messa funebre di don Felice Contavalli

Bologna, Chiesa di San Donato

“Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: ‘Vedi come l’amava’” (Gv 11,35-36). Poche frasi del Vangelo sono così capaci di toccarci il cuore e di emozionarci, come questa. Testimoniando l’abbondanza delle sue lacrime, ci rivelano quanto fosse forte in Gesù il senso dell’amicizia e quanto fosse acuta in quel momento la sua pena.

Certo il Figlio di Dio piange anche sul triste destino che tocca a tutti i figli di Adamo, condannati a subire senza eccezioni il castigo della morte. Piange dunque su tutti noi.

Ma prima di tutto piange per la perdita di una persona a lui cara. E così ci incoraggia e ci dà un po’ di conforto in quest’ora di sofferenza nella quale, pensosi e mesti, ci stiamo rendendo conto di quanto sia grave e dolorosa per noi la perdita di don Felice Contavalli.

Personalmente, credo di poter dire con verità che non ho perso soltanto un collaboratore prezioso, un sacerdote buono e fedele: ho perso anche un amico.

Don Felice non era uomo dai complimenti facili e dalla parole troppo carezzevoli. Eppure è riuscito a farmi sentire – nei rapidi e rari colloqui – il suo affetto e la sua simpatia.

Sotto un po’ di ruvidezza esteriore, nascondeva un animo sensibile e grande. Aveva anzi un temperamento di artista, che arrivava anche a esprimersi in composizioni di autentica poeticità, e in disegni e varie opere figurative eloquenti e originali.

Ma soprattutto era un uomo di Dio, che ha servito il suo Signore con una fedeltà senza eclissi e ha amato la Chiesa con un amore operoso e senza retorica.

Ordinato presbitero dal cardinal Nasalli Rocca nel 1948, dopo una prima esperienza pastorale a San Silverio di Chiesa Nuova, venne qui a Monte Donato – a Iola, come si denominava allora la parrocchia – nel lontano 1951, e non se ne allontanò più. E’ stato un pastore generoso e tenace, che ha voluto bene sul serio al popolo che gli era stato affidato; quel popolo che adesso lo rimpiange ed è afflitto, ma al tempo stesso è grato al Padre del cielo per averlo avuto con sé così tanti anni.

Lo rimpiange anche la piccola comunità di Livergnano, che dal 1987 ha goduto della sua guida e del suo ministero. Sempre pronto ad accogliere gli impegni che la diocesi gli proponeva, per oltre vent’anni è stato altresì insegnante di religione nelle scuole di stato.

Forse anche sulle nostre labbra nasce in questa circostanza l’accorato lamento di Maria: “Signore, se tu fossi stato qui!” (Gv 11,32). Quasi a dire: “Perché non lo hai conservato per molti anni ancora al nostro affetto? Perché hai privato la tua Chiesa di un sincero annunziatore del tuo Vangelo e di un premuroso dispensatore dei tuoi sacramenti?”.

Ma la parola di Dio e questa liturgia di suffragio ci dicono che, più che porre domande al Signore del cielo e della terra, vale adesso conformarci alla sua volontà, che va accolta con docile fede anche quando ci costa.

In questi ultimi anni don Felice è stato ripetutamente provato dal dolore fisico, che lo ha purificato e impreziosito. Ora è andato incontro al Padre, che ha sempre fiduciosamente invocato, mosso e ispirato da quello Spirito che egli aveva ricevuto nel battesimo, nella cresima, nell’ordinazione sacerdotale.

E’ lo stesso Spirito che, come abbiamo ascoltato, sempre “attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio; e se siano figli, siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rm 8,16-17). Avendo condiviso con Cristo l’adesione ai voleri divini e la “via della croce”, don Felice è pronto per condividere con lui anche il Regno eterno di gioia e di luce.

18/03/2000
condividi su