Ringraziamo il Signore. Lo facciamo poco perché poco sappiamo riconoscere i doni ricevuti. Non che non ne abbiamo: non li sappiamo vedere. E, poi è sempre vero che ringrazia poco chi ama poco, chi si riempie di recriminazioni e lamenti. Pensiamo di non avere perché cerchiamo di possedere, invidiamo i doni degli altri e non vediamo i nostri, cerchiamo altre cose ritendendole importanti, ci affanniamo per avere quelle che crediamo ci diano forza, prestigio, sicurezza, mentre spesso ci fanno male, sono vane, inutili. Dio ci sta vicino con amore e con tanti riflessi di questo, ma per accorgersi di Lui è necessario aprirgli il cuore, amare e non possedere, ascoltare e non parlare sopra, fermarci e non correre, guardare il prossimo e non cercare sempre solo la nostra immagine. Ecco la grandezza di Madre Costanza Zauli.
Ringrazio Dio per il suo carisma e per questa sua comunità che arricchisce la Chiesa tutta e in particolare la nostra Chiesa di Bologna. La santità non è mai uguale ed è sempre la stessa, perché amore divino e umano. È la stessa per don Giovanni Fornasini, coraggioso di fronte al male terribile della guerra e della violenza; per Padre Marella, padre dei piccoli e angelo della solidarietà, che coinvolgeva tanti a fare qualcosa per chi non aveva nulla. È lo stesso amore di Dio, spirituale e per questo molto umano. Lei era guidata dal Signore verso le vie mistiche altissime e, per queste, come i grandi mistici ha dovuto soffrire, sperimentando la notte della sofferenza, la lotta contro il mistero del male.
Mistico non significa fuori dal mondo, ma dentro, nel profondo del mondo, della storia, nelle pieghe più nascoste. Durante la prima Guerra Mondiale fu infermiera, sempre dedicandosi all’adorazione Eucaristica. I soldati la chiamavano mamma, ma lei era figlia e sposa di Gesù e questo era il suo segreto. L’adorazione era il cuore la sostanza della sua vita, immedesimandosi all’istante in Gesù, sempre con tanta semplicità umana. Ella, dicono le fonti, possedeva “amore, pace, gioia, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, tutte virtù frutto dello Spirito”. Diceva: “La vera libertà è quella di chi si dà in balia dello Spirito Santo”.
Era sempre serena, in maniera inalterata pur ricca di esperienze, di sofferenze fisiche e spirituali. Ricorda la perfetta letizia di S. Francesco, nelle prove più dure sapeva vedere e accogliere continuamente la “bella e sempre amabile volontà di Dio”. In un momento critico durante la guerra, nascosta nel rifugio sotto un terribile bombardamento, esclamò: “Com’è bello questo momento”. E alle figlie meravigliate di udire che era bello quello che stava avvenendo ella rispose: “Perché me lo presenta il mio Dio. Almeno noi diciamo che è buono. In questo momento nessuno glielo dice!”. La fonte della sua fiducia era quello che aveva ascoltato da Gesù: “Farò tutto io!”. E a Lui si affidava.
Divo Barsotti nella sua testimonianza per Madre Maria Costanza disse: “Era giunta ad un’unione trasformante, in cui l’anima è tutta affondata nella luce che l’abbaglia e non riesce a definire ciò che comprende: è quasi la visione divina, solo un velo la separa dalla visione beatifica!”. Era una fondatrice, con i rischi e le paure di cominciare qualcosa di nuovo, ma sempre con radicale umiltà. “Deus caritas est” era il motto che Madre Costanza aveva scelto per la sua opera. Ed è questa la verità che ha illuminato e compenetrato tutta la sua esistenza. “Ecco qui devo trovare il mio paradiso. Non posso dubitare dell’amore di Dio e della sua bontà e senza nessun timore rinnovo il mio atto di abbandono in Lui”. Ecco cosa significa essere piccoli, bambini nell’anima che scoprono la gioia di un padre e di uno sposo. “Davanti al mondo: Inginocchiati e adora! Perché tutta la chiesa è impegnata nell’evangelizzare Cristo al mondo”. Nel nascondimento ma nell’essenziale che cambia i cuori e la storia, nel piccolo che arriva ovunque.
Quanto è vero che “non è bene che l’uomo sia solo”. Questa è la sua volontà. E il primo che non lascia soli è Lui, ancor di più quando siamo nell’abisso dello sconforto e della solitudine più grande, quella del dolore e della morte. È sempre un Padre commosso cui affidare la nostra vita, che ci scorge da lontano e non resiste, ci corre incontro, un amore che si fa trovare quando lo cerchiamo, un innamorato che non aspetta altro che gli apriamo la porta e non si stanca di bussare per poter, finalmente, stare con noi. Dio si accorge e non vuole che l’uomo sia solo. Non risponde ad una richiesta di Adamo, ma si accorge che la solitudine fa male, anche quando ci abituiamo ad essa, o crediamo sia una forza o pensiamo di poter vivere senza gli altri. Dio stesso non vuole essere solo, crea l’uomo perché, come sappiamo, Dio è comunione.
