Messa nella Giornata mondiale dei poveri

Celebriamo la Giornata mondiale dei poveri, istituita da Papa Francesco al termine del Giubileo della misericordia. Gesù non indica una condizione astratta di povertà, una categoria, ma una condizione molto concreta di sofferenza, indipendente da qualsiasi altro giudizio (provenienza, moralità, età, lingua, colore). E non c’è neanche alcun requisito previo per essere misericordiosi, tanto che il peccatore o il samaritano sono indicati come modelli. Gesù, infatti, non indica una quantità necessaria di misericordia: anche solo un bicchiere di acqua fresca.

La misericordia si rivela sempre nei gesti piccoli. Mi hai dato qualcosa da mangiare! Gesù identifica se stesso con i piccoli e i poveri: “Lo fate a me”. Desidera invogliarci a farlo, a non avere paura. Anzi, a desiderare di essere misericordiosi! Poter fare qualcosa a Gesù è motivo per farlo, con sentimento, restituendo il tanto amore che ci regala. Ci giudica e ci giudicherà solo sull’amore, non sulle teorie, le intenzioni, e non in astratto: sulle opere, sui gesti, quelli che rivelano se vogliamo davvero bene o no.

I poveri sono suoi e nostri fratelli, non assistiti. Li abbiamo sempre con noi perché scopriamo il bisogno dell’altro, che più amiamo e più capiamo perché farlo. La materia del giudizio è molto chiara ed è richiesta a tutti, non riguarda qualche operatore specializzato. E a ognuno di noi è proposto di diventare operatore di misericordia. Basta davvero poco e, come direbbe uno dei tanti santi della misericordia quotidiana, “non costa niente” e “ti fa vivere meglio”. Sì: i misericordiosi troveranno misericordia. Perdiamo qualcosa con la misericordia? No, anzi, la troveremo, anche se nessuno poi dice grazie! Siamo liberi dal contraccambio che, invece, qualche volta giustifica il fatto di smettere di operare qualcosa per gli altri. Chi è misericordioso trova misericordia perché questa basta a se stessa, ci fa stare bene, ci fa sentire utili in quanto regaliamo qualcosa non perché possediamo, altrimenti è gioia che finisce presto e resta individuale.

La Giornata dei poveri appare a qualcuno eccessiva, tanto che troppo poco viene celebrata. Forse rivela che pensiamo riguardi solo i “volontari”. E noi tutti cosa siamo? Disoccupati? Un amico di Gesù è amico dei suoi fratelli più piccoli, altrimenti non è amico di Gesù. In realtà, i poveri li conosciamo troppo poco, non sappiamo chi sono perché non coltiviamo una relazione affettiva, fraterna, con loro. A volte, poi, celebriamo più noi stessi, le nostre capacità, che loro! E la giornata è dei poveri, e ci aiuta a metterli al centro tutti i giorni. Ci aiuta a conoscere il povero Lazzaro che giace alla porta della nostra casa, a capirne la sofferenza, la storia, a sentirla nostra e quindi a fare qualcosa per lui. La misericordia è l’identità profonda di Dio e della sua Chiesa, madre di misericordia, e che come ogni madre non può darsi pace finché non trova la risposta necessaria. A volte non c’è risposta, ma resta sempre il balsamo della misericordia che dà dignità, fa sentire amati, non oggetto, ma soggetto, perché il cuore si unisce e diventa amore, e così pensarsi insieme. Quando non c’è condivisione pensiamo che i poveri si imbarazzino, ma forse siamo noi ad esserlo! Altrimenti è la giornata che celebra la forza della misericordia.

Solo la misericordia permette di trovare il nostro prossimo, colui che ci è caro, il più vicino, e quindi anche colui che si occuperà di me, che mi verrà a trovare e mi sarà di aiuto. Chi si fa prossimo deve iniziare ad amare e a farlo quando l’altro è ancora un estraneo. La misericordia lo trasforma in prossimo, non si accontenta delle intenzioni ma deve manifestarsi nelle opere. Avevo fame. Ero nudo. Che male sento quando leggo di un neonato morto di freddo a Lampedusa (sono cinque i bambini morti, in poche settimane, arrivati nell’isola). Era “vestito a strati, con un body, il pannolino e una tutina azzurra con i bordi marroncini, i calzini bianchi. Stava in un barchino in cui aveva viaggiato insieme ad altre 35 persone, era in braccio alla sua mamma, una ragazza di 19 anni che aveva prima attraversato l’inferno della Libia per raggiungere l’Europa. La mamma era infatti partita per farlo curare, mentre il padre era rimasto in Tunisia”. “Una donna arrivata la notte prima in fin di vita in un altro sbarco da un barchino di 84 persone è morta al poliambulatorio di Lampedusa, per ipotermia”. Freddo. Ero io, dice Gesù.

