mercoledì delle ceneri

Bologna, Cattedrale

Con la celebrazione di stasera entriamo nel tempo più pensoso, più austero, spiritualmente più stimolante dell’anno cristiano: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (cf 2 Cor 6,2), come abbiamo ascoltato.

Vi entriamo ripetendo il gesto antico ed eloquente dell’imposizione delle Ceneri. Questo rito, riconducendo la nostra attenzione alla intrinseca vanità di tutto ciò che è destinato ad andare in polvere, ci invita a prendere più sul serio ciò che nell’uomo e nella sua vicenda è più sostanziale e duraturo; richiamandoci la fine immancabile della vita corporea – coi suoi grovigli, i suoi pericoli, le sue ambiguità – ci indica con forza il primato di quanto in noi è essenziale ed eterno; e, quasi azzittendo il multiloquio futile che quotidianamente assilla le nostre orecchie, fa risonare con nuovo vigore la parola sfolgorante, incisiva, intramontabile, da cui si è avviata la predicazione del Signore Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo” (cf Mc 1,15).

Alla soglia del bimillennario della sua venuta nel mondo, è naturale che l’esortazione e il programma, che ci viene prospettato, diventino: Convertitevi al Figlio di Dio crocifisso e risorto, risvegliate l’antica fede in ciò che egli ha detto, ha compiuto, ha patito per noi e per la nostra salvezza.

Quest’anno la Quaresima ci propone dunque un “ritorno a Cristo”: un ritorno più consapevole e più motivato a lui che è “Parola”, “Sacramento”, “Guida”di salvezza dai nostri mali. Torniamo alla sua parola, che è insegnamento di verità intramontabile; ai suoi sacramenti, che sono comunicazione di vita immortale; ai suoi esempi, che segnano la via che ci conduce alla nostra meta e al traguardo del nostro pellegrinaggio terreno.

In questo tempo, torniamo prima di tutto alla parola di Gesù con più larga disponibilità di tempo e di cuore.

Non lasciamo cadere la grazia degli incontri straordinari di catechesi e di predicazione che le comunità cristiane in questi giorni vorranno proporre. E sarà particolarmente bello riscoprire la lettura domestica del Vangelo, soprattutto di venerdì in modo da ricordare la sofferenza cui il Signore si è sottomesso per noi.

A questa scuola si riaccenderanno in noi le certezze indispensabili a un’esistenza che non voglia essere senza senso e senza scopo: l’uomo come effetto non di una casualità cieca, ma di un progetto d’amore; un Dio che ci è padre, che ci ha creati dal nulla e che ci attende a casa; la responsabilità personale, per la quale dovremo rispondere di ogni nostra azione; l’impegno a cercare prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, nella persuasione che il resto – se avremo lavorato con fiducia e senza pigrizia – ci sarà dato in soprappiù.

In questo tempo, torniamo poi ad avvalerci con fervore più intelligente dei sacramenti della Penitenza e della Eucaristia, coi quali Cristo ci rende partecipi della sua vita divina.

Proprio in vista del nostro più proficuo accostarci a questi mezzi di grazia, la Quaresima ci suggerisce di riflettere sul mistero della morte del Signore.

Egli non ha scelto di morire per malattia o per vecchiaia. Non ha scelto di morire per l’accidentalità di un infortunio. Ha scelto di morire come vittima della malvagità e della violenza, perché fosse ben chiaro che la sua morte era un sacrificio, finalizzato a espiare le nostre colpe e a preservarci dalla perdizione.

Questa immolazione volontaria ci richiama energicamente due tremende realtà, che noi siamo inclini purtroppo a non valutare in modo adeguato; quella del peccato e quella della rovina eterna.

La Quaresima, attirando il nostro sguardo sul Crocifisso e sul suo immenso dolore, ci apra gli occhi e ci mostri che la ribellione a Dio e alla sua legge è il più grave dei nostri mali, è l’esclusione dalla Gerusalemme celeste, è la sola sventura che sia davvero senza rimedio.

Accenda nel nostro animo un bruciante bisogno di pentimento, di conversione, di ottenuta misericordia, che ci conduca a una confessione davvero trasformante e a una comunione eucaristica degna della Pasqua di Cristo.

In questo tempo, torniamo infine agli esempi di Cristo, che tracciano il cammino doveroso per tutti i cristiani.

Gesù è stato il grande adoratore del Padre. Quotidianamente, in special modo nel silenzio della notte e del primo mattino, sottraeva alle molte occupazioni e al riposo un po’ di tempo da passare in preghiera.

Anche noi ci ricorderemo di Dio, nei brevi momenti della preghiera che apre e chiude ogni nostra giornata. Faremo della messa domenicale il grande immancabile appuntamento solare, che illuminerà e riscalderà l’intera settimana. E, se ne avremo la concreta possibilità, compiremo la libera e preziosa offerta di qualche nostra partecipazione all’Eucaristia anche nei giorni feriali.

Dalla comunione perfetta col Padre Gesù attingeva la sua capacità di spendersi per i fratelli: il grande adoratore è stato altresì “l’uomo per gli altri”. Anche noi, che vogliamo modellarci su di lui, non possiamo perciò rinchiuderci entro gli spazi angusti dei nostri interessi e delle nostre comode rassegnazioni.

“Donare” e “Perdonare” sono i due aspetti inscindibili dell’amore evangelico, ravvivatoci dalla Quaresima.

Dopo che l’Agnello di Dio è morto invocando la pietà del Padre sui suoi crocifissori, non è più possibile essere davvero suoi discepoli se non ci si libera da ogni odio e da ogni rancore.

Dopo che l’unico nostro Salvatore si è dato tutto per noi, nessuno può dirsi autenticamente suo seguace se non si impegna, per quel che gli è consentito, nell’aiuto fattivo ai fratelli vicini e lontani. Un supplemento di carità e di attenzione agli altri deve dunque entrare nel nostro programma per questo tempo santo.

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17/02/1999
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