Messa di Natale per la Guardia di Finanza (Roma)

Natale non è una parentesi di benessere spirituale, attraente e inefficace, una festa che ignora il festeggiato, come avrebbe detto il Cardinale Biffi. Un Natale così, come tante emozioni anche importanti, lascia la vita uguale, riempie di amarezza, confonde spirituale con sensazione.

Guai ad una dimensione spirituale superficiale, tutta legata al mio sentire, ridotta a stabilizzatore di umore, a narcotico per andare avanti pensando che ignorare i problemi significhi risolverli. Certo, guai anche ad una dimensione spirituale ridotta a idea, a formula, a spiegazione, ad un assoluto che non entra in relazione con l’umiltà delle nostre povere persone, anzi fugge da questa come se santo significasse essere fuori dal mondo.

Dio si incarna conoscendo la debolezza della nostra carne e versa il suo tesoro in vasi di creta!

Ecco la bellezza tutta umana e tutta divina del Natale, avvento di Dio tra gli uomini, mistero della vita che si rivela nella fragilità. Non ci costringe a vedere qualcosa che non esiste, o che è fuori dal mondo, anzi fa entrare anche noi nella nostra umiltà, quello che siamo, e da cui facilmente scappiamo o della quale ci vergogniamo. Gli uomini cercano super uomini e un Dio che risolva tutto e non chieda niente. Dio genera uomini nuovi e veri e chiede quello che serve a Lui e a noi: amore. Ecco la tenerezza straordinaria e sempre nuova del Natale, che anche il consumismo più aggressivo – il peggiore è quello che svuota di vita vera e nasconde la nostra drammatica e affascinante condizione umana – non è riuscito a spegnere. Non una vita fuori dalla vita ma dentro. Non tutto bello, ma luce nelle tenebre, amore nel non amore della chiusura e dall’inaccoglienza di Betlemme. “Venne tra la sua
gente e i suoi non lo hanno accolto”.

Viene la luce, ma le tenebre cercano sempre di spegnerla. Allora e oggi. È il dramma del male con cui ci isuriamo. Il fascino del Natale ci fa sentire amati ma ci chiede anche di scegliere la luce, di accoglierla, farla nostra, prenderla sul serio accettando la proposta umanissima di chinarci sul piccolo e in questo vedere quello che conta, sentire l’amore di Dio e renderlo amore umano con il nostro cuore. Noi contiamo i giorni a partire dal Natale. La vita nostra cambia quando avviene questo incontro, qui, intimissimo, che illumina la notte del dolore e apre gli occhi sulla vita. Natale ci aiuta a capire l’essenziale, quello che conta e quindi anche quello che non conta. Finalmente vediamo l’essenziale, l’invisibile che rende bello tutto il visibile, perché si apre il cuore!

La sua non è una vita da prestazione, da competizione, che ha valore se si afferma e si perde quando
non riesco più a garantirla. Il valore della vita è sempre uno solo: l’amore, non dichiarato, non esibito, ma vero e reale. Se sai amare. Impariamo di nuovo a farlo a Natale: non smettiamo di imparare.
Quest’anno sono 800 anni dal primo presepe a Greccio. “Vorrei rappresentare il nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato”.

La tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, che si abbassa alla nostra piccolezza. È un appello a incontrarlo e a servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi. Lo fa Dio e noi no? Il mondo non ha bisogno di fenomeni, ma di persone buone, che riflettono la vera luce che
rende tutto fenomenale: l’amore. “Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza (cfr. Lc 1,79)”.

La gioia è il vero dono di Natale. La gioia di regalare qualcosa per scoprire l’essere prossimo e che l’altro è il mio prossimo. La gioia che la vita è nostra se la regaliamo per amore. Il mondo è dominato dalle paure e dalle incertezze, tutto sembra negativo, la gente ha bisogno di anestesie per
vivere. Prepariamo il Natale con dei regali, che siano personali, alle persone che abbiamo vicino, ma vorrei che tutti avessimo il profumo dell’amore e lo testimoniassimo. E poi regaliamo un gesto di aiuto, un perdono, tempo, qualcosa a chi non ha niente da darci in contraccambio, vero regalo che
genera vita e mette in pratica la scelta di Dio: amare. È fortissimo. Solo questo spiega il motto nec recisa recedit!

Natale realizza l’invito che Gesù ci ripete quando siamo nella stanchezza e nell’oppressione. Non aspetta che glielo chiediamo! Ci conosce! Ci libera dalla vergogna di chiedere e dalla paura del giudizio. “Venite a me e io vi darò ristoro. Nell’incertezza il suo giogo ci fa sentire amati, legati noi a Lui ma anche Lui a noi! È amore, debole e fortissimo come è l’amore, perché il ristoro della vita, cioè la luce, non si trova da soli. Non lo rubiamo, il ristoro: lo troviamo solo amando, in due. E questo è un giogo leggero e dolce, mentre il giogo che ci rende prigionieri di noi stessi ci riempie di confronti, di rancori, di paure.
L’amore è anche compiere il proprio dovere, anzi viverlo come servizio agli altri, alla solidarietà, alla giustizia, contribuendo tutti, in proporzione alle proprie capacità, al bene comune del nostro Paese e dell’Europa, e attraverso questi al mondo. “Il patto fiscale è il cuore del patto sociale. Le tasse sono anche una forma di condivisione della ricchezza, così che essa diventa beni comuni, beni pubblici: scuola, sanità, diritti, cura, scienza, cultura, patrimonio. Certo, le tasse devono essere giuste, eque, fissate in base alla capacità contributiva di ciascuno, come recita la Costituzione italiana (cfr. art. 53). Il sistema e l’amministrazione fiscale devono essere efficienti e non corrotti. Ma non bisogna considerare le tasse come un’usurpazione. Esse sono un’alta forma di condivisione di beni, sono il cuore del patto sociale.

Oggi, Santa Lucia, capiamo cosa rende la vita, anche nelle tenebre, piena di luce. Qualche volta si può pensare che sia inutile, può sembrare che sia una battaglia perduta e che l’Erode dell’egoismo, di quell’egoismo che diventa mafie e potere di corruzione, spenga la piccola luce dell’onestà, del
vivere senza altro interesse che non sia quello di tutti. Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta. C’è troppa solitudine, oscurità che spegne la vita, fa precipitare nell’abisso della disperazione,
cancella il gusto della vita e ne nasconde la bellezza. Perché senza luce non si può vivere. Veniamo alla luce e andiamo verso la luce. Dare luce significa dare amore. Ecco il buon Natale.

Roma, caserma Sante Laria
13/12/2023
condividi su