Messa per la festa della Dedicazione della Cattedrale

La memoria della dedicazione aiuta noi, che sentiamo il peso delle difficoltà, a ringraziare con semplicità per il dono di essere parte di questa casa e della famiglia che in essa vive. Ci aiuta a ritrovare l’essenziale, a vedere le radici e anche l’orizzonte del nostro camminare insieme, a viverlo nella pienezza della mensa eucaristica. La Cattedrale ci aiuta ad alzare lo sguardo pensando alla comunione che essa rappresenta ma anche a sentire lo sguardo del Signore su ognuno di noi e sulle nostre realtà. Contempliamo oggi la nostra Chiesa di Bologna che è anche la nostra storia personale. L’amore di Dio completa le nostre relazioni personali e i nostri riferimenti umani, sempre parziali e limitati, ma nei quali si manifesta la presenza di Cristo. Non sentiamocene mai superiori, perché la comunione ha bisogno di noi e noi abbiamo bisogno di questi suoi segni concreti, della bellezza di questa madre che ci ha generato nella fede e ci unisce, peccatori e contraddittori come siamo, nella grande comunione dei santi, fino a comprendere tutti gli uomini riconosciuti e amati come fratelli. È proprio vero che “Dio abita sulla terra” e i suoi occhi sono aperti notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui ha detto: “Lì porrò il mio nome!”.

La dedicazione ci fa sentire dedicati e rinnova la passione di esserlo anche quando, a volte, possiamo far fatica a vedere i frutti. Non c’è chiesto di vederli, ma di seminare e vederli nel seme stesso. Questa è la nostra casa, della quale nessuno è padrone, che ci fa vivere il mondo come nostra casa e il prossimo come fratello. Sentiamo personalmente la tenerezza del Padre misericordioso, sempre sorprendentemente misericordioso, tanto più grande del nostro peccato, del quale è consapevole ma dal quale vuole che risorgiamo perché non sia mai l’ultima parola.

Stiamo cambiando. La casa è quella di sempre e ne conserviamo con fedeltà e venerazione la storia, della quale anche non smettiamo di stupirci, ma pure con sfide nuove e prospettive da affrontare con determinazione e visione. La frusta di cordicelle della sua Parola scaccia dal nostro cuore la tentazione di vivere mediocremente, riducendo tutto a piccolo mercato, attenti a misure che diventano avare e limitate, preoccupati di possedere quando invece abbiamo tutto nella libertà dell’amore. Non accettiamo il compromesso con i tanti tavoli di interessi individuali, ritenuti addirittura necessari per assecondare l’egolatria, così diffusa nella nostra generazione, e farla “esprimere”! Non ignoro e non ignoriamo le difficoltà di tante sfide e dei cambiamenti che ci chiedono sapienza pastorale e tanta concreta umanità evangelica! Gesù ci aiuta a ritrovare lo zelo per la sua casa, il gusto e la bellezza di costruirla insieme, per un luogo radicalmente libero dal compromesso con il piccolo protagonismo di ciascuno, perché solo se è del Signore è davvero di tutti, solo se è gratuita è libera di amare. Gesù vuole sia casa di pace in un mondo di guerra vicino alla catastrofe, che si abitua all’ “odore di bruciato”, convive con la follia della guerra e fa crescere tanti, inaccettabili semi di violenza, di odio, di pregiudizio.

A cominciare dal linguaggio che, quando diventa offensivo, è sempre pericolosamente alleato della violenza, quella ordinaria del coltello o quella enorme della macchina di morte che è la guerra. Il nostro mondo ha smesso di ripudiarla e finisce così ancora più segnato dall’insicurezza e dalla frammentarietà delle scelte, fatte sulla sabbia di punti di riferimento a cui ispirare la propria esistenza e che poi si rivelano vani e fanno smarrire il desiderio profondo nascosto nel cuore di ognuno, travolto dall’inconsistenza di questi punti di riferimento. Per questo vogliamo sia anzitutto casa di preghiera, di ascolto di Dio per ascoltare le persone, perché possiamo essere pieni dello Spirito che permette di parlare in modo nuovo, di raggiungere il cuore del prossimo e di dare speranza e non un po’ di benessere individuale.

Sono giorni di tanta sofferenza per la città degli uomini. Abbiamo misurato di nuovo la forza del male, imprevedibile e ingiusto, che spezza la vita di due persone nell’ennesima ed inquietante strage sul lavoro. Non è la prima volta e forse dobbiamo verificare con rigore, proprio con la sferza di Cristo, cosa non fa scegliere e migliorare la sicurezza, quali opacità e interessi, quali stolidità o mancanza di controlli. Non si può morire di lavoro. Preghiamo per i nostri fratelli che sono morti e per le loro famiglie, per i feriti perché abbiano guarigione e, senza moltiplicare parole vane che sarebbero solo amare, cerchiamo una responsabilità per garantire che il lavoro sia per la vita e non per la morte.

Portiamo al centro di questa casa la sofferenza per la giovane vita di Simone, vittima del disastro dei giorni scorsi, nei quali la forza devastante del male ha rivelato impietosamente la nostra fragilità, le approssimazioni, le inadempienze che non permettono di garantire la sicurezza per tutti. Questa sofferenza, penso anche a quella di chi è fuori casa o ha visto in pochi secondi distrutta tanta parte dei propri ricordi e quindi della propria vita, chiede a tutti uno sforzo. La notte buia del dolore ha bisogno di stelle, di punti di riferimento, di segni di coraggio civile e sociale. Questa amarissima sconfitta deve rimettere in discussione il senso della nostra vita personale e della comunità umana, la conoscenza dei limiti della nostra convivenza e dell’immensa fragilità del creato e delle creature, delle conseguenze dei dissesti e dei cambiamenti climatici, della cause di questi, ma non deve indurci all’avvilente conclusione che tutto è inutile o alla rabbia sterile e pericolosa, ma trasformare, com’è nelle tradizioni profonde della nostra terra, questa in consapevolezza, in scelte, in responsabilità, in solidarietà, per trarre dalle avversità sapienza e scelte lungimiranti.

Richiede a noi, sia personalmente che come comunità, di essere costruttori e riparatori di case, perché siano luoghi accoglienti e fraterni, sensibili perché fondati sulla roccia della parola di Dio, del suo amore disinteressato che ci chiede di pensarci insieme al prossimo, di non restare prigionieri del rozzo pensare a sé ma di scegliere l’amore vero, come solo Gesù ci mostra e ci rende possibile. Questa casa vive la speranza, non fa arrendere al male, non teme la forza del male non perché la ignora, o spera solo di evitarla, ma proprio perché la affronta e con l’amore vince la paura della vita. Gesù è il primo altruista e ci insegna a spalare sempre il fango causato dallo stravolgimento della vita, dal crollo delle sicurezze. Abbiamo visto spontaneamente manifestarsi in questi giorni tanto lavoro per ripristinare quanto è stato rovinato dal fango. Questa nostra casa, comunione umanissima delle nostre comunità e persone, in questo tempo di angoscia che suggerisce paura, vuole, come può, raccogliere le lacrime e le fatiche degli uomini, delle famiglie in pianto e smarrite, di quanti sono in difficoltà e accende così la luce della speranza perché fondata sulla roccia di quell’amore che non finisce. Ci proteggano San Pietro e i tanti santi e beati della Chiesa di Bologna, con l’intercessione della Vergine di San Luca, madre di speranza e di pace.

Cattedrale di San Pietro, Bologna
24/10/2024
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