Epifania

Dio si manifesta agli uomini in una situazione per loro difficile. Egli non si nasconde, come chi si crede grande o ha paura: ci cerca senza aspettare che le cose vadano meglio, quando sarebbe più facile e sicuro farlo. Non esige che tutti siano pronti, disponibili, convinti, anzi viene e si scontra con l’incredulità pratica e con la non accoglienza. Dio si mostra perché vuole che nessun sia lasciato solo quando “la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli”. I nostri giorni sono segnati dalla tenebra di tanti, troppi pezzi di guerra, tutti mondiali, cioè che coinvolgono tutti e tutti ci devono interessare.  Quanti uomini vivono senza il sole della pace, giorni di buio, pericolo, incertezza, paura. Nel benessere facciamo fatica a comprenderlo e a misurare la sofferenza. Chi l’ha sperimentata sa bene cosa significa il buio della guerra che spegne la vita di migliaia di persone e cancella l’umanità dal cuore dell’uomo, rivelando il lupo che è in lui. La voce del sangue delle vittime grida dal suolo come quello di Abele. Dio la ascolta e per questo si mostra. Sono gli uomini che disprezzano la voce di Abele, presi dalla logica di Caino, quella del “a me che importa”! Così quanti profughi sono costretti a scappare da Erode che colpisce senza pietà scatenando la violenza, armando le mani di mezzi di distruzione pericolosamente sempre più potenti, provocando la fame. La nebbia fitta è quella dell’indifferenza, che non fa vedere il prossimo, oscura la speranza e quindi il desiderio di futuro. Nella nebbia non si vedono gli altri ma si finisce anche per non essere visti, tanto che alla fine per tutti la vita diventa insignificante, uno scarto, il cui valore non è più riconosciuto. Questa nebbia cresce con la “retorica della paura e dell’odio”, con le “frasi fatte dei populismi o dal dilagare inquietante e redditizio di false notizie”, come disse Papa Francesco nella sua visita a Bologna. Una nebbia che nasconde i veri problemi e responsabilità e che allontana le vere e possibili risposte.
Oggi è l’Epifania di Dio. Vediamo la luce del suo amore perché Dio vuole che raggiunga tutti, illumini e renda bella la vita degli uomini che ama, accarezzi la loro debolezza, liberi dall’oscurità, accenda la speranza, rassicuri nell’incertezza. I magi cercano luce vera, il loro re che non trovano in Erode, caricatura di forza e di arroganza. Il re è Colui che prende su di sé la nostra povertà, che si fa viandante perché in realtà lo siamo tutti cercatori di infinito, che viene a servire, che non ha un posto dove posare il capo, che cerca e vince la vera battaglia di sconfiggere il male. A Betlemme si radunano genti diverse, finalmente non più una senza l’altra e che quindi facilmente finiscono per essere contro l’altra. L’Apostolo Paolo scrive agli Efesini che le genti sono “chiamate a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Ecco la bellezza della nostra famiglia di Dio, di questo popolo che unisce diversi che diventano uguali perché tutti amati da Dio. La famiglia di Dio non è mai chiusa in confini che escludono, che fanno guardare con sospetto e alzare muri. La Chiesa è da sempre universale perché unisce tutte le genti. In essa non ci sono stranieri perché riceviamo tutti quella cittadinanza universale di essere di Dio e degli uomini, di cui ha parlato Papa Francesco. Anche per questo dobbiamo essere famiglia di amore, crescendo nella conoscenza, per non privare il mondo del sogno di Dio e per mostrare che apparteniamo tutti alla stessa famiglia umana, che è possibile vivere insieme.
Maria e Giuseppe accolgono quei magi. Non sono degli stranieri, ma fratelli. Forse all’inizio li avranno visti con inquietudine, interrogandosi su quello che non conoscevano e forse si presentava strano e poi scoprirono che portano con sé tanti doni. Nel racconto si capisce anche quanto possono essere facilmente usati da Erode e proprio l’accoglienza di Maria e Giuseppe permette loro di trovare quello che essi cercano e di non ripassare dal violento re che li vuole irretire nella logica del possedere. E’ una gioia vedere questa famiglia senza confini, che ha l’identità più vera e profonda, quella che aiuta a comprendere tutto e da cui nasce tanta umanità e umanesimo: essere di Dio, fargli spazio, prenderlo con noi, imparare da lui a volersi bene.
Il messaggio della pace del 1 gennaio ci aiuta a vedere questa Epifania e a riconoscere i magi anche nei tanti fratelli emigrati e rifugiati, cercatori di pace e di speranza perché essi “migrano per il desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la disperazione di un futuro impossibile da costruire”. Come i magi anche “Essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono”. La Chiesa è per strada, come Gesù, Maria e Giuseppe ed incontra anche questi magi. Mostrare la luce di Cristo è il nostro servizio, facendo vedere anzitutto l’amore che Lui ci ha insegnato e donato, accogliente, gratuito, umile. Diventiamo noi stessi Epifania di Dio con la nostra ospitalità, con la nostra attenzione concreta per persone che hanno affrontato cammini duri e pieni di rischi, con il dare valore all’altro e scoprire il tesoro che ha con sé e che questi rappresenta. Le nostre comunità ed i nostri cuori possano preparare tante Betlemme di luce, di consolazione e di gioia e aiutare Dio a riunire quel popolo che cammina nella sua luce di amore! E’ il popolo del futuro.
“Egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri”.

06/01/2018
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