Omelia del Giorno di Natale

         Ringrazio di cuore Dio per la bellezza così umana e divina del Natale. Contempliamo il senso della nostra piccola e sperduta storia, importante e preziosa perché amata dal Signore. Noi contiamo i nostri giorni a partire da Cristo. Ricordiamoci che anche l’ultimo dei nostri giorni sarà suo, vedremo il suo avvento.

Il Natale è sempre sorprendente e non smettiamo di contemplare questo mistero di amore. In questo senso siamo sempre dei bambini. E questo ci fa bene, perché ci libera dalla tentazione della sapienza dei grandi ai quali resta nascosto il segreto del Regno. Possiamo restare gli stessi dopo il Natale? Se lo usiamo come uno dei tanti prodotti per nutrire il nostro io non resta nulla, perché l’io senza l’amore è sterile, conserva la vita, non la cambia! Il suo amore chiede amore, lo comprendiamo per davvero solo aprendoci all’amore e mettendolo in pratica, facendolo diventare carne, come Lui si è fatto presenza in mezzo a noi.

Natale non è una dichiarazione ma corpo. Il segreto del Natale è il dono: anche lo stesso autore della vita non può fare a meno di donarla. Dio non vuole restare solo e ci cerca perché ci ama e impariamo ad amare Lui e il prossimo per davvero. La nostra generazione è indotta compulsivamente a pensare a sé, ad esaltare il proprio io mettendolo al centro, a possedere, ad avere e così poco ad essere (perché sono alternativi in realtà!), chiamando amore quello che non lo è, tanto che non diventa legame.

«L’uomo può accettare se stesso solo se è accettato da qualcun altro. Ha bisogno dell’esserci dell’altro che gli dice, non soltanto a parole: è bene che tu ci sia. Solo a partire da un “tu”, l’”io” può trovare se stesso. Solo se è accettato, l’“io” può accettare se stesso. Chi non è amato non può neppure amare se stesso», disse Papa Benedetto XVI.

Ecco il senso del Natale: Dio facendosi carne (che amore è quello che resta virtuale, da remoto, e non diventa concreto?) ci dice che siamo un bene, che ci ama, che la nostra vita è importante per Lui. Questo ci cambia! Come facciamo a restare uguali? Lui si apre a noi e noi apriamogli il cuore! Gli uomini che non sanno amare cercano quello che pensano sia il loro interesse o lasciano che sia solo un’esperienza. Dio cerca il nostro cuore per abitarci: non fa lezione di amore, ci ama! Ecco la bellezza del Natale. Ieri sera l’ho capito con tanta intensità celebrando due funzioni che sono molto collegate tra loro, potremmo dire come fossero i due lati dello stesso altare dell’Eucarestia.

Qui in Cattedrale abbiamo condiviso il pane del cielo con tanti fratelli e sorelle, in comunione con tutte le nostre comunità unite nel vincolo di amore. Il Signore che nasce senza un posto prepara proprio Lui un posto per noi in cielo, e la santa Liturgia ci aiuta a contemplarlo. L’altro lato dell’altare è stata la celebrazione alla stazione, insieme a tanti fratelli che come Gesù non trovano posto, restano all’aperto, per strada, deposti nelle tante mangiatoie della povertà, della fragilità umana, che Dio non solo non condanna, ma riveste del suo amore.

Eravamo con i fratelli più piccoli di Gesù, senza dimora, profughi che cercano casa, vecchi lasciati fuori dalla vita e sradicati dal loro contesto, i tanti feriti nelle pieghe del loro cuore, quelli che bussano alle nostre porte e ci ricordano che siamo tutti fratelli. Se non siamo “tutti” non siamo nemmeno “noi”. Ecco, è lo stesso Natale di Dio che contempliamo qui nella casa del cielo e negli incroci della città degli uomini. Chi si apre a Dio, lo ospita nel suo cuore e ospita i forestieri.

Allora in cosa ci cambia il Natale? Ci fa sentire amati, tornare bambini per davvero, non per un po’ di nostalgia o un buon sentimento che finisce presto, confrontati con la vita vera. È amore che cambia la vita perché è di Dio e perché è amore fortissimo. Non solo l’uomo non è un’isola ma il mondo intero non è un’isola, perché tutto pieno dell’amore di Dio! Per questo siamo Fratelli Tutti e possiamo noi aiutare Dio già con la nostra gentilezza verso tutti, con la solidarietà verso i poveri, donando luce con la nostra fede. Questo è un Natale che si confronta come non mai con le tenebre. Lo abbiamo capito con la pandemia quanto è forte il male! E forse capiamo anche quanto l’amore è vero e diventa carne in noi.

Il vangelo che è stato proclamato è l’inizio di una nuova creazione. Ci viene dato il potere di diventare anche noi figli di Dio non per il sangue né per volere di carne, ma solo per la grazia, cioè l’amore gratuito, da Dio generati. A noi viene data la stessa madre di Gesù. Dalla mangiatoia sulla quale viene deposto alla croce dalla quale verrà deposto nella tomba per farci nascere alla vita eterna. Dalla croce, la fine della sua vita, Gesù ci affida sua madre per essere anche noi suoi e perché lei diventi nostra madre. Attraverso di lei siamo come Gesù, apparteniamo al suo regno, alla nuova creazione.

Certo, viviamo ancora immersi nella vecchia creazione e ci dobbiamo confrontare drammaticamente con le tenebre che cercano di spegnere la luce della vita. La creazione soffre, geme, misurandosi continuamente con il suo limite che vuole superare, alla ricerca di futuro, di speranza. La vita di ogni persona è sempre e tutta un’attesa! Il presente non basta a nessuno ed è disumano pensarlo: cerchiamo tutti e sempre il futuro, anche se a volte in modo davvero complicato. La vita cerca quella che non finisce. Quando pensiamo di vivere solo nell’oggi, e quindi siamo preoccupati solo di noi, restiamo insoddisfatti, dobbiamo consumare molto ma alla fine non risolviamo affatto il problema della vita. “In un primo momento pare che ci manchi solo qualcosa: più tardi ci si accorge che ci manca Qualcuno”, commentava don Primo Mazzolari.

Cristo è questo Qualcuno. Ma noi che restiamo sempre nella vecchia creazione viviamo già la nuova. Ecco la grandezza del Natale. Oggi vediamo il Signore che consola il suo popolo. Oggi siamo suoi non per il sangue, né per volere di carne, ma solo per la sua grazia. E se siamo suoi amiamo Lui e come Lui. Chi fa le cose per amore suo le fa solo per amore, libero da convenienze, calcoli, furbizie. Facciamo le cose per amore di Gesù, nel suo nome, e le faremo per amore vero, santo, cioè non perfetto, ma di Dio. E questo non finisce.

In questo primo Natale di guerra in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, apriamogli il cuore liberandolo dalle abitudini, dalle presunzioni, dalle paure, dagli orgogli, per non essere tra i suoi che non lo hanno accolto. Perché a quanti lo hanno accolto, cioè gli hanno aperto il cuore, Dio continua a dare il potere di diventare figli di Dio e con il suo perdono ci restituisce il vestito più bello: essere figli, essere suoi. