Festa Beata Vergine del Soccorso

Bologna. Santuario della Madonna del Soccorso

In queste settimane abbiamo compreso molto bene quanto è importante il Soccorso. Purtroppo ce ne ricordiamo solo nell’emergenza. Ci siamo sentiti vulnerabili, esposti al male, bisognosi di aiuto, ma in realtà lo siamo sempre.

Lo dimentichiamo, perché convivere con la fragilità non è facile, come fosse una vita a metà. Non risolviamo, però, la nostra debolezza con la forza offerta dal benessere, evitando il confronto con il limite, scappando dalla croce, ma solo con e come Gesù, affrontandola per amore di qualcuno, prendendo la nostra perché amati dal Padre. 

Gesù inizia quella Santa Gerusalemme. Il Regno è in mezzo a noi. Il male è sconfitto per sempre. Siamo il suo popolo e lui è il “Dio con noi”. Noi iniziamo a sperimentare la beatitudine per cui gli afflitti sono consolati.

Certo, non ci è tolto il pianto, non ci è evitato il duello con il male ma le lacrime sono asciugate e sappiamo che la morte non vince. A noi non è tolto il lutto e quanto ne abbiamo sperimentato in queste settimane, in particolare per tantissimi anziani. Quante lacrime! Penso a quelle di chi, solo, guardava in faccia la morte, sentiva il respiro diventare impossibile tanto da non riuscire più a fare entrare la vita nel proprio corpo.

Penso alle lacrime di sentirsi abbandonati di fronte al buio della morte e quelle dei cari che angosciosamente si domandavano come starà, cosa proverà e amaramente non potevano fare sentire l’amore così necessario. Le cose di prima non sono ancora passate, anzi, manifestano tutta la loro brutalità.

Eppure in questa epifania del male che stiamo ancora vivendo forse abbiamo capito in maniera davvero nuova, nella storia e non in astratto, la presenza del Signore, la forza della nostra fede, l’amore di un Dio che si fa mancare anche lui il respiro – la morte in croce era proprio per asfissia – perché il soffio della nostra vita, che sempre è solo un delicatissimo soffio cui siamo appesi, non finisca. Ecco questo amore è in mezzo a noi. E’ il nostro Soccorso, perché il nostro Soccorso è Gesù, che Maria ci presenta, ci dona, ci aiuta ad incontrare, genera nella nostra vita. 

“Fate quello che vi dirà”. Maria non sa quello che Gesù farà, che cosa indicherà, ma sa che la sua Parola rende beati come era avvenuto a Lei, innalza gli umili e quanti la ascoltano e la mettono in pratica, non perché capiscono tutto o perché vedono prima il risultato, ma perché si affidano ad essa e credono al suo compimento.

L’uomo di fede è colui che ascolta e umilmente mette in pratica, che dona carne a quel Verbo con la sua vita. L’uomo di fede non aspetta di vedere il vino, ma va a prendere i barili di acqua, anche se appare un gesto inutile, esagerato, come la pigrizia e la rassegnazione consigliano.

Un protagonista avrebbe preso in mano la situazione e sarebbe andato da qualche parte per comprare qualcosa. Un cinico avrebbe detto che la festa era finita e che si poteva andare via. Un giudice avrebbe iniziato a cercare il colpevole, ad accusare l’uno e l’altro. Un fatalista avrebbe aspettato senza fare nulla.

La madre non fa niente ma indica Gesù e ci chiede di seguire Lui. E’ lei che si accorge che manca qualcosa e vuole che la festa non finisca. Lei sa che Gesù è la risposta. E’ davvero una madre: vuole non manchi niente ai suoi figli. E’ la Madre del Soccorso nelle avversità, Madre della gioia e della gioia che non finisce. Chi ama non pensa a sé ma all’amato e per questo si accorge di quello che manca.

Quanto poco lo abbiamo fatto! Non lo abbiamo fatto con gli anziani: li abbiamo aiutati e protetti troppo poco, non ci siamo accorti che veniva a mancare il vino e che era necessario trovare risposte perché la festa della vita fosse protetta fino alla fine.

Non ci siamo accorti del mondo malato e abbiamo pensato solo a difendere il nostro benessere e ci siamo preoccupati di non avere problemi, non di risolvere il problema, pensando che fosse loro e non nostro. Non ci siamo accorti del tanto che manca a tantissimi perché preoccupati di cercare solo quello che manca a noi.

Se non ci accorgiamo di quello che manca ai più poveri e non cerchiamo di aiutare, di riparare quello che non va bene in questo mondo e cercare di trovare quello di cui hanno bisogno tutti, anche queste settimane passano invano e vuol dire che proprio non sappiamo diventare saggi facendo tesoro dei problemi. 

Gesù insegna come una vita sobria è più bella. L’acqua, infatti, diventa vino. Significa anche che meno è di più, mentre consumando tutto, cercando di avere tanto, sfruttare le risorse e rubarle a chi viene dopo, ad un certo punto finisce.

L’acqua, che è “multo utile et humile et pretiosa et casta” diventa motivo di gioia più buona del vino e permette che la festa non finisca. Una gioia sostenibile! Trasformiamo il poco che abbiamo in gesti di amore che cambiano la vita e anticipano la gioia che non finisce.

Per esempio significa cucinare qualcosa per quel senza fissa dimora che incontriamo o per qualche anziano che non può uscire di casa e farlo sempre, anche senza emergenza del virus perché la solitudine è una pandemia che spegne la vita di tanti e le toglie significato e valore.

Vinciamo come possiamo l’isolamento cui tanti sono condannati o al quale si condanna chi ha paura e non si orienta in un mondo che non riconosce più, che gli appare troppo difficile e dal quale si difende chiudendosi, a volte con aggressività, altre con disperazione. 

