Messa in ricordo del 10° anniversario della morte di Giovanni Bersani

Il Signore ci aiuta sempre a capire cosa è importante e cosa non lo è, il grande e il piccolo. Non distinguerli ci può fare male, perché spinti a cercare la nostra grandezza nell’affermazione di sé. L’ultimo sarà il primo e il più grande è colui che serve, ci dice Gesù. E Lui indica una vita bella, piena, forte, liberandoci dal cercare la gioia nell’affezione a se stessi. Lui, il più grande, ci dà l’esempio lavando i piedi ai discepoli, perché non ci vergogniamo più di farlo, visto che lo fa Lui e anche per toglierci qualsiasi giustificazione per non farlo. Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda. Proprio lì nascerà il più grande. Non a Gerusalemme, ma dobbiamo andare fuori, nella sua periferia. Quanta fatica farlo, credendoci il centro di tutto, e quanto facilmente giudichiamo senza importanza, e senza significato quello che non si impone, assecondando invece l’idea che la forza, corteggiando chi si pensa il centro, possiede e non regala, giudica e non ama!  Solo a Betlemme troviamo la speranza per avere futuro, per cercare di abitare sicuri, quando Egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra.

“Egli stesso sarà la pace!”. C’è solo un modo per capirlo, farlo nostro, seguirlo: Nel rotolo del libro “per fare, o Dio, la tua volontà”.  Chi compie la sua volontà e crede nell’adempimento genera vita, si affranca dalla paura della vita, si mette in movimento. Maria non lo fa perché ha capito tutto ma solo perché non ha nessuna risposta. Ella cerca questa sua parente per ascoltare, per vedere, per essere aiutata. Anche Maria ha bisogno di una sorella, come Gesù di Giovanni Battista che lo battezza e gli prepara la strada nel deserto. Ricordiamoci che tutti noi possiamo, con la nostra vita, possiamo aiutare l’altro nella sua ricerca e Gesù ad essere conosciuto, riconosciuto nella vita delle persone. La santità aiuta la santità, è circolare. È questo un motivo in più per essere santi, cioè pieni dell’amore di Dio. Il Vangelo mette in movimento.

Se restiamo fermi vuol dire che non abbiamo ascoltato, che non ci siamo fatti toccare il cuore. Il Vangelo accende il cuore con la speranza, perché è venuto, non serve cercare altre sicurezze perché abbiamo la sicurezza; non vale la pena il tranquillo aspettare per vedere come va a finire, perché è già con noi. Lui si lascia prendere da noi! Lui chiede di fidarci, ma Lui per primo si fida di noi. Sono due donne che non hanno visto nulla, nessun risultato, nessuna evidenza rassicurante, anzi, tante preoccupazioni circa il giudizio degli altri, ma hanno accolto nella loro vita la vita. Hanno speranza, lasciamo spazio alla vita, perché la speranza ci fa trovare la vita e vivere pienamente quella che abbiamo.

La beatitudine di Maria è possibile a tutti, anzi, è l’unico modo per vivere il Vangelo. “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Avvenga a me secondo la tua parola. Non è rinuncia ma scoperta. Quando siamo nel buio vedere la luce non è rinunciare a delle opportunità ma trovare finalmente un cammino, anzi, il cammino. Sono in attesa, come si dice. Ma, in realtà, già vedono il frutto che portano nel grembo. Ecco il segreto della vita, della speranza che portiamo nel cuore, quella di ogni uomo e per ogni uomo.

Chi aiuta? Elisabetta aiuta Maria, confermandola con le parole della felicità, che libera quindi dalla paura: beata! Le indica la sua forza: credere nell’adempimento della parola. Maria aiuta Elisabetta, anziana, perché in lei tutto sussulta in grembo e sente già il frutto che porta con sé. L’amore fa compiere il primo passo verso l’altro e diventa una circolarità di comunione, di speranza che accende e rafforza la speranza. Tutta la vita è un’attesa e una preparazione, perché non vogliamo morire. Avvento e pienezza. Anche il contrario. Vediamo, contempliamo la pienezza.

L’oggi ci aiuta a capire il non ancora, quello che non finirà. Certo, siamo un mondo senza attese, contenti di mantenere l’esistente, poco cercatori di futuro perché ciò richiede fantasia, sentire il freddo e il caldo, vedere quello che ancora non c’è. Bersani lo ha fatto tanto: è stato un uomo dell’avvento, e anche nella sua lunga vita non ha mai smesso di aspirare al futuro. C’è bisogno di essere nuovi e con uno sguardo nuovo.

