Messa della Notte di Natale

“Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”. Ecco il segreto che contempliamo questa notte, notte di solo amore, che restituisce sentimenti a cuori spesso involgariti e aridi. Per vederla dobbiamo entrare dentro noi stessi e uscire verso gli altri, scendere nel profondo della nostra vita così com’è, nella mangiatoia del nostro cuore, perché anche lì il Signore si lascia deporre. Le tenebre non hanno vinto questa luce che viene nel mondo. Ma non dobbiamo dimenticare che le tenebre continuano a cercare di vincerla, spesso con la stolta complicità degli uomini che la luce della fede e dell’amore la nascondono sotto il moggio o che si lasciano attrarre da “delle piccole luci che illuminano il breve istante, ma sono incapaci di aprire la strada”. Quando manca la luce, “tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male, la strada che porta alla meta da quella che ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza direzione”, scrive Papa Francesco insieme a Papa Benedetto.

È duro camminare nelle tenebre. Lo capiamo quando ci misuriamo con le tenebre delle tante pandemie, che questa pandemia ci può insegnare a riconoscere: la malattia e la sofferenza, la scomparsa di una persona cara che misuriamo proprio a Natale in una sedia che rimane vuota; la violenza che diventa aggressività epidermica, un po’ elettrica, violenza contro le donne o follia banale, indecente per come si mette a rischio la vita ma anche indecente filmarla con i cellulari invece di intervenire per bloccarla; la povertà, con le sue tante e dolorose sorelle, che spingono a farsi stranieri pur di sfuggirle; la guerra, mostro che uccide la vita, quando si ode il rimbombo dei calzari dei soldati e troppi mantelli sono pieni di sangue, come descrive il profeta Isaia, spesso nel disinteresse del mondo.

Le pandemie le capiamo nel volto concreto di una persona, nei suoi occhi. Guardiamo gli occhi e capiremo meglio come qualunque cosa avete fatto ad uno di questi suoi fratelli più piccoli l’avete fatta a Lui. Nell’indifferenza si lascia solo, nudo, affamato, straniero tutto l’universo, il sole che sorge, il Verbo senza il quale nulla “è stato fatto di ciò che esiste”. Ma nell’amore è il mondo intero che è Gesù ad essere amato! A volte le tenebre sono nascoste nel cuore, nelle pieghe dell’anima, come quando il mondo crolla addosso poco alla volta e l’io, che l’idolatria del benessere esalta, precipita nell’abisso della malinconia e della depressione. Sono tenebre che spengono la voglia di vivere e di essere migliori, rendono schiavi di dipendenze e di se stessi.

Ecco allora nella notte e in quelle notti di buio profondo vediamo la luce del Natale, sempre uguale e sempre nuova, che non smettiamo di scoprire perché ci dice “ti amo” per aiutarci a capire chi è Dio, chi siamo noi e quanto siamo preziosi. È una luce che non acceca, non abbaglia come una falsa idea di forza, fosse pure cristiana, potrebbe fare credere. È una luce forte, fortissima, perché più forte delle tenebre; è dolce, tenerissima, umana, possibile a tutti, per tutti, che non allontana ma attrae; non ordina, ma bussa; non fa sentire condannati perché sporchi ma rende puri perché amati; che conosce le nostre imperfezioni e le trasforma perché tutto è bello quando è amato da Dio.

Questa luce non è una entità generica. Ha un nome e un volto: l’Emanuele, Gesù, il Dio con noi che significa anche “io con te” e anche “io con io” perché non scappiamo più da noi stessi e da Lui, perché l’alto ci fa trovare l’altro e anche noi stessi. Dio rischia consegnandosi a noi perché non siamo buoni ma vuole che lo diventiamo. Lui assume il rischio che spesso fa dire a noi: “Non voglio figli”, “Debbo pensare solo a me stesso perché il mondo è troppo duro e difficile”. Dio ama e solo questo vince la paura. È la prima parola che viene rivolta a quei pastori: non temete, non abbiate paura! Questa è la gioia così umana di questa notte, questo pezzo di paradiso, che proprio perché non si impone chiede qualcosa a noi. Lo aveva capito nella pandemia dell’idolatria nazista e poco prima di essere deportata nei campi di concentramento, dove venne uccisa, la giovanissima Etty Hillesum. Lei promise a Dio una cosa soltanto: “Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me” perché “siamo noi a dover aiutare te” e dobbiamo “salvare un piccolo pezzetto di te in noi stessi, mio Dio”.

Ecco chi dobbiamo salvare nelle pandemie, nella marea dell’individualismo che tutto sommerge: Gesù. Lui. È per tutti ma per loro non c’è posto. “Per loro non c’era posto nell’alloggio”. Come non c’era posto? A volte facciamo di questo una colpa proprio a chi resta fuori! La paura, l’egoismo, il pregiudizio occupano tutti i posti, fanno sentire in diritto di farlo, anche quando le case sono mezze vuote e la convenienza stessa indica il contrario. Non hanno posto, non perché non c’è, ma perché non vediamo con amore un forestiero che può diventare un fratello. Quando le porte restano chiuse vuol dire che non c’è amore, non che non c’è posto! Gesù resta fuori e fuori dobbiamo cercarlo.

Il Vangelo non ci lascia alibi: chi non trova posto è Gesù. Quando accogliamo Gesù non prendiamo un problema, un utente da sistemare, un peso, ma l’amore. Quando manca, non perché non ci sia ma perché nascosto in noi o speso alla ricerca di una vita pornografica che lo ruba ma non lo restituisce, tutti finiamo per perdere il nostro valore. Ecco, allora siamo chiamati ad essere pastori. Vegliano perché hanno qualcuno da proteggere, hanno un gregge, cercano il futuro. Non sono gli intelligenti, i sapienti, i ricchi che pensano a sé: hanno cura degli altri. Ecco, a chi veglia e nella preghiera cerca il Signore e difende il gregge, a chi si ferma ad aiutare chi vive per strada, a chi si prende cura e visita un anziano perché non può accettare che resti solo e diventa un angelo che protegge dall’inferno di tanti fantasmi e sofferenze, a chi dona fiducia ad un ragazzo o ad uno straniero non perché buono ma perché lo diventi, ecco a chi si prende cura del prossimo – e tutti possono farlo – parla l’angelo di questo Natale.

Sono io, Gesù. Non avere paura di amarmi e di amare! Io non ho paura di te perché tu abbia fiducia che l’amore vince il male. Sono nato per te e per voi, fratelli miei tutti. Sono fragile perché così non scappi più da me, da te stesso e dalla tua debolezza. Sono povero, perché così capisci quello che ti fa ricco e gioisci di tutto perché trovi quello che conta per davvero. Sono per te e per voi, perché non posso vederti e vederli nella tempesta delle pandemie e la vostra sofferenza mi fa soffrire. Io nasco nel tuo cuore perché non ho paura e perché tu non abbia più paura di amarmi e di amare. Se mi ami anche tu diventi luminoso. Sono piccolo perché tu diventi grande e possa crescere con me e diventare grande di cuore. Aiutami, come sai e come puoi a portare luce nel buio così forte in questa pandemia. Io sono la gloria di Dio che è nel più alto dei cieli ma io sono qui sulla terra, con te e con gli uomini che amo.

Bologna, cattedrale
24/12/2021
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