Festa dell’Assunta a Villa Revedin

L’Apocalisse ci rivela il futuro aiutandoci a leggerlo nel nostro presente, così incerto e drammatico. Ne abbiano proprio bisogno, perché questi anni di pandemie hanno fatto crescere in noi tante paure e rivelato la nostra incertezza e il disincanto. E’ vero: da quando abbiamo abbassato il cielo dei nostri desideri restringendolo all’orizzonte del nostro io, anche la terra ci sembra più avara di vere soddisfazioni e di autentici entusiasmi.

Non riusciamo più a stupirci del tanto che pure abbiamo e non scopriamo l’incanto che è ogni persona, nella quale possiamo vedere il riflesso di Dio. In realtà, poi, scrutiamo il cielo per comprendere dove sono i nostri cari e dove, quindi, saremo anche noi. In questi anni ci siamo scoperti tutti vulnerabili, ma ancora troppo poco tutti fratelli. Lo avevamo dimenticato, pensando di poter risolvere tutto! Silenziosamente è come cresciuta in noi la diffidenza verso quello che deve accadere, così imprevedibile e minaccioso. Pensiamo di vivere sempre come siamo oggi, come un’eterna giovinezza. Questo è davvero senza futuro e ci rende prigionieri dell’io e del presente!

La vita, infatti, si trasforma, si deve trasformare, e noi non possiamo restare gli stessi! Negli sconvolgimenti Dio ci vuole uomini di speranza, che si preparano e preparano il futuro, non abbassano lo sguardo su di sé pensando così di salvarsi e stare bene. Maria Assunta ci aiuta a guardare il cielo, in alto, un po’ come osservare la Basilica di San Luca ci orienta sia nella grandezza, altrimenti incommensurabile dell’infinito, sia per capire dove siamo sulla terra e quale direzione prendere. Maria, come la Basilica di San Luca, è il legame che unisce il cielo con la terra, la casa dove siamo diretti ma anche quella piena di problemi dove affrontiamo il combattimento della vita. Guardare in alto ci aiuta e ci fa sentire amata la nostra vita terrena. La nostra storia è destinata al riscatto di ogni sconfitta che la umilia, la ferisce, la perde nell’anima e nel corpo.

Abbiamo ascoltato di un segno grandioso: la donna, arca dell’alleanza di Dio, vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Ella deve dare alla luce il figlio, colui che compie la salvezza, che rivela il regno del nostro Dio e ne trasmette la forza. La donna deve lottare contro il drago, enorme, che vuole distruggere quel bambino che ci è dato in segno, Cristo. E’ una lotta terribile, decisiva.

Cosa può fare una donna che deve partorire davanti a una forza così inquietante? Il drago trascina le stelle del cielo e le precipita sulla terra: terrorizza e paralizza con la paura. Ha tante teste e tanti diademi. Il male si presenta sempre con volti diversi, cangianti, per confonderci, tanto che ci sembra impossibile distinguere con chiarezza dov’è la verità. Attrae con la ricchezza e la forza, sempre con l’inganno. Nel bambino che nasce e che Dio protegge, siamo aiutati a vedere Cristo, nostra salvezza e con Lui tutti i suoi e nostri fratelli più piccoli. Spesso gli uomini invece di aiutare Dio a combattere il drago si trasformano essi stessi in strumenti di morte, colpendo, uccidendo, riducendosi a spettatori, aggredendo e sentendosi aggrediti. Mi sembra ci sia troppa poca pietà per chi è vittima dei briganti.

Evitiamo l’uomo mezzo morto, non più solo girandosi dall’altra parte, ma filmando, come uno spettacolo, come qualcosa che ci può appassionare ma non ci riguarda, magari poi facendoci aiutare con qualche terapia perché le immagini ci hanno turbato. Ma se fosse colpito nostro figlio o nostra madre non faremmo subito qualcosa per proteggerli, e non vinceremmo la paura o non smetteremmo di aspettare di avere tutte le risposte alle tante domande prima di decidere di fare qualcosa? Perderemmo tempo a riprendere? Come non difendere la donna e con lei proteggere il bambino, la speranza di vita nuova, la nostra unica speranza, il solo che ha parola di vita eterna? Amiamo proteggiamo questa nostra madre Chiesa, servendola, aiutandola come possiamo, onorandola con tutto noi stessi, rifiutando ogni parola o atteggiamento che possa dividere o limitare la comunione.

   La beatitudine di Maria è l’umiltà. Questa ci mette in relazione con noi stessi, dando valore al poco della nostra vita e ci unisce al prossimo perché ci spinge a servire e aiutare l’altro e a farlo gratuitamente. Maria umile ha dato la vita, non l’ha conservata. Umile dona la vita e per questo la trova. Ecco cosa ci è chiesto per stare davvero bene: dare vita, fare stare bene. L’Anastasi di Maria inizia dall’umiltà che viene innalzata dall’amore. Maria è umile e per questo Dio la può innalzare. Non ha paure di cose grandi perché serva del Signore e piena dell’amore di Dio, tanto da accettare di aiutare quella più grande di tutte: “la salvezza per tutto il popolo!”.

La nostra generazione si piega poco alle cose piccole e così ha molti mezzi e risultati scarsi, proprio perché non sappiamo essere umili. Ognuno si crede “qualcuno”, tanto che non si spreca per le cose piccole, gli sembra una diminuzione. Tanti “qualcuno” finiscono per diventare “nessuno”, perché l’umile è veramente “qualcuno”: importante è chi aiuta l’altro. Maria, umile, non ha paura di dare vita, di spendere quello che ha perché il mondo sia la casa per l’uomo che verrà. Ecco cosa ci indica oggi Maria. La fede è tutt’altro che un anestetico per zittire il grido di dolore e l’invocazione di giustizia.

L’assunzione di Maria in corpo e anima conferisce alla corporeità significato adesso e dopo, e ci aiuta a capire lo stretto legame tra spirituale e materiale, così importante per non ridurre il Vangelo a rassicurante elisir di benessere e il materiale a mera azione sociale per cui il fratello più piccolo di Gesù e mio diventa un utente. I discepoli di Gesù, in questa stagione così decisiva, cercano con umiltà le cose grandi dell’amore, non avendo paura di amare, difendere la vita sempre e per tutti, dal suo inizio sino al suo compimento, con l’intelligenza del cuore e con l’amore per la casa comune che ci è affidata. «Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi» (Gv 14,12). Beata Maria e beati noi quando crediamo nell’adempimento di ciò che il Signore ci dice.

Oggi nella sua Pasqua cantiamo con l’oriente: “O straordinario prodigio! La fonte della vita è deposta in un sepolcro, e la tomba diviene scala per il cielo. Oggi, infatti, il cielo apre il suo grembo per ricevere colei che ha partorito colui che l’universo non può contenere. Colei che ha partorito l’autore della nostra vita passa da vita a vita”.

Bologna, parco di Villa Revedin
15/08/2022
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