il clero diocesano ricorda il giubileo di ordinazione davanti alla Madonna di San Luca

Bologna, Cattedrale

Oggi è per noi uno dei giorni più belli e più cari: la nostra città e la nostra diocesi oggi celebrano solennemente la loro patrona, che con immancabile puntualità da oltre cinque secoli discende e si insedia nel cuore di Bologna, quasi a ricordare a tutti, anche visivamente, che è lei la Signora del popolo petroniano, “il segno della nostra difesa e del nostro onore”.

Nessun giorno dell’anno è anche così propizio per noi a riflettere – sotto il dolce sguardo della sua icona antica – sulla collocazione della Vergine benedetta entro il disegno del Padre e sul suo compito proprio nella vita e nella società dei credenti.

La più elementare e insieme la più esauriente notizia ci viene data da Maria stessa con le parole semplici e sublimi dette al messaggero di Dio: “Io sono la serva del Signore” (Lc 1,38).

Giustamente si autodefinisce “serva del Signore” colei che visse unicamente per fare la volontà del Signore. Stava in ascolto della sua parola, la custodiva con fede pura, la metteva in pratica con intemerata fedeltà. Così la Parola vivente, il Verbo eterno di Dio, prese volentieri umana carne da lei, perché lei aveva sempre incarnato nel suo essere e nel suo agire ogni parola che Dio o le andava comunicando nell’ascolto della Sacra Scrittura o le andava sussurrando nel segreto del suo mondo interiore.

“Serva del Signore”

Servire il Signore era per Maria anzitutto credere in Dio, adorarlo, amarlo sopra ogni cosa; ma al tempo stesso era soccorrere il prossimo nel bisogno.

Servire il Signore era mettersi in viaggio verso la montagna con passo premuroso, alla casa di un’anziana parente da aiutare nella sua inattesa maternità.

Servire il Signore era andare a Cana, e togliere due sposi dal disagio e dall’imbarazzo durante il banchetto nuziale.

Servire il Signore era per Maria preannunziare con le sue scelte esistenziali e con il suo canto profetico la grande rivoluzione delle coscienze, che il bambino custodito nel suo grembo avrebbe operato nella storia. Dalle labbra appunto di questa ignota fanciulla ebrea, che era la più mite e la più santa delle creature, si eleva il “Magnificat” a proclamare la fine delle ingiustizie, delle prepotenze, delle oppressioni e a inaugurare il tempo nuovo del Regno di Dio; il tempo in cui comincia a esultare il cuore dei poveri, e sorge un po’ di speranza per i disprezzati di questo mondo.

“Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5). La missione provvidenziale di Maria presso gli uomini è di invitarli e incoraggiarli ad accogliere la parola dell’unico Salvatore e a metterla in pratica.

Il Signore Gesù ha detto: “Nessuno può venire a me, se non l’attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 6,43). Nel piano divino di salvezza – connotato intrinsecamente dalla misericordia e dalla condiscendenza – la Madonna è stata pensata e voluta proprio come una soave e persuasiva forza di attrazione, perché anche i più riottosi figli di Adamo avessero modo di arrivare a Cristo.

I nostri contemporanei così scettici di fronte alla luce della verità, così orgogliosi delle loro conquiste scientifiche e tecniche, così avidi di beni di consumo e così disamorati dei beni eterni, così presi dalla fame di danaro, di godimento, di potere e così disorientati e disanimati , pare che solo dal fascino della Madre di Dio, che è madre anche nostra, possano essere scampati dalla tremenda sventura di ripiombare in un mondo senza Cristo; cioè un mondo senza certezze trascendenti, senza vera gioia, senza tensione verso un traguardo non deludente.

Al fuoco di un puro amore materno, reso soprannaturalmente efficace dalla potenza dello Spirito Santo, è più facile che le torpidità delle menti e le durezze dei cuori si fondano e si dissolvano.

L’incanto di questa donna umile e alta – modello inarrivabile di perfezione, che però resta sempre totalmente una di noi – avvicina con gentilezza femminile alla nostra piccolezza, alle nostre titubanze, alla difficoltà che abbiamo di sollevare lo sguardo dalla terra, l’unica, necessaria, salvifica mediazione di Cristo.

La Madonna è madre: ama, consola, aiuta i suoi figli anche nelle necessità della loro vita terrena per farli diventare autentici e consapevoli figli di Dio. Li prende dove sono per portarli dove dovrebbero essere, cioè vicini a Gesù nella mentalità e nelle opere.

Perciò i suoi santuari e le celebrazioni in suo onore sono i luoghi e o tempi privilegiati per il ritorno dei figli smarriti alla casa del Padre.

La Chiesa non può dimenticare di aver mosso i primi passi nella storia con il sostegno della presenza visibile di Maria.

Il mattino di Pentecoste, nel cenacolo, la preghiera appassionata di Maria era il culmine e la sintesi di tutte le implorazioni dei discepoli di Gesù, anzi dell’umanità intera che invocava sul proprio buio, sulle proprie frigidità, sulle proprie miserie il fulgore, il calore, l’impeto del Paràclito e la sua effusione vivificante e rinnovatrice.

Agli apostoli la Madre di Gesù confidava i segreti divini che custodiva nel suo cuore, entusiasmandoli per la sapienza e la bellezza sovrumana del progetto del Padre.

Anche per questo gli inizi del cristianesimo furono così pieni di fervore e segnarono progressi tanto rapidi e stupefacenti.

Seppure assunta al cielo, collocata regina accanto al Figlio, non si è allontanata da noi.

È sempre con noi, e nei momenti più trepidi per la vita della Chiesa il suo amore materno si è sempre fatto sentire.

Quando pare che le ostilità e gli errori siano soverchianti, più grande si fa la fiducia dei credenti. Quando nel nostro cielo sembrano dominare le tenebre, spunta a darci coraggio la sua vivida stella.

Così nell’incerto e annebbiato tramonto del secolo, anzi del millennio – nella grande confusione che prende persino i cristiani a proposito del Signore Gesù e della sua redenzione universale e universalmente necessaria; a proposito della Chiesa, della sua indefettibile santità e della sua natura di “universale sacramento di salvezza”; a proposito del vero bene dell’uomo, del suo destino, della sua dignità – volgiamo gli occhi a lei con animo pieno di gratitudine e di speranza.

13/05/1999
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