Aiutiamo la Vergine del Soccorso e anche noi facciamo quello che il Signore ci dice: andiamo incontro agli altri e vinciamo la distanza, quella che dobbiamo rispettare per proteggerci dal contagio, ma che non dobbiamo avere con il cuore, per liberare dal contagio della paura, della disperazione, dall’indifferenza.

Il Soccorso ha fretta: non rimanda, cerca di fare subito, si preoccupa se non arriva in tempo perché sa che il ritardo, l’omissione, può mettere in pericolo chi attende. Il Soccorso non aspetta, va incontro, si fa vicino prima che può. Anche noi diventiamo soccorritori, con la nostra preghiera, anzitutto, per i tanti, tantissimi che soffrono per la pandemia della violenza, della guerra, del pregiudizio, della morte.

E poi scegliamo stili di vita sobri, come l’acqua, che questi si trasformano in gioia, amore, servizio per chi ha bisogno di amore.

Oggi desidero ricordare in questa casa, che sperimentò essa stessa l’orrore della guerra, tutti i preti che vennero uccisi prima e dopo la fine della guerra nella nostra Diocesi.

Essi sono stati figli di una madre che non vuole fare mancare nulla agli uomini, che resta sotto la croce, che testimonia amore. Lo avevo pensato da tempo, per onorare le loro persone in questo anniversario così importante, settantacinque anni.

La guerra non finisce mai con la firma di un armistizio, come l’odio non termina con la fine della violenza. Spesso, anzi, si radica ancora più profondamente. E l’odio non è mai inerte nel nostro cuore. Gesù condanna qualsiasi odio, verso chiunque, tanto che chiede di amare i nostri nemici.

Fu una violenza cieca, che voleva trarre giustificazione dall’ideologia e che offese e tradì quei valori in nome dei quali il fratello alzava le mani contro il fratello. E niente può mai giustificare questo. Condannare la violenza è il vero modo con cui si difendono gli ideali.

E dobbiamo con forza percorrere la via della riconciliazione, non usando mai parole e atteggiamenti che perpetrino l’odio, purificando il nostro e altrui linguaggio, non cedendo mai ad atteggiamenti aggressivi e pregiudiziali, dando e chiedendo perdono, liberandoci di retaggi che ancora dividono invece di unire, cercando tutti i modi perché il seme dell’odio sia sconfitto.

Quante ferite antiche e nuove ci sono da riconciliare!  Per riconciliare bisogna essere dalla parte delle vittime e nessun’altra, perché è l’unica parte di questa madre che è la Chiesa. 

Don Primo Mazzolari ebbe a dire: “Noi facciamo soffrire i vivi e i morti. Dovrebbero essere morti per non soffrire. Essi sono più vivi di prima, e certe cose le capiscono meglio, ci amano di più. Soffrono perché noi stiamo male; perché non conserviamo il patrimonio da loro affidatoci. Pensate ai morti dell’altra guerra: moriamo perché non ci siano più guerre. Non sono traditi? Pensate ai morti che vedono distruggere le loro case, le loro città! Pensate allo spettacolo di vedere soffrire. Diamo pace ai morti! Anche ai morti”. Come? Ad esempio ricordando che per vivere bisogna “vivere insieme” e che è sciocco, oltre che omicida, parlare di grandezza, di potenza, di supremazia e di altre brutte cose consimili, quando si sa per esperienza che è come scavarsi la tomba”. Ricordiamo il loro sacrificio.

La guerra non ha pietà e anzi la toglie dal cuore degli uomini. La fazione non ha pietà, l’odio non ha pietà. “Nessuna delle madri dei trecento sacerdoti immolati hanno imprecato o maledetto, ma il grido del loro sangue innocente si placherà solo quel giorno in cui le mamme degli uni e degli altri, di ogni “parte” si troveranno in ginocchio davanti al Vivente per pregarlo insieme di restituire pace e perdono a tutti”. Anticipiamolo quel giorno e preghiamo per la fine di ogni violenza, anche quella che colpisce ancora tanti cristiani. Maria, madre del Soccorso, proteggili e ispira propositi di pace e riconciliazione nel cuore degli uomini. 

O Signore, nostro fratello, che sei morto donando tutto di Te, Ti ricordiamo i 25 sacerdoti della nostra Diocesi, e con loro tutti i ministri, i laici, ogni vittima della violenza e dell’odio di parte, che furono uccisi prima, durante e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale.

Essi sono stati testimoni del tuo amore e sono rimasti per portare soccorso a chi era nel bisogno. Il loro sacrificio, unito al tuo, vittima per la nuova ed eterna alleanza, ci insegni che è venuta l’ora di disarmare i cuori e le mani, che non possiamo aspettare e mettere condizioni, che è necessario combattere ogni seme di odio e di violenza che non hanno mai giustificazioni.

Ti preghiamo liberaci dalle ideologie e insegnaci a mettere al centro la persona e ad essere servi del tuo Vangelo, anche quando non conviene, ad essere solo tuoi, perché la tua parte è sempre quella delle vittime. Accresci la carità, insegnaci l’arte dell’ascolto, liberaci dalla paura per praticare l’accoglienza. Donaci la determinazione di costruire un futuro migliore per tutti, senza guerra e violenza. Rendici operatori di pace e testimoni credibili del tuo Vangelo di amore per tutti.

O Signore, aiutaci a spendere i nostri giorni e i nostri talenti per Te e per ogni persona, perché possiamo ritrovarci insieme a te nell’abbraccio del Padre misericordioso nella tua casa dove saremo una cosa sola. Amen.

27/04/2020
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