Messa della Notte di Natale

“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”. Ecco il Natale. Luce. Noi, lo sappiamo, non possiamo vedere il sole: ne siamo abbagliati, ma il riflesso ci mostra la pienezza della sua luce, ci ricordava Paolo VI. Gesù è “il sole che sorge per rischiarare quelli che sono nelle tenebre e nell’ombra di morte”. Gesù è uomo perché possiamo vedere i tanti riflessi della sua luce, che sono anche quelli accesi con la nostra fede, che ci unisce alla luce infinita di Dio. È una luce umanissima e divina, piena di calore, che rivela la tenerezza e la benevolenza infinita di Dio verso la nostra umanità, luce che illumina la grotta del nostro cuore e di questo mondo.

È luce che libera dal buio della violenza e dal cattivismo, buio che rende bruti e vittime del proprio istinto. La luce di Gesù, quella che si manifesta nel suo Natale, illumina l’altro dando sempre dignità, perché senza dignità è chi è violento, con le parole e con l’indifferenza. Luce che illumina anche il profondo del nostro cuore, rivelando il peccato ma liberandoci da questo perché luce di amore. Natale è umanità vera, concreta, carne che non si vergogna della nostra miseria, che ci libera da quel mondo virtuale che confondiamo con la realtà e che si sovrappone a questa creando tante sofferenze.

Il Natale lo vede solo chi affronta le tenebre, chi deve camminare nel buio come Giuseppe e Maria, e chi si mette in cammino perché ha bisogno di luce vera, la cerca, la anela, per sé e per il popolo che cammina nelle tenebre. Giuseppe e Maria camminano nel buio perché non c’era posto per loro! L’egoismo e la paura non lasciano spazio a nessun altro che all’io o a quello che serve a nutrirlo, a farlo stare bene. La felicità individuale non ha mai spazio per gli altri, anzi, ha paura che possano minacciarla.

Il Natale rivela le tenebre che avvolgono il cuore degli uomini tanto da renderli sonnambuli, incapaci di commuoversi per chi soffre, abituati alla guerra, tanto da accettare la solitudine. Il Natale lo vede e lo aspetta chi è nelle tenebre o chi le affronta come i pastori. Chi resta a casa vive una festa che finisce subito, non la felicità della grazia di Dio che porta salvezza a tutti gli uomini e accende la beata speranza della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Natale lo vede chi cerca luce e affronta il buio terribile della pandemia della guerra, della fame, dello sconforto, della violenza e dell’incuria, delle torture. Le tenebre sono quelle che hanno avvolto Yasmine, quella bambina di unici anni che ha perso il fratello ed è rimasta sola per tanto tempo in mezzo a un mare immenso, terribile, angosciante da non riuscire a immaginarlo.

Natale allora non è la festa del benessere, di una speranza a poco prezzo, ma è sofferta risposta a chi è nel buio e a chi lo affronta per cercare la luce vera per sé e per il popolo che cammina nelle tenebre. E si fa male. Natale non è certo facile sentimentalismo per sentirsi buoni e compiacersi di sentimenti che proviamo senza aprire la porta del cuore, senza incontrare e prendersi cura dell’altro. Natale è amore di Dio che chiede agli uomini solo di farsi amare e di imparare ad amare, per il quale combattere le tenebre della forza e della violenza. Dio si fa nostro prossimo perché impariamo ad amare tutti come prossimo e non a vederlo come un disturbo, una minaccia, un intruso. Natale è la speranza di Dio per ognuno e per il mondo. Gesù ha speranza che “ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco”.

È la speranza della pace nei cuori, nelle mani, nelle menti, tra i Paesi. Ha speranza perché ama e porta l‘amore che muove il sol e le altre stelle e diventa nostro, dentro di noi, riverbero della bellezza che rende bella ogni cosa, amore chiede amore. Non cerca altro. La sua debolezza ci aiuta a ritrovare l’interiorità, anima, il cuore, la profondità, non la psicologia, l’apparenza, la vanità, le cose. Chi vede Gesù inizia ad aprire di nuovo gli occhi del cuore, gli unici che vedono bene la realtà, non la fantasia di un mondo virtuale, ma ciò che è nascosto nella vita vera. Senza non vediamo nulla, navighiamo in superficie, di corsa, “senza sapere alla fine perché”, diventiamo consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza”. Il Natale ci fa ritrovare il cuore, il cuore di questo mondo. Il cuore si trova solo con il cuore, l’amore si trova solo con l’amato.

Solo così ci liberiamo dall’individualismo, da un mondo senza cuore perché dominato dal narcisismo e dall’autoreferenzialità. “Si diventa se stessi solo quando si acquista la capacità di riconoscere l’altro, e si incontra con l’altro chi è in grado di riconoscere e accettare la propria identità”.

Prendiamo Gesù con noi, con umiltà e gioia, con tenerezza e umanità. Santa Caterina nella notte di Natale del 1445 era provata da una tristezza indicibile, da grande amarezza, tanto che giorno e notte piangeva, sì che ogni consolazione era motivo di maggior tristezza più che di gioia. Pregava. I santi non sono i perfetti, ma chi cerca e ama e quindi sperimenta la propria fragilità. Mille Ave Marie, cioè pregava con insistenza. La preghiera ci fa sentire la presenza di Gesù.

Le apparve la Vergine Madre Maria, che le porse con grande benevolenza il Bambino perché lo prendesse in braccio! Se lo strinse fra le braccia, mettendo il volto sopra quello del dolcissimo bambino Gesù e provò tanta soavità e dolcezza che le sembrava di sciogliersi come cera al fuoco. Ecco il Natale che desidero per tutti: spirituale, cioè nel cuore, nel profondo dell’interiorità ma che vuol diventare corpo con la nostra vita. Prendiamo quel bambino e stringiamolo a noi con affetto, amiamo il suo fratello più piccolo visitando il malato, dando pane di amicizia a chi ne ha fame, aprendo le porte chiuse di tanti luoghi non visitati, accogliendo chi è forestiero, vestendo chi è spogliato di dignità e cura.

“Colui che sostiene il mondo intero giaceva in una mangiatoia. Il grembo di una sola donna portava colui che i cieli non possono contenere. Maria sorreggeva il nostro re, portava colui nel quale siamo, allattava colui che è il nostro pane. O grande debolezza e mirabile umiltà, nella quale si nascose totalmente la divinità! Sorreggeva con la sua potenza la madre dalla quale dipendeva in quanto bambino, nutriva di verità colei dal cui seno succhiava. Ci riempia dei suoi doni colui che non disdegnò nemmeno di iniziare la vita umana come noi; ci faccia diventare figli di Dio colui che per noi volle diventare figlio dell’uomo” (S. Agostino, Dis.184).

Bologna, Cattedrale
24/12/2024
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