Ordiazione diaconi permanenti

Gesù ci viene incontro, ci cerca perché possiamo trovare la gioia che desideriamo. Per questo ci chiede di convertirci, aiutando a vedere oggi il regno vicino a noi. In un ascolto pigro, diffidente questo invito suscita subito delle difese, sembra eccessivo, invadente, poco rispettoso del nostro io. Convertirsi non è rinuncia. Si converte chi vede la luce e sente l’amore di Gesù e lascia quello che possiede perché ha trovato quello che cercava, si accorge di una presenza che prima non c’era e che fa cambiare il tempo e la maniera di vedere. Convertitevi non è un comando, ma una proposta mite, dolce, forte, personale. Il suo invito è la speranza di Dio che non ci lascia soli e che chiama uomini fragili e contraddittori come siamo. Gesù ci chiede di seguirlo per strapparci dalla tentazione di rimandare sempre, dalla diffidenza che ci fa restare quello che siamo e ci rende prigionieri dei nostri pensieri e paure. Non offre altra sicurezza che non sia il suo amore e la sua compagnia. Vieni dietro a me, che vuol dire anche io ti sarò sempre davanti per guidarti, accanto per sostenerti, dietro per difenderti. Dio lo aveva chiesto anche a Giona, soggettivo e scontroso, convinto più dei propri giudizi che della volontà di salvare Ninive, perché la misericordia verso il nemico gli sembra ingiusta, una pericolosa cedevolezza. Il discepolo segue non perché ha capito tutto, non deve raggiungere un livello di sicurezza prima di affrontare il cammino. Gesù ci cambia camminando con Lui. Se non lo seguiamo in realtà facilmente finiremmo per andar dietro alle mode, che ci rendono tutti uguali, anche se ognuno pensa di essere originale; prenderemmo sul serio chi inganna promettendo risposte false, chi ruba il cuore ed il tempo in cambio di un po’ di considerazione e di ruolo per farci sentire forti.
Seguirlo dove? Seguiamo Gesù nella sua scelta di guardare con compassione ogni uomo, di non passare dall’altra parte anche se c’è una persona mezza morta in mezzo alla strada indifferenti o banalmente presi da sé. Seguiamo Gesù che vede in ognuno il prossimo e combatte il male non perché alla ricerca delle facili pagliuzze negli occhi degli altri ma perché si fa carico della sofferenza, libera dagli spiriti di divisione, guarisce chi è malato con la sua forza d’amore. Gesù va dove ci sono i poveri Lazzaro, che non hanno nulla, gli affamati, assetati, nudi, carcerati, malati, forestieri. La perfezione del discepolo non è in virtù impossibili e alienanti, come non è nemmeno nell’affermazione pigra e egocentrica del proprio io, ma è nell’amore per cui facciamo agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi ed impariamo ad amare Dio e il prossimo come noi stessi. La perfezione del discepolo non è nelle apparenze o nell’ipocrisia di proteggersi dal male fuori di noi, ma nel credere all’amore che Gesù ci dona è più forte di ogni male e cambia il mondo e i cuori. Gesù non chiede qualcosa di impossibile, come la fastidiosa perfezione dei farisei, scrupolosi e sicuri, che credono nella loro forza e non nella grazia. Essi curano quello che si vede fuori, pensano sia sufficiente l’apparenza, come tanto avviene in un mondo virtuale. Gesù, invece, cerca il cuore. Andiamo dietro per imparare ad essere come lui. Il Vangelo non è una lezione o una legge, ma è un amore che impariamo muovendoci, camminando dietro, come siamo.