Sa che abbiamo bisogno di qualcuno per essere noi stessi, di un altro in cui specchiarci, da riconoscere per riconoscersi ed essere riconosciuti. Paolo Ricca notava come Dio crea la donna nel sonno, come a dire che l’uomo non c’entra nulla e che l’uomo e la donna sono uguali in una perfetta e miracolosa reciprocità. Essi non provano vergogna perché sono una cosa sola, non c’è la divisione tra loro. Ecco cosa significa per noi quell’amore che Gesù viene a proclamare definitivamente con la nuova Eva, che è Maria, e con il nuovo Adamo, Gesù: un’unità piena, senza diaframmi, senza paura. La sposa del Cantico dei Cantici esclamerà: “Il mio amato è mio e io sono sua […] Io sono del mio amato e il mio amato è mio” (2,16; 6,3). È quella comunicazione umana piena di amore che unisce le persone tra loro e ci permette di scoprire il mistero di Dio. Sono gli altri che ci spiegano chi siamo! E senza gli altri non lo capiamo più e non riusciamo a trovarci, anche se perdiamo molto tempo per noi. Cosa significa accogliere il Regno come un bambino se non pensarsi insieme, sentire l’amore e amare?
I discepoli rimproverano chi porta i bambini. Ci vuole poco a trattare male i piccoli, che sono i poveri, i fratelli piccoli del più grande che si è fatto piccolo, che ama la nostra in realtà povera vita. Ci vuole poco a umiliare, a guardare con insolenza, a far sentire un peso, uno scarto, ad allontanare per non disturbare. Lo possiamo fare con rozzezza, con violenza, a volte con odio frutto di ascolti che hanno instillato l’inimicizia e seminato l’incomprensione e l’ignoranza. Ci vuole poco, come sappiamo, a farli passare come “birboni” coloro che non si possono difendere, chi è inferiore, o è creduto tale. Gesù rovescia la classifica e mette al primo posto loro, quelli che invece erano considerati gli ultimi.
Non danno fastidio ma sono accolti, e l’accoglienza che ci viene richiesta ci fa scoprire il Regno di Dio. Come spesso avviene, quelli che sono giudicati e condannati sono proprio loro i primi, cioè le prostitute, i pubblicani, gli stranieri. La supponenza dei discepoli che rimproverano chi cerca protezione e affetto, attenzione e cura, è la cultura del respingimento, il volgare “prima io” a tutti i costi, che è il contrario dell’accoglienza. Gesù accoglie e ci fa vedere come fare: mostrando affetto, gioia, tenerezza, protezione, insomma amore, quello che i piccoli cercavano e che i grandi non sanno riconoscere o a cui erano disinteressati.
In questa casa di adorazione e contemplazione, dove l’amore si dilata e il tempo è come sospeso tra il presente e il futuro, adoriamo Gesù, cerchiamo la sua compagnia per trovare noi stessi e per scegliere di riconoscerla nel nostro prossimo, da adorare con amore. L’uomo vuole sempre vedere qualcosa, che accada qualcosa. Vuole tutto ciò fino alla manìa, e se non ce l’ha diviene inquieto e corre a cercarla. Cerchiamo il volto di Dio: Egli è Colui che è, mettiamoci davanti a Lui, semplicemente perché Lui lo vuole. Papa Benedetto XVI ricordava come adorare il Dio di Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito. Ci prostriamo dinanzi ad un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà vero senso alla vita, all’immenso universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza.
Quando siamo nell’adorazione inizia già l’eternità, che ci apre interamente al mondo e al prossimo, dice Lohfink. Chi adora si ferma con il povero. Non c’è differenza anzi, una deve nutrire l’altra. È l’esperienza di Madre Zauli: fermarsi davanti all’Eucarestia e contemplare l’umanità tutta. Scriveva don Oreste Benzi: «Mentre prego io mi distraggo molto, ma non mi scoraggio; penso sempre a mia mamma, quando mi teneva in braccio e io dormivo. Quanto ero felice! Non è che Dio gusti le mie parole, gusta il fatto che io ho scelto di stare davanti a Lui. Dopo sto tranquillo perché ho la certezza che il Signore attira tutti a sé e dalla preghiera Lui ci fa passare alla contemplazione. Posso così arrivare a cogliere qualcosa di più del mio Dio. E quando ho finito di pregare non dico: “Oh, che bello che sono stato attento e che ho capito”. Con San Francesco, amico dei poveri perché amico di Cristo, semplice e profondo, mistico, contemplando la Sua presenza, rapiti da Lui, preghiamo così Gesù: “Tu sei santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose. Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo, Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra. Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi, Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero. Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza, Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza, Tu sei giustizia, Tu sei temperanza, Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza. Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore, Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio. Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore».