Presentazione di Gesù

“Riuniti dallo Spirito Santo andiamo incontro al Cristo nella casa di Dio, dove lo troveremo e lo riconosceremo nello spezzare il pane, nell’attesa che egli venga e si manifesti nella sua gloria”. Ecco la gioia di questa celebrazione nella quale gli occhi vedono. Siamo riuniti dallo Spirito che è comunione. Non scandalizziamo o disprezziamo praticamente questo legame dei santi, perché Dio pensa ognuno di noi e le nostre diverse famiglie e carismi perché si edifichino a vicenda e con il loro originale dono diano forza a tutto il corpo della Chiesa. In questa casa gli occhi finalmente vedono, lo riconosciamo nello spezzare del pane, si aprono come per i discepoli di Emmaus. Siamo noi oggi il tempio santo di Dio. Noi, impazienti, affannati, attratti dallo spazio e così facilmente dimentichi del tempo, tentati dall’inganno delle agitazioni e degli affanni, veniamo nutriti da questa presenza per essere cristiani dell’attesa. Si vede e si aspetta. Se non si attende ci si addormenta; finiamo per farci prendere da noi stessi o dalle preoccupazioni banali del mondo. Non sappiamo aspettare. Vogliamo arrivare subito, presi dai nostri tempi e dalla pigrizia interiore. Dio realizza il desiderio scritto in ogni uomo, risponde a quella profonda nostalgia di senso e di luce, dona forza e gioia. I vecchi Simeone e Anna ci aiutano ad avere uno sguardo contemplativo sui segni dei tempi, perché possiamo riconoscere in essi la presenza di Dio. Gesù è la luce per cui “la stanza del mondo”, come diceva Paolo VI, prende proporzioni, forma; bellezza ed ombra. Gesù “riverbera la sua immagine, anzi la sua presenza in ogni anima che si fa specchio per accogliere il suo raggio di verità e di vita, che cioè crede in Lui e accoglie il suo contatto sacramentale; è il Cristo-Dio, il Maestro, il Salvatore, la Vita”. La sua luce ci dona un amore davvero universale, non perché generico, impersonale, ma perché capace di illuminare tutti in modo unico per tutti. E in questo tempo in cui i muri e i limiti sono la tentazione ricorrente questa luce viene ad illuminare tutte le genti e ci aiuta a riconoscere in ogni uomo, qualunque esso sia, l’immagine di Dio e quindi a vedere in lui nostro fratello e sorella.
Simeone non vede una manifestazione imponente, definitiva. Tutt’altro. Eppure canta la pienezza di Dio. I suoi occhi e il suo volto diventano luminosi. Il consacrato non è un perfetto, ma un amato che riflette la luce. Anna, segnata da una vita difficile che avrebbe consigliato diffidenza verso la gioia, rinuncia, rassegnazione, è invece incontenibile: loda, parla a tutti quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Ha visto e attende; riconosce e chiama a non arrendersi, a non tirare a campare, a non sopravvivere. Sappiamo quanto è facile addormentarsi presi dal sonno dolciastro del benessere o della tristezza, che smorza i sentimenti, cancella le priorità, ci rende prigionieri della logica della sopravvivenza, consiglia sogni tiepidi. Siamo vecchi e fragili sì, ma pieni dello Spirito perché non pieni di sé. Così possiamo farci più attenti alle tante fragilità che ci circondano e trasformarle in uno spazio di benedizione.
Simeone e Anna parlano perché hanno il cuore pieno di gioia. Qualche volta abbiamo aspettato condizioni favorevoli, numeri importanti, sicurezze rassicuranti pensando necessario occupare spazi più che avviare processi. Come disse Papa Francesco “eravamo tentati da questo perché pensavamo che siccome eravamo molti, il conflitto potesse prevalere sull’unità; che le idee (o la nostra impossibilità di cambiare) fossero più importanti della realtà; o che la parte (la nostra piccola parte o visione del mondo) fosse superiore al tutto ecclesiale”. Aggiunse, con pungente ironia: “Io non ho mai visto un pizzaiolo che per fare la pizza prenda mezzo chilo di lievito e 100 grammi di farina, no. E’ al contrario. Il lievito, poco, per far crescere la farina”. Come Anna che piena di gioia comunica la bellezza di quella luce a tutti.
Prendiamo in braccio Gesù, iniziando anzitutto dallo stringere al cuore la sua Parola, la voce di quel bambino che non si stanca di affidarsi a ognuno di noi, parola che libera le nostre parole e ci rende tutti madri fertili. Come Simeone e Anna anche noi sentiamo lo Spirito muoverci più forti delle nostre paure, del realismo fatalista. Lasciamoci condurre dallo Spirito e mossi da questo viviamo la gioia della nostra chiamata. Quando prendiamo in braccio Gesù capiamo i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Povertà, perché abbiamo trovato tutta la ricchezza che ci serve, perché siamo liberi di donare, vivendo la gratuità e quindi la vicinanza concreta ai fratelli nel bisogno. La castità, che è pienezza di amore, affettiva dedizione ai fratelli e alle sorelle, tutti, specialmente i più piccoli, appartenenza alle nostre famiglie davvero globalizzate che ci generano a figli e figlie e che sono anticipo della famiglia umana che Dio vuole per il mondo; l’obbedienza, che è trovare la propria libera volontà in quella di Gesù ed amare, in un mondo individualista dove ognuno è regola a se stesso, quello che unisce. Oggi contempliamo il libro della vita illuminati dalla sua Parola e scorgiamo giorni nuovi davanti a noi, attendiamo un futuro che ci chiama. Il Vangelo continua a crescere con chi lo legge e a generare la presenza buona di Cristo nel mondo.
Grazie Signore. I nostri occhi vedono e la tua luce trasforma la nostra vita. Apri il nostro ascolto alla Parola perché riconosciamo la voce di Dio e accogliamo con la gioia dell’inizio la sua chiamata. Aiutaci a prendere in braccio il tuo amore, a sentirci riempiti da te perché possiamo comunicarlo a tanti che lo aspettano. Insegnaci a contemplare i segni dei tempi per comunicare la gioia della tua presenza. Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché Egli sia luce sul nostro cammino. E che questa luce di amore cresca sempre in noi, finché i nostri occhi si apriranno alla luce piena del giorno senza tramonto, quando saremo pienamente in te senza paure e divisioni. Amen

02/02/2018
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