C’è un ammonimento dell’apostolo rivolto a noi, diretto, fraterno, potremmo dire poco rispettoso delle nostre distinzioni e giustificazioni. E anche questo ci è dato perché il vero rispetto è l’amore, non l’indifferenza e la distanza. Non vi gonfiate d’orgoglio favorendo uno a scapito dell’altro. Come a dire liberatevi dal narcisismo d’autore, che è uno dei nemici della sinodalità, perché contrappone l’uno all’altro e non fa cercare quello che unisce, umilia la comunione che, non dobbiamo mai dimenticarlo, è la premessa ed è anche il frutto della sinodalità.
L’apostolo ci chiede e ci ricorda, smemorati come siamo perché ingannati dall’orgoglio e dal protagonismo personale che fa male soprattutto al nostro io: “Chi dunque ti dà questo privilegio?”. Come fai a sentirti più importante di questa madre che ti ha dato la vita, che cerchiamo di amare e rispettare come la cosa più preziosa? Quando ci impadroniamo del dono e ne facciamo possesso, ruolo, considerazione, in realtà lo perdiamo noi e lo togliamo agli altri. “Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto?”. E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto? Perché? Perché non sappiamo riconoscere che lo abbiamo ricevuto e pensiamo che non sia un dono ma un merito, pensiamo di esserci fatti da soli e, come tutti noi quando pensiamo così, dobbiamo difendere le nostre capacità, affermarle, dimenticando che serve se lo spendiamo per gli altri, non per noi. Tutto è grazia, permette di vedere la bellezza intorno e di donare tutto, volentieri perché è di tutti e solo così scopriamo chi siamo. Siete sazi, siete diventati ricchi, ci dice l’apostolo. Non basta avere qualche problema per essere umili! Ricchi come chi non sente più il freddo e il caldo dell’inizio, la passione che fa piangere per i ragazzi che non sanno quello che fanno e vanno in giro con il coltello, per un mondo pieno di sofferenza, di violenza folle. Gesù ci insegna la compassione che lo porta a piangere per la folla. I ricchi pensano di poter guardare a distanza, di avere sempre le risposte complete, e si compiacciono di queste o di pensare che basti indicare qualche professionalità competente per non interrogarci fino a star male come un padre e una madre che soffrono per la sofferenza del figlio perché è la loro. Siamo sazi quando ci accontentiamo dei cinque pani e due pesci e non facciamo nostra la fame della folla, quando ne abbiamo molto di più e dissipiamo la tanta ricchezza affidataci dalla generazione che ci ha preceduto, tanto da non prendere sul serio chi ha fame e così gli facciamo mancare quello che cerca. È come quando nelle nostre strutture non ci sono mai gli spazi per fare qualcosa per i poveri perché sono sempre tutti occupati, magari solo per forma.
Il Signore non ci umilia, ci aiuta a rientrare in noi stessi, ci fa ricordare il poco che siamo per essere ricchi per davvero. Questa è la libertà dei discepoli che rimettono al centro la parola e la misericordia che ci offre e ci chiede, scambiata dai farisei come accomodamento e lassismo, come non applicazione della legge. «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato» e questo è fatto per l’uomo e non viceversa. Rimettiamo al centro l’amore, senza perdere uno iota della legge, anzi vivendola tutta perché ne capiamo lo spirito e solo questo ci fa vivere la lettera, non viceversa. Dio vive per l’uomo e solo rispondendo all’amore con l’amore, fosse pure contraddittorio ma comunque amore – perché a Dio interessa il cuore e non l’apparenza (e a noi?) – troviamo il senso delle sue parole, senza immiserirle nell’osservanza vuota e sempre ipocrita, ossessionata dal male ma che non lo sa combattere perché non ama. È l’amore che ci farà vivere in modo consapevole questo momento straordinario che è il Cammino Sinodale, senza protagonismo ma sentendo tanta forza di amore, per comprendere il senso del sabato, per comunicare, far rivivere, generare la presenza di Dio nella vita e nel mondo.