Oggi queste parole le capiamo ancora meglio grazie e insieme a questi tre nostri fratelli chiamati a un ministero, quello del diaconato. Chiamati e contenti, perché scoprono che era proprio quello che desideravano. Gesù chiama tutti ad un ministero, cioè ad un servizio. Ognuno ascolti, particolarmente in questo anno della Parola, quello che il Signore chiede a Lui per capire e riscoprire il suo modo per servire Dio e il prossimo. Seguirlo ci fa vedere la ricchezza che abbiamo, perché vuol dire che servo, che sono utile, che sono un valore. Ma lo scopro solo donandolo, non conservandolo, solo regalandolo. Solo Gesù insegna un amore così. Vi ha chiamato come siete, nei vostri lavori e nella vita di tutti i giorni. Il servizio non è un’altra vita, ma scoprire in quella ordinaria le infinite possibilità di Dio che la rendono davvero straordinaria. Vi ha chiamato personalmente e insieme, come a farvi vivere una realtà di comunione che vi ha unito fin dall’inizio. Siete i primi diaconi frutto di una comunione larga, manifestazione della ricchezza della Chiesa. Massimo Cotti proviene dalla parrocchia di Zenerigolo, con Simonetta, Raffaele e Gloria. Giuliano delle Budrie, con Loretta e Elisabetta e Gabriele, Roberto, di San Matteo della Decima con Rita e Riccardo, Francesco, Giacomo e Beatrice. Non perdete, limitandola o redendola un grigio condominio, questa comunione. Il primo servizio sia proprio quello all’amore fraterno che ci unisce, per cui non abituatevi a fare da soli ma a condividere sempre anche quando può sembrare inutile. Lanciate le reti di amore diventando pescatori di uomini, perché il Vangelo è anche lavoro, impegno, sacrificio, di fronte al mare del mondo. Le reti sono dei fili che si intrecciano. Sono le tre P che ci ha affidato Papa Francesco: la Parola da leggere e proclamare, di cui nutrirsi, sulla quale sostare perché diventi lampada per i nostri passi e renda luminoso il nostro cuore, perché sia vita nella nostra vita e per fare nostra la sua profondità e intelligenza. E’ il Pane da custodire, onorare, adorare, portare ai fratelli che lo attendono. E’ il povero da venerare come altro Corpus Christi, da circondare di rispetto, da insegnare ad amare amandolo per primi voi, perché sia parte della nostra famiglia non in modo virtuale, ma tutto umano e concreto.
Il Papa ha detto recentemente che il diacono è il custode del servizio nella Chiesa. Siate un esempio perché tanti inizino a servire e crescano nell’intelligenza e nella generosità del servizio, non si accontentino di fare qualcosa ma facciano quello che serve. Servite per fare vedere che è possibile volere bene, per non complicare quello che è semplice e per rendere profondo e grande quello che resterebbe superficiale e piccolo. Servite perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere, perché l’amore non ha prezzo, per tessere legami familiari con il prossimo e rendere una famiglia le nostre comunità. Non abbiate solo la disponibilità del grande gesto, ma quella docile e umile e quotidiana, a volte ripetitiva di gettare con fiducia le reti del suo amore nel mare confuso di questo mondo. Rendete concreta con la vostra vita la bellezza del Vangelo che vi consegnerò e rendetelo gioioso per tutti. Servite e non fatevi servire. Fatelo gratuitamente cioè per tutti e senza convenienze, non a tempo o per funzione. L’unico rimborso sia la gioia di sentirsi suoi e di stare con Lui e con i tanti fratelli che il Signore vi dona di amare. Cercate sempre il posto dove c’è più bisogno di servizio. Non dite mai: che cosa dà a me questa Chiesa, ma interrogatevi per scoprire che cosa possiamo noi donare per aiutare questa madre che amiamo con tutto noi stessi e con tutte le nostre possibilità. Nella Didascalia Apostolorum si afferma: “il diacono sia l’orecchio e la bocca del Vescovo, il suo cuore e la sua anima”. “Non credo sia per caso che l’orecchio è l’organo dell’udito ma anche dell’equilibrio; e la bocca l’organo dell’assaporare e del parlare”, ha detto Papa Francesco. Un altro antico testo aggiunge che i diaconi sono chiamati a essere come gli occhi del Vescovo. Il Signore usa i nostri sensi perché questi sono il suo e nostro ponte per costruire relazioni umane tra noi e con il prossimo, per entrare nella storia. In un mondo dove non sentiamo la vergogna di vivere come viene, di dissipare tante possibilità e di accettare troppe ingiustizie; in un mondo dove la convenienza prende il posto della generosità voi volete testimoniare la bellezza di una vita disponibile verso tutti. “Vienimi dietro”: E’ la strada per il cielo che ci apre tante strade della terra. Anche l’ultima parola a Pietro ed alla nostra vita, l’ultima che ascolteremo sarà: “Vienimi dietro”. Ci aiuti il diacono Lorenzo, che il suo cuore lo mise nella vera ricchezza, che nessuno poteva portagli via: i poveri di cui la comunità si faceva carico.
“Aprici gli occhi perché sappiamo vedere le necessità dei fratelli; rendi i nostri orecchi sensibili e pazienti nell’ascolto di ognuno; donaci mani generose e disponibili, capaci di offrire gratuitamente gesti di tenerezza; aiutaci ad avere il gusto di rendere contento il prossimo e di offrire sempre e a tutti la gioia del Vangelo; fa che sentiamo e comunichiamo il soave profumo dell’amore, che si diffonde da se stesso. Donaci Te ed insegnaci a donare noi. Trasforma la folla nella tua famiglia saziata da te. Fa anche della nostra povera vita il tuo rendimento di grazie. Amen

21/01/2018
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