Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

L’atteggiamento del discepolo è sempre quello di Maria, seduta ai piedi di Gesù, che ascolta la sua Parola. E’ la nostra scelta di questa sera: lasciarci guidare da questa e condividerla. La Parola è sempre creativa perché comunica lo Spirito di Dio, che genera e rigenera l’unità. L’uomo, diviso dentro se stesso dal peccato che lo aliena e lo deforma, diviso dal suo fratello che non sa più riconoscere, ritrova l’unità con sé e con il prossimo. Questo è il desiderio profondo di ogni nostro respiro e azione. Anche noi scopriamo una rinnovata unità, che ci aiuta a smettere di discutere tra noi e ci converte a fratelli. Chiediamo a Gesù pellegrino che si rivolge a noi dal cuore sempre troppo lento di restare con noi e di spezzare il pane della Parola, inizio di una comunione piena che non smettiamo di sognare e di preparare.
“Potente è la tua mano, o Signore”. La mano di Dio salva, stringe, protegge, guida, accarezza, incoraggia. E’ potente dell’onnipotenza di Dio, così diversa dalle penose e deformanti esibizioni di forza degli uomini. La mano dell’uomo deve imparare da quella di Dio a non restare chiusa, a non andare contro, a stringere piuttosto quella del fratello, a trasmettere e costruire amore. La mano di Dio è raffigurata nella iconografia bizantina incoronare il Figlio. Dio non è neutrale davanti al male e traduce in gesti il suo sentimento verso l’uomo, la sua creatura amata. Dio non si chiude in una dimensione totalmente altra, distaccata, irraggiungibile, non è al di là del bene e del male. La sua mano diventa quella di Gesù, che tocca l’umanità sofferente e si lascia trafiggere per liberare dal male. Gesù è la mano che solleva Pietro dalla paura e dalla sua poca fede. E’ la mano che spezza il pane e lava i piedi del discepolo, perché saremo beati solo se serviamo e condividiamo. Davvero “potente è la tua mano” e potente diventa la mano dell’uomo quando è strumento di amore. Diventiamo noi, con le nostre mani la mano potente di Dio per il nostro prossimo. L’uomo purtroppo pensa di essere forte costruendo lance che poi non sa più trasformare in falci; accumulando ricchezze che crede di amministrare conservandole per sé. Quella di Dio è l’amore che rende l’amato grande. La nostra mani sappia stringere quella del fratello.
Non possiamo accettare lo scandalo della divisione come normale. E dobbiamo sempre ricordarci come la divisione dei cristiani ci rende deboli di fronte al mondo. La nostra divisione è una ferita alla quale non vogliamo mai abituarci e non possiamo accontentarci del tanto che pure abbiamo. E non vogliamo sedare questa consapevolezza con l’anestesia elegante di una rassegnata accettazione o limite. Per questo desideriamo avere un luogo dove crescere nell’amicizia, un consiglio delle Chiese a Bologna, perché diventi laboratorio di unità, cantiere di confronto e di scelta, nella comune chiamata a ascoltare il Vangelo e per aiutarci reciprocamente a metterlo in pratica. Spezziamo fin da subito il pane della carità, premessa indispensabile per potere condividere quello del Corpo di Cristo. Le sfide del lavoro, dei profughi nostri fratelli ci chiamano ad essere membri della famiglia umana. Le mani si infiacchiscono quando sono chiuse e sole! Trovano, invece, forza nel tendersi e nello stringere. Ripartiamo assieme dalla mano potente di Dio, davvero potente, diventando noi la mano del samaritano, capace di restituire la vita che fuggiva rubata dai tanti briganti che sfruttano e umiliano l’uomo. Ritroviamo l’unità nell’aiutarci a sporcarci le mani con le ferite del prossimo. Saremo più prossimi tra noi, uniti nella e dalla compassione che Cristo ci ha affidato e che è la sua identità più profonda. Frequentando l’albergo dove portiamo l’uomo mezzo morto, ritornando assieme da lui, crescerà la consapevolezza di essere discepoli di Cristo. E’ insopportabile per noi credenti la divisione in un mondo che alza muri, che crede, pericolosamente, di trovare se stesso tracciando vecchi confini che tanto sangue sono costati in passato, che accetta identità razziste invece che cercare ed amare l’unica razza umana. Almeno noi che invochiamo il nome di Cristo aiutiamo gli uomini a ricostruire la famiglia umana, scegliendo i sentimenti di attenzione, rispetto, solidarietà che devono segnare la convivenza. Senza questi non c’è futuro o questo diventa davvero minaccioso. La consapevolezza della sofferenza, l’imperativo della consolazione che la Parola di Dio ci chiede di portare a chi soffre, sia monito per mettere da parte quello che divide perché non c’è più tempo da perdere per amare il creato, questa meravigliosa casa comune minacciata dalle mani dell’uomo che la rovinano.
San Francesco scriveva così a tutti, e sentiamo queste parole come raccomandazione e benedizione. “Sono figli del Padre celeste del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo. Siamo suoi fratelli quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio”. Amen

25/01/2018
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