Immigrati e profughi prima di tutto la vita

«Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto» (Dt. 10,19).
Troppi silenzi avvolgono oggi le storie dei migranti, ha ricordato Papa Francesco nella Messa il 6 luglio scorso, a cinque anni dalla sua visita a Lampedusa. Sono silenzi che dicono abbandono, morte: in mare, nel deserto, nelle prigioni, nella patria martoriata. Sono silenzi che dicono complicità nelle migrazioni: per le guerre, la terra rubata ai poveri, lo sfruttamento, gli scafisti con i loro metodi e interessi, la tratta. Sono silenzi che si riempiono di parole solo per difenderci da loro, finendo per vederli come nemici, dimenticando il peso delle sofferenze terribili che molti di essi portano con sé. Da una parte silenzi sulla cause lontane e vicine e dall’altra parole di fatto violente nelle espressioni, di sostanziale disprezzo. L’Italia ha un patrimonio di umanesimo che non deve mai essere messo in discussione. Mi sembra indispensabile un confronto non ideologico né legato all’emergenza, mai dimenticando la pietà né tanto meno confondendola con quel buonismo che fa credere che la solidarietà sia solo per interesse. L’unico interesse che anima la Chiesa è di aiutare ad affrontare con la necessaria fermezza e realismo, ma sempre con tanta umanità il fenomeno, mettendo sempre al primo posto la difesa della vita, la sua protezione. Tutto ciò dona alla comunità ecclesiale il titolo per chiedere all’Europa di superare interessi di parte o nazionalistici. La compassione del samaritano è parte dell’identità profonda del nostro popolo. La nostra regione è piena di esperienze di accoglienza e di cura. La compassione chiede di creare un sistema di accoglienza e di regolamento dei flussi con la prudenza chiesta da Papa Francesco. Accoglienza e prudenza.
«Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare». Altrimenti la prudenza si trasforma in ipocrisia. Rischiamo di non vedere l’uomo mezzo morto come hanno fatto il sacerdote e il levita nella parabola del Vangelo. Oppure di teorizzare di non aiutarlo pensando così di combattere i banditi che lo hanno ridotto mezzo morto. «Dov’è tuo fratello?» (Gn 4,9) si chiese Papa Francesco a Lampedusa. È un interrogativo che ci chiama a renderci responsabili dei drammi delle persone, tutte, oggi dei migranti. In questo modo favoriamo uno stile di vita, di condivisione, di integrazione per tutti e costruiamo un futuro più umano, vivibile. Occorre prudenza e fermezza, ma sempre tanta umanità. Se essa viene a mancare la vita è più difficile per tutti. I tentativi migliori di questi anni, come ad esempio il sistema Sprar, sempre con i necessari controlli o i corridoi umanitari, ci sembra offrano indicazioni importanti per il futuro. Per un uso serio delle risorse, per non creare insicurezza in chi accoglie e abbandono nei richiedenti asilo, per non riempire il Paese di invisibili, chiediamo il coinvolgimento delle istituzioni europee e l’assunzione di responsabilità di tutti gli stati membri, attraverso l’identificazione di regole chiare e condivise cambiando le attuali. Vorremmo che tutti i cristiani e le nostre comunità si impegnino, come possono, a vivere le quattro azioni indicate da Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.
«Accogliere» coniugando la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani.
«Proteggere» riconoscendo e tutelando l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza. «Promuovere», assicurando l’istruzione e un’educazione al lavoro, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro. «Integrare», perché partecipino alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di diritti e doveri, di condivisione della cultura della nazione che li accoglie. Ognuno può fare molto, soprattutto con la conoscenza, stabilendo relazioni e coinvolgendo in iniziative di accoglienza. Aiutiamo a realizzare il sogno di Papa Francesco per un nuovo umanesimo europeo, per un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. «Sogno un’Europa che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri».
(Papa Francesco, 6 maggio 2016).

22/07/2018
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