Festa di santa Clelia a Le Budrie

Quanto impariamo qui con Santa Clelia! Non torniamo mai a casa come siamo venuti. E non è un’emozione, come le tante che affollano il nostro cuore, perché qui troviamo una presenza, Dio, e contempliamo la sua famiglia, minima e universale, universale proprio perché minima.

Qui maturiamo la scelta di amarlo non per paura o per obbligo ma perché vediamo tanto amore, dolce e leggero come il giogo che ci lega a Gesù e a sua Madre. E chi si lega a Gesù si lega anche ai suoi amici ed è sciolto dall’amore per se stesso e dalle tante dipendenze che ci rendono schiavi. Quante cose ci restano nascoste perché ci crediamo sapienti e dotti, e come i dotti e i sapienti facciamo lezioni, non cambiamo più, ci difendiamo, giudichiamo. Mamma mia quanto giudichiamo!

E figuriamoci che Gesù ci ammonisce ancora di non giudicare, noi invece siamo sempre con il taglia e cuci sugli altri, che poi alla fine diventano inevitabilmente antipatici, alcuni addirittura nemici, molti non ci dicono niente e così non scopriamo come siano il nostro prossimo. L’altro lo vedi solo se lo ami, non se lo giudichi! Facilmente pensiamo di non essere noi i sapienti e gli intelligenti che sanno trovare tante interpretazioni ma non si compromettono mai, non riescono a vedere la bellezza del Regno di Dio presente e futuro. Perché i sapienti e gli intelligenti pensano di vedere tutto, si direbbe “la sanno lunga”, “non si fanno mica ingannare” e poi finiscono per non vedere quello che conta e spiega tutto.

Davvero l’essenziale è invisibile o meglio lo vediamo solo con gli occhi del cuore, quelli che ai sapienti e agli intelligenti sembrano ingenuità. Questi hanno sempre bisogno di tanta sicurezza e cercano consulenti e tranquillanti per esserlo e prendersi responsabilità. Lo siamo perché cambiamo poco, facciamo lezioni agli altri, smettiamo di ascoltare, ci esercitiamo sui confronti invece di aiutarci, pensiamo di essere tutto noi e di non avere bisogno del prossimo, tanto che sappiamo così poco stare insieme, aiutarci, parlare, ascoltarci. I dotti e i sapienti sono attenti alla personale considerazione, al loro protagonismo e ruolo, che misurano con l’essere competitivi. I piccoli hanno bisogno di aiuto. Santa Clelia ci insegna con dolcezza e passione ad esserlo, non per considerarci poco (nel corrente individualismo questo è un peccato mortale!) ma per pensarci insieme, perché ad amare l’amore impariamo a farlo. L’amore rende luminoso tutto e ognuno. Un bambino ha detto che la guerra è in bianco e nero – direi solo nero – la pace invece è a colori!

Santa Clelia ha vissuto in un momento di grande cambiamenti. Un mondo era finito, un ordine scompariva, tante lotte e anche violenze creavano insicurezza. Le pandemie terribili, le apocalissi che minacciano la nostra vita. Come le affrontava Clelia? Il segreto di Santa Clelia è l’amore. Ce lo ripropone con la dolcezza del suo cuore e anche con la sua brevissima vita, che è stata davvero solo un seme ma che lei non ha conservato, ha speso fino alla fine e ha gettato con coraggio perché desse frutto. Ha creduto che l’amore cambia i cuori e il mondo. Non ha capito tutto, ma quello che conta. E questa è la sua speranza. Lei ha saputo vedere nel seme tutti i frutti e non ha avuto paura di gettarlo nella terra. La speranza non è quello che vedo io, non la misuro con i risultati, ma con il seme e con la fiducia di gettarlo anche quando sembra non serva a niente.

La bellissima famiglia delle Minime è il frutto, che non smettiamo di contemplare, di questa speranza. Quanto c’è bisogno di credenti, che vedono quello che ancora non c’è e gettano nelle acque minacciose della vita l’ancora salda della speranza, certi che i frutti ci saranno. Guardate, quanto è vero che quello che resta anche oggi non è ciò che consumiamo ma quello che regaliamo, che diventa degli altri, che dà frutto e produce a sua volta amore. La vita è un seme che solo se lo gettiamo amando Dio e il prossimo ne capiamo la forza, la bellezza. Il suo segreto è uno solo: l’amore. Santa Clelia poteva pensare a sé, fare vedere le sue capacità, esibirle. Oppure poteva occuparsi dei suoi tanti problemi, lamentarsi. Noi lo facciamo e per di più abbiamo tante sicurezze e possibilità! No: Clelia pensa a Dio e quindi ama il prossimo e si prende la responsabilità. Chi ama non lascia fare ad altri, non delega, non scappa!

