XXI giornata della vita

Bologna, Santuario della Madonna di San Luca

Questo nostro raduno annuale è pervaso dal sentimento lieto e dolcissimo della gratitudine; perciò stiamo celebrando una “eucaristia”, vale a dire un “ringraziamento”.

Siamo riconoscenti al Padre del cielo che con il suo amore, espresso e quasi incarnato nell’amore di un uomo e di una donna, ci ha regalato la vita, dono primo e fondamentale, dono stupendo e sacro che già ci connette e ci assomiglia al Dio vivo.

Siamo riconoscenti al Padre del cielo perché, attraverso la croce e la risurrezione del Figlio suo Gesù Cristo, ci ha fatti partecipi della sua stessa intima vita divina; anzi, con la continua effusione dello Spirito Santo tiene accesa nei cuori questa vita nuova e la fa crescere dentro di noi.

Siamo riconoscenti al Padre del cielo perché col sacramento del battesimo ci ha innestati nel Corpo misterioso di cui Cristo è il Capo.

E così abbiamo la fortuna, la gioia, la fierezza di appartenere alla santa Chiesa Cattolica.

È una fortuna che oggi possiamo meglio valutare, se ci guardiamo attorno e rileviamo tutto lo smarrimento, l’irragionevolezza, la corsa al decadimento, che contraddistinguono molta parte della cultura mondana oggi dominante.

Siamo riconoscenti al Padre del cielo perché con tutti questi doni ha dato sapore ai nostri giorni, riscattandoli da quella mancanza di senso che amareggia, nella verità del loro essere e della loro segreta coscienza, anche coloro che appaiono più sazi e soddisfatti.

Siamo riconoscenti al Padre del cielo perché con la luce del suo Verbo eterno ci ha illuminati, salvandoci dal grigiore, dal buio, dall’angoscia di coloro che, non sapendo né da dove vengono né verso dove vanno, sono privi di certezze e di ogni sostanziale e duratura speranza.

Siamo riconoscenti al Padre del cielo perché ci ha assegnato il compito arduo e bellissimo di essere il “sale della terra” e la “luce del mondo”; il compito cioè di aiutare i nostri contemporanei a distinguere il vero dal falso e il bene dal male, a capire qual è il senso ultimo del nostro camminare nella storia, a riconoscere Cristo come unico vero Maestro e unico Salvatore.

Questa è la prima e la più pertinente missione della Chiesa e dei cristiani nella società; ed è anche l’atto di misericordia e d’amore più alto che noi possiamo offrire ai nostri fratelli in umanità.

È allora una pena vedere dei cattolici che, timorosi delle critiche o desiderosi di essere accolti dagli altri, si assimilano alle loro povere ideologie e nascondono la luce della verità evangelica sotto il moggio del quieto vivere e della latitanza apostolica.

Ed è una pena ancora più grande vedere dei credenti che, per non tornare sgraditi a nessuno, diventano alla fine “sale scipito”, senza utilità e senza gloria.

Il sale, preso in se stesso, ha sempre un gusto pungente. Ma proprio questo sapore lo rende indispensabile e gli consente di avvalorare ogni cibo. Un sale in cui questo sapore fosse attenuato, un sale per così dire “dolcificato”, sarebbe il più inutile degli ingredienti. “A null’altro serve che a essere gettato”, dice il Signore.

Parimenti il discepolo di Gesù, che deve pur stare nel mondo in dialogo con tutti, bisogna però che mantenga intatta l’autenticità del messaggio che porta, anche quando i palati mondani lo giudicano aspro e inquietante.

Non illudiamoci che la “dolcificazione” del “sale” divino ci consenta di essere oggi più facilmente accettati e capiti. Ci condurrebbe piuttosto a “essere calpestati” dagli uomini, i quali di un cristianesimo in larga parte omologato con la mentalità prevalente non saprebbero in fondo che farsene.

Oggi è l’ultima volta, negli anni del Novecento, che saliamo a questo santuario per confidare alla nostra Madre e Regina le nostre preoccupazioni per il continuo dilatarsi della “cultura di morte”.

Il Novecento è stato contrassegnato dalle nostre incredibili bravure nel campo scientifico e tecnico, e al tempo stesso da insipienze e ferocie altrettanto incredibili.

Soprattutto, questi sono stati gli anni che hanno conosciuto il massimo trionfo dell’egoismo, sempre a scapito dei piccoli, dei deboli, degli indifesi.

“Quanta tristezza avvertiamo nel nostro cuore di Pastori ñ scrivono i vescovi italiani nel messaggio per questa Giornata nel constatare come siano sempre più numerosi i bambini e i ragazzi che vivono da orfani di padre vivo’!… Separazioni, divorzi, convivenze e unioni di fatto, vissute senza il coraggio di un impegno definitivo e con la pretesa di legittimazione sociale, sono una grande minaccia per i figli”.

Noi giustamente ci indignamo, quando veniamo a sapere di maltrattamenti inflitti ai bambini. Ebbene, bisognerebbe avere il coraggio e il non conformismo di riconoscere che il maltrattamento più crudele, più diffuso, addirittura presentato come evento normale e civile, è il naufragio e la dissoluzione della compagine familiare.

Ma il vertice dell’egoismo è stato raggiunto con l’uccisione della vita umana innocente legalizzata e pubblicamente finanziata. Nessuna delle molte e inaudite vergogne di cui si è macchiato il nostro secolo è più turpe e abominevole di questa.

Il 24 gennaio scorso, a Città del Messico, Giovanni Paolo II ha manifestato tutto il suo dolore di pastore, di cristiano e di uomo, quando ha esclamato con la sua voce di pellegrino stanco e fisicamente provato: “Che nessuno osi ferire il dono prezioso e sacro della vita nel grembo della madre”.

“Voi siete la luce del mondo”, ci dice il Signore. La luce rallegra e gratifica l’occhio sano, ma tormenta ed esaspera l’occhio malato.

Così è della verità, di cui noi siamo solo i servi e gli annunciatori. Le intelligenze rette e sincere, anelanti davvero a essere illuminate, l’ascoltano con gioia e se ne nutrono intimamente, invece le menti sviate e torbide, com’è naturale, ne soffrono, si irritano e si ribellano. E davanti alla forza della ragione e delle nostre argomentazioni non sanno opporre che qualificazioni spregiative e consueti luoghi comuni.

Il più sorprendente dei luoghi comuni è quando a riguardo delle nostre posizioni confondono il rispetto della verità delle cose e il buon senso con il moralismo e le ossessioni puritane; che sono atteggiamenti che ci sono estranei e ci interessano poco.

A noi interessa piuttosto non nascondere la luce sotto il moggio, non peccare contro la verità, non smarrire la limpidità dell’intelligenza.

Come ho già detto altre volte, la Chiesa essendo la Sposa del Verbo eterno di Dio non può permettersi il lusso di sragionare.

06/02/1999
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