Giornata nazionale per la Vita

Giobbe, uomo dei dolori, ci aiuta a vedere i tanti sofferenti che cancelliamo e a confrontarci con la vita così come è. Deformati dal benessere, convinti di potere essere noi a decidere sempre le nostre condizioni, finiamo per confondere la vita con la vitalità, gli affanni, il possedere, l’acquistare e facciamo fatica ad affrontare la fragilità, vera condizione di ognuno di noi. Siamo segnati da quella che l’apostolo chiama la caducità, il nostro limite evidente molto più presente di quanto accettiamo. Cosa fare quando “La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba”? Giobbe amaramente constata come “I giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza”. Non è fatalista. Noi diventiamo fatalisti, ci arrendiamo quando viviamo catturati dallo spazio e sappiamo così poco contare i nostri giorni, amministrare il tempo sfuggendo alla tentazione di credere che sia senza fine e sempre a disposizione. Tante opportunità non tornano e rimandare e o non fare significa togliere qualcosa agli altri. Quello di Giobbe è il grido dei malati, dei profughi in mazzo al mare o nei campi di raccolta, di tanti vecchi nella prigione della solitudine, delle notti interminabili del dolore. La loro sofferenza ci aiuta a comprendere anche la nostra vita, perché per certi ignorando loro finiamo per non vedere anche la nostra. Non stiamo bene evitando i problemi ma solo risolvendoli, anche se a costo di molto amore. Non c’è tempo da perdere. I discepoli subito parlarono della suocera di Pietro; tanti malati si riunirono immediatamente davanti la casa. Chi vive la sofferenza o la fa sua non vuole e non può aspettare, sente l’indifferenza come è, assurda e cattiva, perché ha bisogno e subito. L’amore ha fretta e va oltre. La tiepidezza si accontenta, si rassegna, rimanda! Gesù non vive una vita senza problemi. Egli non cerca apposta le difficoltà. Il cristiano non è l’uomo della sofferenza come se questa di suo abbia un valore positivo. Sappiamo, anzi, che il dolore rende la vita quasi una maledizione, a volte talmente pesante da volere farla finita. La differenza è che Gesù non scappa dal dolore perché ci ama. Gli uomini pensano di stare bene nascondendolo, evitandolo, andando lontano, lasciando ognuno da solo come se fosse un contagio o per preservarsi. Gesù entra nelle case; si lascia avvicinare dai lebbrosi; vede e tocca la sofferenza; chiama il cieco Bartimeo che urlava per strada la propria condizione, visita la fragilità della anziana suocera di Pietro, malata, la prende per mano e la solleva. Tutti noi siamo come lei: malati guariti. Non dei perfetti, che non hanno nulla, ma dei guariti dalle tante malattie della vita.
Intorno a Gesù si radunano tanti poveri. Amore per i poveri e preghiera. Infatti “Si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”. Senza il tempo speso con il Signore non c’è il tempo per gli altri, perché questo diventa solo agitazione, affanno. E’ la preghiera che dona profondità, sentimento, contemplazione al nostro amore per il prossimo. E’ la Parola che lo rigenera. Senza finiamo per accontentarci, anzi per credere di fare molto perché non sentiamo più l’amore che ci riempie, non siamo mossi dallo Spirito ma solo da noi stessi. Gesù non rimane solo, ma con il Padre. La preghiera non è introspezione, ma colloquio con l’Altro. E’ quello che dobbiamo fare lasciando spazio nelle nostre giornate all’ascolto della Parola. Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Sembra che lo cercano perché presi dagli affanni di tanti che lo volevano. Gesù, invece, non diventa un guaritore, non asseconda la tentazione degli uomini che cercano pigramente un re che sistemi tutto. Il Signore ci aiuta a scoprire la forza di guarigione e semina il suo Vangelo, affidandolo a noi. Ci insegna a cercare il pane che non finisce e l’acqua che toglie ogni sete, facendoci scoprire la via della condivisione, pendendo il poco che abbiamo, aiutandoci a cercare la sorgente nascosta nel nostro cuore. Per questo Gesù va altrove, perché è venuto per predicare il Vangelo. E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni. Dobbiamo noi seguire Gesù nei suoi orizzonti e non catturarlo nei nostri! Quanto facilmente crediamo che debba rassicurarci se ci asseconda e pensiamo che non ci capisca se va altrove. Non lo possiamo chiudere in un orizzonte piccolo ma possiamo noi diventare grandi e liberi dalla paura perché amati da lui e suoi. In questa giornata per la vita consideriamo come “L’amore dà sempre vita”. E possiamo dire anche il contrario: non c’è vita senza amore. Per questo dobbiamo amare tanto e investire tutta la vita della luce dell’amore. Amore non si confonde con i suoi tanti surrogati, fastidiosi, insopportabili a volte perché seducono e ingannano. Non c’è niente di peggio di un amore falso. Non possiamo mai abituarci a giornate senza amore, sciape o peggio segnate dal rancore, dalla diffidenza, dai giudizi! Gesù è l’amore: ci insegna cosa significa amare e ci affida il compito di testimoniarlo al mondo. Non possiamo farci prendere dalla ricerca esasperata di interessi personali o di parte, dalla logica dell’indifferenza che poi si trasforma nell’accanimento di prometeo che pensa potere fare di tutto per sé! La vita non si divide! Non possiamo accettare come normali parole e giudizi di razza o le violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati dalla fragilità di tutti! “L’amore dà sempre vita”, anche quando sembra non ce ne sia più. Non dobbiamo averne paura arrendendoci, anche quando la vita è solo un soffio, un lucignolo fumigante. Amare la vita è difendere la stanza del mondo, e farlo a partire da noi stessi, con serietà e continuità personale, anche se contro corrente o senza nessuna convenienza. Viviamo in maniera sobria nelle parole e nei comportamenti, perché vero che spesso di meno è di più. Non vogliamo assecondare le paure che fanno vedere nemici e complicano le soluzioni, perché “bisogna essere coscienti che quando si soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti”. Amare la vita è cercare il bene comune che sarà tale se è davvero per tutti. Dobbiamo avere cura con continuità dei poveri e della difesa della vita. Sono due temi speculari, due facce della stessa medaglia. Non possiamo chiudere gli occhi su uno dei due aspetti. “Un bambino nel grembo materno e un clochard, un migrante e una schiava della prostituzione hanno la stessa necessità di essere difesi nella loro incalpestabile dignità personale e di essere liberati dalla schiavitù del commercio del corpo umano, dall’affermazione di una tecno scienza pervasiva e dalla diffusione di una mentalità nichilista e consumista. Il Cardinale Bassetti ha ricordato a tutti come la vita non si uccide, non si compra, non si sfrutta e non si odia! Si, il mondo è il “libro” dove possiamo vedere la luce di Cristo e rifletterla noi con il nostro amore. Amiamo la vita con tutto noi stessi.
 “Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite: egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome”. Signore ogni uomo è conosciuto per nome da te. Insegnaci ad aiutare gli altri, a pregare, a comunicare il tuo amore per trovare la nostra gioia e la nostra forza.

03/02/2018
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