Saper cercare quello che non esiste, accettare le grandi sfide amando il campanile e le piazze, ma anche capace di confrontarsi con la grande piazza del mondo, sentendosi a casa nelle situazioni di ingiustizia e di disequilibrio. Bersani non ha mai smesso di sentire come sue le cose piccole e quelle grandi, La Somalia era casa sua e l’Africa era l’orizzonte della sua politica. Aveva una visione unitaria, europea e mondiale. Bersani costruiva l’Europa partendo dal basso, unendo le aspettative concrete del locale con la prospettiva europea, ma anche dall’altro, con quella grande visione che voleva un futuro per l’Africa e per l’Europa finalmente alla pari e sempre insieme.

Qual è oggi il posto dell’Europa? Possiamo indebolirla rendendola un condomino, più preoccupati di prendere che donare, senza anima umanistica, quindi molto cristiana, ridotta a felicità individuale e quindi esposta a qualche banditore di sicurezze. Anche a costo di affermare il sovranismo nazionale, piuttosto che cercare la sovranità multilaterale della patria europea? Giovanni Bersani aveva capito la centralità dell’Europa sociale, non solo quella economica, e soprattutto quanto è decisivo per l’Europa collegarsi all’Africa e al Terzo Mondo. L’amore per la persona ha rappresentato la sua scelta ed è la lezione che oggi, ridotti ad individui e così poco attenti all’io e al noi, Bersani ci affida.

Diritto al lavoro e alla casa. Solidarietà per tutti e senza classifiche, visione per il futuro che anche quando era centenario sapeva sognare e indicare, perché non si può vivere senza visione. Non dimentichiamola, altrimenti le attività, anche sociali, diventano amministrative, perdono il senso, la passione. Visione e tanta concretezza perché i sogni, ripete spesso Papa Francesco, si fanno di giorno e a occhi aperti. Vorrei concludere con una meditazione di Giovanni Bersani sulla pace, così attuale tanto che ci ricorda il perché dello sforzo per la pace di un uomo che aveva molto chiaro cosa è la guerra.

E non ne aveva dimenticato la tragica lezione di morte, scegliendo, da cristiano, di difendere la giustizia sociale e la persona qualsiasi essa sia, dandole dignità dal suo inizio alla sua fine. «La “costruzione” della pace, nella sua accezione più ampia, resta di gran lunga il massimo problema dell’umanità. In tale prospettiva non poco è stato fatto, ma tutti ben comprendiamo che occorre fare concretamente di più. Tutti, ad ogni livello, ne siamo coinvolti. Ciò è ancor più vero oggi, considerati i sempre più micidiali strumenti di aggressione e di morte. La pace non ha veramente alternative» (G. Bersani, Costruire la pace. L’Europa e le sfide della pace, Bologna, Edizioni Conquiste, 2005).

«Lungo gli anni ci siamo sempre più convinti che ha un senso relativo impegnarsi a combattere le ingiustizie tra di noi – di cui sono ormai componente importante le lavoratrici e i lavoratori extracomunitari – senza estendere contestualmente l’impegno di solidarietà e di lotta contro le ingiustizie, le miserie e le guerre a livello internazionale» (dall’intervento ai festeggiamenti promossi dal MCL per il suo 80° compleanno). «La pace resta una necessità assoluta, su cui incombono minacce estreme. […] Io credo che Iddio sia il Signore della storia e il costruttore eterno della vera pace. Ho anche ben presente che nel disegno provvidenziale, a cui gli uomini sono chiamati a collaborare sotto la loro personale responsabilità, è iscritta l’altissima esortazione a lavorare con tutte le proprie forze per “costruire” con azioni concrete la pace: un impegno che da Dio tragga ispirazione e confidi sempre nella Sua misericordia» (G. Bersani, Costruire la pace. L’Europa e le sfide della pace, Bologna, Edizioni Conquiste, 2005).

Il Signore ci doni di costruire la pace come degli artigiani appassionati perché attraverso la nostra vita tanti possano riconoscere oggi la presenza di Gesù e aprirgli il cuore, amarlo e difenderlo.

Bologna, chiesa della Santissima Trinità
21/12/2024
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