giubileo delle religiose della regione

Bologna, Cattedrale

Sempre atteso, sempre consolante è l’incontro del vescovo con la benedetta schiera delle sue sorelle, che hanno irrevocabilmente offerto e consacrato a Cristo – colui che oggi liturgicamente onoriamo come il Signore dell’universo e dei cuori – la loro verginità e la loro vita. Ma l’incontro di oggi è connotato e arricchito da una grazia speciale: la grazia della celebrazione giubilare.

Questo Giubileo vi propone come vostro particolare traguardo una gioiosa riscoperta della novità battesimale, una più consapevole e radicale donazione di voi stesse al Dio che avete scelto come vostra “magnifica eredità” (cfr. Sal 16,6), un’appassionata e intelligente comprensione del vostro singolare rapporto con la Chiesa.

Non c’è vera novità che non provenga da Cristo. Egli solo è l’uomo nuovo, egli solo è il principio rinnovatore. In lui c’è la giovinezza dello spirito, la gioiosa innocenza e la libertà che è propria di chi è figlio di Dio. Fuori di lui non c’è che la decrepitezza del mondo, contaminato e sempre ripetitivo nei suoi errori e nelle sue insipienze; non c’è che l’invalicabile vecchiezza delle ideologie e degli egoismi, che sono tutti provvisori e destinati a finire perché non meritano di durare. Sta infatti scritto: “Passa la scena di questo mondo!”; e ancora sta scritto: “Il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!” (1 Gv 2,17).

E’ stato il battesimo a fare di noi delle creature nuove: il resto dei nostri giorni è una inesausta risposta e un progressivo inveramento di questa rinascita. La stessa professione religiosa non è che la freschezza battesimale ritrovata giorno dopo giorno, pienamente sbocciata nei suoi essenziali valori, vissuta in una totalità di donazione che non conosce riserve.

Il battesimo, noi lo sappiamo, non si ripete: è ricevuto una volta per sempre. Ma la sua grazia si ravviva e si sviluppa incessantemente attraverso la permanente conversione del cuore, attraverso il sacramento della riconciliazione e attraverso la fedeltà alla preghiera. E proprio ad avvalorare questi tipici mezzi di santificazione l’esperienza del Giubileo caldamente vi invita e vi sprona.

La conversione del cuore è il riconoscimento e la detestazione di quei residui di vecchiezza precristiana che ancora si nascondono nelle pieghe del nostro mondo interiore. Di qui nasce il proposito di fare in noi uno spazio sempre più largo alla coerenza della nostra adesione al Vangelo e alla sua legge di carità. Al tempo stesso ci si rende disponibili a un lavoro di purificazione anche aspro e costoso, che si esprime negli atti di penitenza e di mortificazione.

A ben guardare, sono appunto questi gli atteggiamenti che sostanziano e rendono fruttuosa la nostra celebrazione del sacramento della riconciliazione.

Il rinnovamento battesimale, che si prolunga e quasi rinasce in ogni confessione umile e consapevole, respira e si nutre della preghiera: sia della preghiera personale sia della preghiera liturgica e comunitaria.

Aiutate e sorreggete la vostra orazione anche con la riflessione sulla parola di Dio e con la lettura di qualche pagina dei Padri e degli antichi scrittori ecclesiastici. Con i maestri accolti e stimati da secoli nella Chiesa voi andate sempre sul sicuro. Non sempre sul sicuro invece si va, nella confusione disorientante della nostra epoca, con gli autori contemporanei, per i quali sarà bene esercitare (per quanto dotti e famosi essi siano) un attento e sano discernimento alla luce della fede immutabile, che abbiamo ricevuto e assimilato dall’insegnamento dei Santi e particolarmente dei vostri Fondatori e Patroni.

L’Anno Giubilare vi sollecita poi a verificare l’integralità della vostra offerta al Signore Gesù, il grande Festeggiato di questo Duemila.

A lui voi avete deciso di dare non un poco del poco che possedete, non un frammento del vostro tempo fuggevole e del vostro lavoro, non una porzione dei vostri affetti e dei vostri interessi, ma il vostro essere intero e l’intera vostra esistenza. Non solo il “poco”, ma neppure il “tanto” è la misura adeguata del vostro dono: la misura adeguata del vostro dono è soltanto il “tutto”.

Colui che avete voluto come vostro Sposo, vuole essere amato con cuore pieno e indiviso: così esige la vostra libera e caratteristica scelta di vita.

Questo Anno Santo, che ha visto folle immense convenire da tutta la terra a pregare sulla tomba dell’apostolo Pietro, che ha radunato le più varie categorie di persone nell’ascolto della parola di verità del Vescovo di Roma, che anche in questa cattedrale ha attirato numerosissimo il popolo dei credenti della nostra città, della nostra montagna, della nostra pianura, ha innegabilmente messo sotto i nostri occhi stupiti una straordinaria epifanìa della Chiesa.

La gente si è fidata della Chiesa ed è accorsa a celebrare i riti di fede, di pentimento, di gioia, proposti a tutti con materno coraggio dalla Sposa del Signore.

Questa Chiesa così largamente incompresa dalla cultura contemporanea – e così grottescamente accusata un po’ da ogni cattedra per la sua storia e per i suoi comportamenti passati e presenti – è ancora vivace e amata nell’anima profonda del nostro popolo; un’anima che con questo Giubileo ha potuto felicemente esprimersi e manifestarsi.

E’ una lezione che ci viene dai semplici e la dobbiamo raccogliere tutti. Ed è una lezione particolarmente provvidenziale per voi, che della Chiesa siete le immagini vive.

La Sposa di Cristo è in ogni tempo e in ogni luogo santa della stessa santità che è su di lei riflessa dal suo Salvatore. Ogni vergine consacrata – che è la sua “icona”, imperfetta e parziale ma autentica e sempre preziosa – dovrà allora cercare di rendere sempre più grande in se stessa e sempre più personalmente sua questa indefettibile santità ecclesiale, così che ogni vergine consacrata possa essere sempre più da vicino e sempre più plausibilmente paragonata alla Chiesa.

Per ciascuna di voi, in questa sera dolce e suggestiva, è un impegno da prendere e una grazia da implorare.

25/11/2000
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