Ecco perché la misericordia. È condivisione. In questa non c’è povertà, perché ci si pensa insieme. Nella prima comunità non c’erano poveri, perché avevano tutto in comune. Tutti. La Chiesa di Bologna è fondata sui Santi Vitale e Agricola, uno ricco e uno schiavo, i quali poiché amavano Gesù si pensavano come fratelli. Non è questo il sogno di Dio? E se crescono la povertà e l’ingiustizia non è responsabilità nostra? La misericordia libera dagli inevitabili dubbi su “cosa mi accadrà se mi fermo?” perché ci aiuta a capire che la vera domanda da porsi è, come ricordava Martin Luther King, “cosa accadrà a lui se io non mi fermo ad aiutarlo?”. E poi dobbiamo pensare: “quando io sarò lasciato in mezzo alla strada dai banditi che colpiscono chiunque, chi si fermerà ad aiutarmi?”. Non servono ragioni ulteriori: l’unico motivo della misericordia è che lui ha freddo, è forestiero, affamato, assetato, nudo, malato, carcerato.

E le carceri non sono solo quelle penitenziarie, ma anche quelle della tortura della solitudine, celle che a volte diventano, inspiegabilmente, i cuori di chi si chiude nei pensieri e nelle ossessioni che non sanno più comunicare, e che richiedono poi tanta pazienza e tante visite per aprirli. La solitudine è una prigione. La misericordia, invece, consola ma diventa un sistema, vuole durare, non si esaurisce certo in una buona azione, sia pur importante. Il samaritano è buono non una volta sola, per giustificarsi e così tirare dritto perché ha fatto abbastanza! La sua compassione diventa misericordia e fedeltà: il samaritano ritorna nell’albergo perché quello che serve all’uomo mezzo morto è ritrovare tutta la vita. Per lui quell’uomo era il suo prossimo. Lo faceva per amore. La misericordia è esercizio di cuore e fa trovare il cuore di chi ha bisogno e di chi aiuta. E fare questo a Gesù vuol dire che Lui lo farà a noi, perché diventa il nostro prossimo. Ecco, questa Giornata dei poveri ci aiuta a non accettare tanta sofferenza, vecchia e nuova, o addirittura che la povertà diventi ereditaria.

Che cosa ci facciamo con il nostro cuore se non diventa cuore per chi è nella miseria? La misericordia ci aiuta a trovare il nostro cuore, in un mondo che lo scambia con passione o calcolo. È il titolo della Giornata di quest’anno: “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (cfr. 2 Col 8,9). Dio è stato solidale con noi, e noi non lo siamo tra di noi e con Lui? Non dobbiamo farci poveri per diventare ricchi di cuore? Non ci fa trovare così quello che conta per davvero? La povertà non è privazione, ma condivisione che dona senso a quello che abbiamo e rende tutti più ricchi, sazi, completi. Si è fatto povero perché noi diventassimo ricchi. “Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno”.

I poveri, se li sappiamo ascoltare e capire, ci ricordano che si è già sollevata “nazione contro nazione e regno contro regno”. Sono loro le vittime. La guerra l’hanno nel profondo e nel corpo. Loro, spesso, hanno visto “terremoti, carestie e pestilenze”, come chi scappa dalla fame e dalla malattia, come quella mamma, diciannove anni, di quel bambino di 21 giorni, morto di freddo. I poveri hanno visto tanti “fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo”. “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. Solo l’amore fa capire che nulla è perduto! Gesù ci affida la sua cura e ci ricorda che “con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. Non arrendetevi, non accontentatevi: la misericordia addomestica, cura, fa pensare insieme, inizio del “Fratelli tutti”. La misericordia non va mai perduta.

Signore, tu sei la nostra forza. Sei misericordioso e non fai perire nulla della nostra vita. La tua misericordia è la nostra vera forza. Ascoltaci, salvaci, insegnaci ad amare, ad avere misericordia nelle parole e nei gesti. Perché sei un Dio di cuore che ci insegna a non perderlo e ce lo fai trovare sentendo il tuo amore e donandolo a chi è povero e piccolo. Dio di amore infinito ed eterno, ti sei fatto povero per noi rendendo ricco il prossimo perché pieno del tuo amore. E non smettiamo di stupirci perché scopriamo che Tu sei e sarai sempre, fino alla fine, il nostro prossimo. Amen

Bologna, cattedrale
13/11/2022
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