convegno “ministeri istituiti e crescita della comunità”

Bologna, Seminario Arcivescovile

Sono lieto di porgere il mio saluto beneaugurante a questo Convegno, che si celebra nel 25? di presenza nella nostra diocesi dei ministeri istituiti. La Chiesa di Bologna infatti istituiva i primi due accoliti e i primi due lettori, per mano del vescovo ausiliare Marco Cè, il 3 aprile 1976.

Arrivava così da noi a un iniziale traguardo il cammino che era stato avviato il 15 agosto 1972 dal Motu Proprio Ministeria quaedam di Paolo VI. Alla luce di quel documento, la Conferenza Episcopale Italiana, in data 15 agosto 1977, ha poi offerto delle precise indicazioni, che in questa occasione almeno parzialmente mette conto di richiamare.

“Si deve anzitutto dire che i ministeri istituiti non nascono dal sacramento dell’ordine, ma sono appunto istituiti dalla Chiesa sulla base dell’attitudine che i fedeli hanno, in forza del battesimo, a farsi carico di speciali compiti e mansioni nella comunità.

“Costituiscono anch’essi una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo concede per il bene della Chiesa; e comportano pure, per quanti li assumono, una grazia, non sacramentale, ma invocata e meritata dall’intercessione e dalla preghiera della Chiesa” (n.62).

“Funzione del lettore è quella di proclamare la parola di Dio nell’assemblea liturgica, studiarsi di educare nella fede i fanciulli e gli adulti, prepararli a ricevere degnamente i sacramenti, annunciare il messaggio di salvezza agli uomini che lo ignorano ancora” (n. 64).

“Compito dell’accolito è di seguire e aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento del loro ufficio; come ministro straordinario, distribuire ai fedeli, anche malati, la santa comunione; e amare il popolo di Dio che è il corpo mistico di Cristo, specialmente i deboli e gli infermi” (n. 65).

Al momento del mio ingresso a Bologna era per me consolante rilevare che i ministeri istituiti erano già una “bella e grande realtà della nostra Chiesa”. E devo anche dire che non è stato vano il mio auspicio di un loro omogeneo e più ampio sviluppo sul territorio e di un loro slancio rinnovato. Di ciò mi piace esprimere il mio plauso e la mia gratitudine a quanti in questi anni si sono fattivamente adoperati per raggiungere questo lusinghiero risultato.

Vorrei adesso riproporre quanto scrivevo nella Nota pastorale “Guai me?”.

“Il sacramento del battesimo, confermato e perfezionato nella cresima, fa di ogni cristiano l’araldo della divina misericordia. Tutti noi, che siamo rinati dall’acqua e dallo Spirito, siamo diventati un “sacerdozio regale e una nazione santa’, appunto con il compito di “proclamare le opere meravigliose di lui’ che ha chiamato l’umanità “dalle tenebre alla sua ammirabile luce’ (cfr. 1 Pt 2,9). La rinascita battesimale è il primo e fondamentale titolo che abbiamo per ritenerci gravati dell’incarico di evangelizzatori, che poi ciascuno dovrà svolgere nel suo campo specifico di vita e di attività, nelle forme richieste dal suo ministero e dalla sua responsabilità ecclesiale, secondo i doni di grazia che gli sono propri” (n. 51).

Anche i ministeri istituiti sono un’attuazione qualificata dell’impegno battesimale. “Pur non nascendo dal sacramento dell’ordine, essi realizzano un organico coinvolgimento attivo e permanente nelle funzioni ecclesiali di rilievo?Con l’istituzione liberamente accolta, alcuni battezzati precisano e rinsaldano questa generale volontà di partecipazione, e si fanno più disponibili a collaborare nell’annuncio della parola di Dio e nella cura pastorale dei fedeli?

I campi che sono naturalmente aperti a questi cristiani generosi sono: l’evangelizzazione, la carità, l’assistenza sociale, l’educazione delle nuove generazioni, l’animazione cristiana delle realtà temporali. Tutti da affrontare con lo spirito missionario che deve ormai animare l’intera nostra Chiesa” (n. 61).

Voglio ribadire in questa sede, con piena convinzione e con tutta l’energia di cui sono capace, che tale spirito missionario diventa un atteggiamento spirituale e apostolico urgente e doveroso per tutti, ma specialmente per chi si è assunto l’onere di un ministero, di fronte alle “difficili sfide del nostro tempo” (di cui ci ha parlato Giovanni Paolo II in Piazza Maggiore nel 1997).

Esse – ho scritto nell’ultima Nota pastorale – sono principalmente due:

– il crescente afflusso di genti che vengono a noi da paesi lontani e diversi, ai quali noi abbiamo l’obbligo grave e irrinunciabile di far conoscere il Signore Gesù, perché l’accolgano nella fede e nella vita ecclesiale;

– il diffondersi di una cultura non cristiana tra le popolazioni cristiane; cultura non cristiana, alla quale dobbiamo opporci con intelligenza e soprattutto con la nostra lucida e appassionata adesione al messaggio di Cristo nonché con la sapiente elaborazione di una cultura cristianamente ispirata e fondata.

Ai fratelli che sono ancora prigionieri di concezioni religiose erronee o almeno gravemente incomplete, oppure sono incerti sul senso della vita, e dunque rischiano di smarrirsi nelle tenebre del mondo, voi cercherete di offrire la verità e la grazia dell’unico e necessario Redentore. Ogni battezzato – e, più ancora, ogni ministro istituito – sia perciò una lucerna non nascosta sotto il moggio, ma elevata alta sul lucerniere, a rendere presente colui che è venuto nel mondo per essere la luce, la salvezza, la gioia del mondo.

17/02/2001
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