In questi giorni abbiamo contemplato il mistero della vita, la vita che era la luce degli uomini, “quella luce che è venuta nel mondo” (Gv 1,19), che “illumina ogni uomo” e riflette la gloria di Dio. È la nostra fede, ben diversa dall’aver capito tutto o trovato una spiegazione su tutto. Non a caso se non diventeremo come bambini non entreremo nel Regno dei cieli! Capiamo e vediamo con gli occhi della nostra mente e del nostro cuore, quelli che, non dimentichiamolo, fanno vedere l’essenziale! Sono quelli che attivano la ragione! Nell’enciclica Lumen Fidei, scritta a due (quattro!) mani, Papa Francesco ci ricordava il carattere di luce proprio della fede, frutto dell’incontro con il Dio vivente che ci chiama e ci svela il suo amore. “Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi” (LF 4).
Essa diventa luce che orienta il nostro cammino nel tempo e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione. La fede è luce per le nostre tenebre. Dante la descrive come una “favilla, / che si dilata in fiamma poi vivace / e come stella in cielo in me scintilla” (Par XXIV,45). “Con la fede noi possiamo toccarlo, e ricevere la potenza della sua grazia”. È una luce interiore, nell’io profondo, quello che spesso ignoriamo o curiamo davvero poco (il silenzio, la preghiera, l’ascolto della Parola e del profondo di sé), attenti invece alle apparenze, alle emozioni superficiali, incoraggiate e interpretate dai tanti professionisti che le enfatizzano e le producono. La luce della fede è così diversa dalle luci del mondo, che tendono a non far pensare, preoccupate di far dimenticare e di cancellare il buio e illudendo di risolverlo senza combatterlo. Gesù è Dio e uomo e ci aiuta a “vedere” la sua gloria infinita che non possiamo comprendere, ma che si manifesta tutta nell’amore umile, gratuito, che illumina il nostro destino altrimenti inspiegabile e dolente. È luce e gloria di amore che ci aiuta a vedere oltre il limite della vita e anche a capire e a rendere bella la vita stessa.
Quello che non vediamo esiste e la fede ci aiuta a conoscerlo! Quando sentiamo l’amore di Dio per la nostra vita, cambia tutto e quando viviamo l’amore di Dio con i fratelli e le sorelle vediamo riflesso in esso quello divino. Credere significa amare Gesù e gli altri, cioè il prossimo. Solo così si “conosce” Gesù. È un amore circolare, “gli uni gli altri”: non si prende senza dare, ma anche il contrario, non si dona se non si riceve. “Amatevi gli uni gli altri. Tutti siamo chiamati ad amare, tutti possiamo farlo e tutti sono da amare. L’apostolo ci mette anche in guardia: non tutto viene da Dio, perché il male, ed è quello più insidioso, si nasconde proprio nell’amore, ingannandoci nel modo peggiore perché sporca ciò che abbiamo di più umano e santo, tanto che arriviamo a chiamare amore quello che non ha niente a che vedere con l’amore, “perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo”. Confrontarci con Cristo ci permette di riconoscere se è vero o no.
Come le macchinette che riconoscono le banconote false, confrontarci con Cristo ci rivela l’inganno! Pensate che qualcuno arriva ad uccidere per amore, ma il problema inizia prima, perché pensa che amare sia possesso, forza, imposizione. I falsi profeti, l’Anticristo, vogliono un cristianesimo senza croce, ma anche la croce senza resurrezione; svuotano il Vangelo della sua radicalità evangelica, relativizzando la verità per non contraddire o contrapporsi, ma anche per contrapporsi senza dialogo, pensando così di difendere la verità, riducendo il Vangelo a morale e non ad un incontro, ad una relazione, a esperienza vissuta. I falsi profeti fanno del Vangelo pura azione umanitaria, rendono Gesù un’entità indistinta e amorfa perché il tu sembra troppo diretto e fastidioso per l’individualista che cerca solo rassicurazioni e tranquillità. I falsi profeti riducono Dio al proprio intimismo, ma anche in un giudice lontano, che condanna e di cui non capiscono l’amore che abbraccia. Falso profeta è chi riduce il Vangelo a principio ispiratore, distante e non scomodo, chi non guarda con simpatia immensa il prossimo e crede che ciò significhi perdere identità e chiarezza, dimenticando che Gesù ama senza corrispettivi, fa sempre Lui il primo passo, regala fiducia, guarisce non perché il malato ne fosse degno, o il discepolo avesse chiaro tutto, ma perché il suo amore è la verità.
Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e in un’ombra di morte una luce è sorta. Per questo Gesù predica “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino”. Gesù non deve ossessivamente chiarire tutto, come i farisei che sanno vedere solo la pagliuzza e non sanno gioire della misericordia, ma va ovunque guarendo a tutti ogni sorta di malattie e di infermità, perché tutti possano incontrare personalmente il suo amore. Ne abbiamo un segno qui oggi dove ricordiamo le vittime strappate alla vita. Gesù non dimentica nulla, perché ama tutta la nostra vita, anche quelle parti che noi non conosciamo o non possiamo capire, tanto che conta perfino i capelli del nostro capo! La cosa peggiore è dimenticare, sentirsi dimenticati. Quanto è doloroso esserlo in vita e quanto ci amareggia pensare che avvenga dopo di noi! Diciassette persone e le loro famiglie, vittime del disastro ferroviario della Bolognina, del quale oggi, 7 gennaio, ricorre il ventesimo anniversario.
Ci servono momenti e luoghi della memoria. È un impegno il ricordo di tutti che fa onore alla vostra città, perché le parole pronunciate non restino di circostanza e di facile condoglianza, ma diventino un preciso impegno e comunità di destino. Impariamo a fermarci, a raccoglierci in un momento intimo di riflessione e di memoria, per non consumare le storie, le emozioni, per nutrire l’interiorità, per condividere il dolore e le speranze. Le lezioni della vita, a volte così severe, devono servire perché non si ripetano più. La prevenzione, pensate agli incidenti stradali e soprattutto a quelli sul lavoro, una strage permanente, viene attuata se impariamo dalle dolorosissime lezioni di morte. Dobbiamo scegliere prima, non solo dopo.
Peggio ancora se non lo facciamo nemmeno dopo! Dobbiamo combattere il male che si insinua nell’ordinario, a volte prevedibile, come i cosiddetti mali annunciati, altre volte incredibile e imponderabile. Portiamo con noi il dolore dei parenti e lo facciamo nostro, anche a distanza di anni, come quello dei sopravvissuti, con ferite nel corpo e nel cuore. Ferite che durano per sempre perché per chi ama i giorni finiscono il giorno in cui finisce l’amato. La morte casuale riempie di perché, di se, che diventano domande atroci, senza risposta, a volte dubbi laceranti. I ricordi ci accompagnano, la preoccupazione è sempre su cosa sarà dopo quando anch’io non ci sarò più. A volte chiedono silenzio o altre parole, sofferte, meditate, vere, altrimenti sono retoriche e danno fastidio, fanno male. Noi conserviamo i loro nomi, ricordando che questi significano – e i parenti lo sanno bene – tutta la persona, quel segreto che è la loro vita, i tratti, insomma, di quell’originale unico che è.
Le vittime le sentiamo tutte nostre. Certamente abbiamo capito la necessità di sistemi di sicurezza, i ritardi nel realizzarli, e quanto è indispensabile non rimandare, non perdere tempo e non aspettare. O pensare stoltamente che tutto andrà bene. Il loro ricordo così è il nostro passato ma è anche, soprattutto per chi crede, il nostro futuro. Il loro ricordo ci proietta a scorgere il limite della vita che è avanti a noi, oltre il quale essi sono andati, mistero che l’amore di Cristo, e la nostra fede permette di penetrare. È la risposta del perché Dio viene sulla terra e dove sta, l’Epifania di quell’Astro del ciel che dona luce alle menti e che la pace infonde nei cuori, ancora di più a chi è ferito dal male. L’amore lo pensa! E combatte il male e così amore diventa prevenzione, sistema.
Dio della vita, a noi cercatori di speranza insegnaci l’umiltà di amare senza calcolo e convenienza, solo per amore, perché solo donando la vita si trova e non finisce. Con la tua luce eterna di amore infinito, Gesù continua ad aiutarci a riconoscere il tuo natale sulla terra per capire come la nostra vita nasce al cielo.