  propriamente etica.

Un tale evento culturale non poteva non esigere una ridefinizione di tutto l’assetto giuridico delle famiglie, e di tutte le categorie che lo costituiscono: cosa che sta puntualmente accadendo.

Ã?Ë? questa per sommi capi la problematica che si Ã?¨ insediata dentro al “momento sorgivo” della famiglia.

Riprendiamo ora la domanda: la via percorsa dal pensiero di K. WojtyÃ?â??a e dal Magistero di Giovanni Paolo II custodisce oggi la sua feconditÃ? , la sua capacitÃ?  di rispondere a quella problematica? La risposta esigerebbe lunghe riflessioni. Mi devo limitare ad alcune ma essenziali osservazioni.

In fondo, la questione Ã?¨ al seguente: quale via l’uomo puÃ?² percorrere per ritrovare se stesso? PoichÃ?© la condizione odierna dell’uomo Ã?¨ questa: ha perduto se stesso. La problematica che si Ã?¨ insediata dentro al momento sorgivo della famiglia ha in questa perdita la sua ragione piÃ?¹ profonda.

La via non puÃ?² essere che l’educazione all’attenzione a se stesso. Nessuna antropologia, intesa come costruzione teoretica di una comprensione dell’uomo, sarÃ?  convincente se non resiste a ciÃ?² che si svela e si rende presente in linea di principio direttamente a ciascuno, mediante la coscienza di sÃ?© che accompagna ogni persona quando conosce ed agisce liberamente. Se non vado errato, Ã?¨ la via che soprattutto Agostino ha tracciato per primo in Occidente. La principale opera filosofica di K. WojtyÃ?â??a, Persona e atto, Ã?¨ tutta costruita su questo presupposto epistemologico.

Il percorso di questa via, perÃ?², arriva ad un “abisso” che non riesce ad oltrepassare. L’uomo non ritrova se stesso conoscendo semplicemente la veritÃ?  di se stesso, ma confermando e realizzando questa veritÃ?  mediante la libera scelta: Ã?«Ma se c’Ã?¨ in me la veritÃ?  ââ?¬â?? deve esplodere. Non posso rifiutarla, rifiuterei me stessoÃ?», scrive K. WojtyÃ?â??a [in Nascita dei confessori]. Ma Ã?¨ precisamente l’esperienza che l’uomo fa di se stesso a testimoniargli che questa “esplosione” non accade; a testimoniargli che accade invece il rifiuto. Ã?Ë? in questo che l’uomo perde se stesso.

Ã?Ë? su questo passaggio che l’uomo incontra il Redentore. Ã?«La rivelazione del mistero del Padre e del suo amore in GesÃ?¹ Cristo svela l’uomo all’uomo, dÃ?  l’ultima risposta alla domanda: chi Ã?¨ l’uomo? Non si puÃ?² staccare questa risposta dal problema della sua vocazione: l’uomo dichiara chi Ã?¨ accettando la propria vocazione e realizzandolaÃ?» [Alle fonti del rinnovamento, 69-73].

Questa, mi sembra, Ã?¨ la via percorsa da Giovanni Paolo II; anche quando risponde alla domanda “perchÃ?© la famiglia”.

Anche oggi Ã?¨ l’unica via percorribile, anche se sono molto aumentate le difficoltÃ?  del percorso.

La risposta che oggi l’Occidente dÃ?  alla domanda perchÃ?© la famiglia, Ã?¨ la seguente: perchÃ?© e quando rientra nel progetto della mia felicitÃ? , della mia realizzazione individuale. La teologia del corpo, costruita da Giovanni Paolo II, indica il percorso per uscire da questa egemonia del desiderio, figlia primogenita della svolta individualista.

L’uomo ha perso se stesso. Non gli resta che rifare il cammino di “ritorno a se stesso”: e la via Ã?¨ Cristo, poichÃ?© Egli Ã?¨ la VeritÃ? .

E qui i due Magisteri, quello di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI si incontrano nel profondo: Ã?¨ il grande tema del Cristo che prende per mano l’uomo, tanto caro al magistero dell’attuale Pontefice.

12/05/2011
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