Liturgia della Passione del Signore

Gesù non sarà mai un elegante e salottiero maestro che aiuta gli uomini a trovare benessere a poco prezzo, aggiornando la tentazione di sempre che è vivere per se stessi, credere di stare bene senza il prossimo, conservandosi, mettendo al centro l’io. Gesù non vuole evitare il male, conquistare un amaro e limitato benessere, ma vincere il nemico della vita. Non vuole stare bene lui, ma fare stare bene tutti. Non vuole fare finta che il male non esista o lasciarlo agli altri, come i farisei che si pensavano puri e condannavano il peccatore. Gesù combatte il male, ma ama il peccatore. Chi ama per davvero non può accettare il male. Egli ama e solo per amore dona la vita, come una madre per il proprio figlio che sta male. Dona la vita, non la morte. Quando la morte appare la soluzione per la vita vuol dire che manca amore, che non c’è amicizia, che le luci sono spente. Gesù delude chi cerca risurrezioni senza sacrificio. Delude chi cerca un re di questo mondo, un idolo che rassicuri, un grande che non faccia pensare, che protegga senza chiedere nulla, che risolva tutto ed a cui delegare la propria responsabilità. Questo è lo scandalo della croce. Se uno cerca un capo lontano dalla vita vera e dalle nostre persone, un principio ispiratore di una istituzione impersonale dove ognuno prende quello che vuole, trova, invece, un uomo vero che paga di persona, un fratello che dona la vita e la chiede, un padre pieno di compassione che aspetta proprio te. Forse fu questa delusione a scandalizzare Giuda e in fondo tutti i discepoli: Gesù è il Messia ma non si decideva a mettere tutto le cose a posto, a vincere, a farli diventare grandi. Gesù non prende il potere, non accetta che troviamo la ricompensa, anzi insegna a non cercarla; non autorizza a essere importanti sopra gli altri o senza i poveri; non permette distinzioni tra i suoi e gli altri e indica tutti come il prossimo. Gesù continuerà a chiederci di amare i nostri nemici, a indicarci il dolce ed esigente comandamento dell’amore, a dirci che dobbiamo perdonare, porgere l’altra guancia; che non possiamo amare Dio senza amare il prossimo e ad amarlo non a distanza ma chinandoci su di lui come servi! E lo dice per farci vivere bene, per la gioia e non per il sacrificio, in questa vita e nell’altra. Lo chiede agli altri e lo vive Lui! Dona la sua vita, non quella degli altri. Dona la vita vera, non quella virtuale. E’ un Dio che non chiede agli uomini di morire per lui. Il nostro è un Dio che muore lui per noi. «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). Non restare fermi. Prendere, non scaricare le difficoltà su qualcun altro. Venire, non aspettare che tutto sia a posto. Non un Signore che risolve tutto, ma un uomo da seguire perché per primo prende la sua croce e ci insegna a farlo anche noi.
Quella croce illumina l’ombra della morte che ci insegue, ci raggiunge e spegne la nostra luce avvolgendola con le sue tenebre, con la malattia, le difficoltà, il turbamento. La croce di Cristo raccoglie tutte le croci, terribili, drammatiche, urlate, come è raffigurato nei compianti di Bologna. Ma chi ascolta l’urlo? Chi si lascia ferire, trafiggere il cuore? Tanti dicono piuttosto di non disturbare; intimidiscono con la loro indifferenza le vittime, come se fosse colpa loro; deridono in maniera pratica chi soffre; a volte ne approfittano. Quanti soffrono la croce per un lavoro da schiavi o per non lavorare affatto, disperazione che spesso rende disponibili a qualsiasi lavoro pur di trovare dignità, futuro! Quanti sono schiacciati dalla croci create dalla guerra, che cancella ogni umanità e le cui conseguenze durano tutta la vita. Assistiamo con preoccupazione alla crescita enorme delle spese militari, anche perché nessuno può mai prevedere chi e come userà quelle armi, sempre più micidiali. Quante croci a causa della follia del terrorismo, che ha dei mandanti e tanti complici. Ricordiamo con commozione i nostri fratelli cristiani copti. Quante croci di uomini che non ce la fanno più, che vengono lasciati soli, che non trovano nemmeno un cireneo! Quanta vita spenta. Gesù è in loro, in ognuno di loro e con il suo volto sfigurato, uomo dei dolori che ben conosce il patire, agnello condotto al macello, chiede di essere guardato, riconosciuto, amato.
La sua sofferenza ci fa sentire infinitamente amata da Dio la nostra. Gesù non vuole la sofferenza, ma la prende su di se. Spesso le persone più buone quando sono nel dolore trovano sollievo nell’offrire la sofferenza come Gesù, per qualcuno, per il mondo, per Dio stesso. E’ come una generosità che unisce a quella di Gesù. Lui non ama la sofferenza, non vuole bere quel calice, ma si affida alla volontà del Padre. Gesù non cerca la croce, ma non scappa perché tutti sappiano da che parte sta Dio e vedano come si vince il male. D’ora in poi non saremo più soli nella notte e il buio avrà sempre la sua luce. Non guardiamo la croce con gli occhi di una vita virtuale, ma con quelli dei due che sotto la croce restano, Maria e Giovanni. Una madre e il discepolo che ama. Solo così capiamo la croce. Guardiamo gli occhi di un uomo che muore. La croce ci toglie tutte le giustificazioni e chiede di scegliere: lasciare che il male e la violenza prevalgano o combattere questo male con la nostra preghiera e il nostro quotidiano impegno per l’amore. Molti cristiani sono malati di indecisione e dalla paura di sbagliare. “Un cristianesimo astrale, che non fa che distinguere come se la vita fosse un sillogismo, che non sa dove porre le mani quando urge l’azione, indeciso tra i pro e i contro, non interessa a nessuno”, diceva Mazzolari, che aggiungeva: “Preferisco a chi sceglie sto con me stesso, la parola di un santo: né contro gli uni né contro gli altri, ma contro me stesso, perché così si diventa misericordiosi come il Padre nei cieli, comincio a vedere meglio le ragioni della Pasqua”. “Solo chi dà la vita per coloro che ama, può scendere in pace nel sepolcro, perché la pasqua è la vittoria dell’amore”. La vera grandezza comincia dove comincia la lotta contro il male degli uomini. Vogliamo non fare nulla, magari con la scusa che è troppo difficile o vogliamo stare dalla parte di Gesù? Se pensiamo a chi vive per strada come nostro fratello, a chi non ce la fa come il mio prossimo, come quei migranti che muoiono durante le lunghe traversate nel mare, non ci arrenderemmo con facilità, non ci volgeremmo dall’altra parte ma cercheremmo tutte le soluzioni possibili finché non le troviamo. Dobbiamo stare dalla parte di Dio che è quella dell’uomo e quella che ci rende uomini. Ci cambia sentire un amore così per la mia vita. Per un amore così non seguiamo l’invito così insistente, frutto di paura “salva te stesso, chiuditi, alza i muri”. Il grido di Gesù tocchi il nostro cuore, ci svegli dal sonno dell’amore per noi stessi, ci renda finalmente liberi di amare, ci faccia tornare bambini come Pietro, che piange per il suo tradimento e nasce uomo. «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24). Solo l’amore genera vita. Questa è la speranza certa della croce.
Preghiamo con le parole di papa Francesco, nella via Crucis dell’anno scorso: “O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l’umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell’Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce. O Croce di Cristo, insegnaci che l’alba del sole è più forte dell’oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l’apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell’amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire. Amen!”.

14/04/2017
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