Mercoledì delle Ceneri

1.«Ricordati che sei polvere, ed in polvere ritornerai». L’austero

gesto dell’imposizione delle ceneri sul nostro capo, accompagnato da

queste parole, ci invita ad una meditazione profonda sulla condizione umana.

Parole e gesto ci ricordano che la nostra è una condizione mortale;

presso ogni lingua gli uomini sono anche chiamati “i mortali”:

coloro che muoiono. Noi siamo qui questa sera per non dimenticare che questa è la

nostra sorte: «ricordati che sei polvere, ed in polvere ritornerai».

Come sappiamo, queste parole riprendono le parole con cui Dio emise la sua

condanna sull’uomo che aveva peccato: «All’uomo [il Signore

Iddio] disse: poiché … hai mangiato dell’albero, di cui

ti avevo comandato: non ne devi mangiare … tornerai alla terra, perché da

essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai». La nostra

condizione mortale non è una condizione naturale, spiegabile cioè solo

in base alle leggi che governano ogni organismo vivente. La morte che colpisce

ciascuno di noi è il segno che l’uomo si è liberamente

distaccato dalla Fonte della vita, dal suo Creatore e Signore: «la morte

ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» [Rom

5,12B], insegna l’Apostolo.

Vita e morte dunque non denotano solo fenomeni biologici come per gli altri

organismi viventi. Denotano la condizione della persona umana in rapporto con

Dio, in cui consiste il bene della persona stessa. La morte dell’uomo,

in senso profondo, è la sua condizione di separazione da Dio; è l’oscurarsi

nella sua coscienza del legame intimo che lo unisce al suo Creatore; è la

decisione di percorrere una via diversa da quella indicata dalla Legge del

Signore. Mai come questa sera risuona chiaro e forte la parola di Mosè: «io

ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli

dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore

tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui

la tua vita» [Deut 30,19-20]. Il popolo di Israele che non obbedì alla

voce di Dio e non si tenne unito a Lui, e che perdette la sua libertà costretto

a vivere in esilio, è il segno di tutta l’umanità: «la

morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato».

2.«Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato

in nostro favore, perché noi potessimo diventare giustizia di Dio».

La parola che la Chiesa dirà fra poco su ciascuno di noi imponendoci

le ceneri, non è la parola definitiva che si possa dire sull’uomo;

essa esprime, per così dire, la verità penultima sull’uomo,

non quella ultima. L’ultima parola che Dio dice all’uomo sull’uomo è la

parola di grazia detta nella morte di Cristo.

Egli «non aveva conosciuto peccato», ma prese in sé la

nostra morte perché noi potessimo rivivere nella giustizia e nella santità.

Sulla Croce è accaduta la vera svolta, il vero cambiamento della nostra

condizione mortale. Infatti, ci insegna l’Apostolo, «come … per

la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna,

così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su

tutti gli uomini la giustificazione che dà vita» [Rom 5,18].

Le parole dell’Apostolo ci dicono quale è il senso del tempo

di quaresima che ora iniziamo: è il tempo in cui Dio in Cristo vuole

riversare su tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita. è il

tempo in cui Egli vuole far passare ciascuno di noi dal regno della morte alla

vita: mediante l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia farci

regnare nella vita per mezzo di Cristo.

«E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere

in vano la grazia  di Dio», a non lasciar trascorrere invano questo

tempo di salvezza. Attraverso l’esercizio della penitenza quaresimale

otteniamo il perdono dei peccati ed una vita rinnovata ad immagine del Signore

risorto.

«Il Signore si mostri geloso per la sua terra»: Egli non permetta

che la sua eredità, la nostra persona, sia devastata dalla morte e dal

peccato. “Si mostri geloso per la sua terra”!

09/02/2005
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