Santa Clelia si prende la responsabilità della Chiesa, aiutando il suo parroco, anzi diventando lei stessa madre. È curioso, una giovane madre! Va a vivere con le sue amiche per aiutarsi a pregare, cioè ad amare Dio, ascoltarlo, confidargli le nostre intercessioni. Ama e si prende la responsabilità di servire, le sorelle e i tanti fragili delle Budrie. Non pensa “tanto non serve a niente” oppure, peggio, non cerca il proprio guadagno e convenienza. Insegna a chi non sa fare nulla a fare le cose, che poi vuol dire dare sicurezza, consapevolezza, educazione. Ama e insegna ad amare Dio, che altrimenti non si vede e che noi dobbiamo far vedere da come amiamo. Clelia trasmette con passione il Vangelo e tanti restano toccati da come lei parlava. Non fa una lezione ma comunica la vita. Non si mette a giudicare, ma ad amare. Non si esercita in teorie, ma costruisce.

Chi ama, come Santa Clelia, inizia lei e permette ad altri, come è successo, di seguire Dio. Le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina che si trasmette! Sono proprio quelle di cui parla Santa Clelia alle sue sorelle, amiche, perché chi ama il Signore incontra il prossimo, chi guarda il Signore vede gli altri. Prendiamo responsabilità mettendoci a servire, donando quello che sappiamo fare e facendolo solo per amore, senza contraccambio. Santa Clelia univa la preghiera, intensa, profondissima, con l’amicizia con le sue sorelle e verso i poveri. Non siamo mai superiori a questa e non pensiamo che sia la stessa cosa se lo facciamo o no, se aiutiamo o se lasciamo soli. Guardiamo i sentimenti del cuore di Gesù e di Maria e vedendo tanta sofferenza, tanta apocalisse, e quindi tanta paura e angoscia di morte, possiamo così aiutare il mondo, aiutare Dio a renderlo come lo vuole e tanti a incontrare Dio.

Se noi siamo legati a Dio possiamo liberare molti dal giogo pesante e triste dell’individualismo o da quello, ancora più terribile, delle dipendenze. Le piccole Budrie così diventano grandi perché piene di amore. Non abbiamo le soluzioni per tutto, non abbiamo le risposte per tutte le domande o le garanzie per cui vale la pena amare, ma amiamo, sentiamo la forza che ci fa affrontare la Babele del mondo, questa nostra apocalisse che stiamo vivendo e che tanta paura proietta nei nostri cuori. Santa Clelia si è affidata a Dio, ha continuato ad avere speranza. Ha trovato il ristoro promesso donandolo, anche nelle sue sofferenze e nel morire così giovane.

Se pensiamo al ristoro come ce lo promette il mondo, cioè dimenticare tutto, starcene tranquilli, non avere nessun problema, non abbiamo capito nulla. Santa Clelia, che di difficoltà ne aveva tante, prese sul serio Gesù e per amore suo iniziò ad amare Dio, le sorelle e i poveri. Una famiglia. Madre Clelia, una cosa sola con Teodora, Orsola, Violante, sue amiche e sorelle carissime, hanno pensato la Chiesa come una casa e come la loro casa. E, in realtà, questo significa sinodale: una madre e tante sorelle e fratelli. Hanno fatto sentire a casa e fanno sentire a casa accogliendo, lavorando, pregando. Prendiamo la nostra responsabilità e non pensiamo che sia la stessa cosa se aiutiamo o no questa madre che è sempre così fragile davanti alla forza brutale del mondo. Facciamolo non per dovere o per paura, ma per amore, aiutando Dio a combattere il tanto male con l’unica forza capace di sconfiggerlo: l’amore. E tutti noi, piccoli, diventiamo grandi per amore. Prega per noi dolce Santa Clelia.

Le Budrie, parco del santuario di santa Clelia
13/07/2024
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