ordinazione di nuovi diaconi permanenti

Bologna, Cattedrale

Questa è un’ora di consolazione e di letizia.

E’ consolata la nostra Chiesa, che ravvisa nell’ampliarsi dell’ordine diaconale una particolare benevolenza del suo Signore; il quale è fedele nel suo amore di predilezione per noi e risponde con i suoi favori alle crescenti necessità della comunità cristiana . E sono allietati i cuori dei molti che oggi affollano la cattedrale per dire ai nuovi ordinandi il loro affetto, per confortarli con la loro amicizia motivata dalla fede, per assicurarli del loro ricordo orante.

Anche il vostro cuore, carissimi, è consolato e colmo di gioia. E’ la consolazione per un traguardo desiderato e raggiunto, per una scelta divina di cui vi sentite gratificati, per le nuove possibilità di bene che vi sono offerte dal ministero sacro. E’ la gioia, accompagnata dallo stupore e dalla riconoscenza, che prende immancabilmente chi è toccato e trasformato dai prodigi di Dio.

Il prodigio del diaconato è la virtù sacramentale, che esso possiede, di imprimere nella profondità del vostro essere una arcana ma reale conformazione a Gesù, “apostolo e pontefice della fede che professiamo” (cf Eb 3,1), nell’atto della sua donazione di grazia alla Chiesa, sua Sposa e suo Corpo.

Questa somiglianza a Cristo, iscritta nella vostra realtà più intima , non la potete più perdere, qualunque cosa vi accada. Dovunque andrete, recherete sempre indelebilmente stampata nel vostro spirito l’adorabile icona dell’unico Signore e Salvatore, che si è fatto servo di tutti per riscattare tutti e ridare a tutti la speranza di accedere al Regno dei cieli.

Questa somiglianza è in se stessa oggettiva e immancabile; ma voi non vi stancherete di renderla anche soggettivamente presente e attiva, con l’irreprensibilità della vostra vita e con l’adempimento generoso della missione che vi viene affidata.

Gesù è dunque il vostro modello; un modello in sé così alto da essere inarrivabile , ma che in ragione dell’ordinazione oggi diventa per voi prossimo e pertinente.

Egli, che è venuto non per essere servito ma per servire (cf Mt 20,28), è il primo e più vero “diacono”; e voi siete chiamati a renderlo percepibile al popolo di Dio, nella sua immagine e nella sua azione salvifica.

Egli si è fatto servo di ogni sofferenza, soccorritore di ogni pena. Non si è risparmiato, ma ha dato l’intera sua vita per riscattare la moltitudine dei figli di Adamo. Ci ha salvati servendo; possiamo dire: ci ha salvati da “diacono”.

Il segreto di una efficace imitazione di Cristo è la sollecitudine per una sempre più intensa comunione con lui; quella comunione di pensieri, di desideri, di affetti, di mentalità, che san Paolo propone come un programma spirituale necessario per tutti, quando esorta: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (cf Fil 2,5).

Questo programma, dal canto suo, l’Apostolo – che tra l’altro più di una volta rivendica a sé la qualifica di diacono (cf ad esempio Ef 3,2) – ha consapevolezza di averlo già fatto proprio, tanto che arriva a dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (cf Gal 2,20).

Voi sarete facilitati a conseguire sempre più compiutamente questa comunione col Signore Gesù dallo stesso compito liturgico, che vi vuole vicini alla reale presenza sull’altare della sua persona e del suo sacrificio.

La vostra collocazione rituale all’interno della celebrazione eucaristica sia allora non solo un ėsegno”, ma quasi un “sacramento” – cioè un “segno attuativo” – di una autentica prossimità esistenziale a Colui che ci redime, ci rinnova, ci nutre con il suo “Corpo dato” e il suo “Sangue effuso” per noi.

Tale è il senso dell’interrogazione che vi sarà rivolta tra poco: “Voi che sull’altare sarete messi a contatto con il Corpo e il Sangue di Cristo, volete conformare a lui tutta la vostra vita?”.

Il mio augurio è che rispondiate non solo con le parole che doverosamente pronuncerete, ma altresì con il proposito e la tensione di tutti i giorni che d’ora innanzi vi saranno concessi dal Signore.

Analogamente, ricevendo ufficialmente l’incarico di proclamare la lettura evangelica, vi diventerà naturale abbeverarvi della sapienza sovrumana che traluce dalle azioni, dal comportamento, dai discorsi di colui che è l’unico vero Maestro.

E’ una sapienza – ci ha detto la seconda lettura – che “non è di questo mondo”; eppure è la sapienza di cui l’umanità ha un estremo bisogno, per essere salvata dall’insensatezza, dalla confusione, dall’errore. Con l’ordinazione diaconale voi siete inviati proprio a far conoscere agli uomini questa “sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria” (cf 1 Cor 2,7). Appunto con questa intenzione io dirò a ciascuno di voi:

“Ricevi il Vangelo di Cristo

del quale sei divenuto l’annunziatore;

credi sempre ciò che proclami,

insegna ciò che hai appreso nella fede,

vivi ciò che insegni”.

A incoraggiarvi e a sostenervi in questo compito – e anzi in tutta la splendida avventura che oggi per voi comincia – noi tra poco non solo eleveremo la nostra preghiera, ma anche chiederemo con fiducia la intercessione della Madre di Dio e di tutti i santi.

14/02/1999
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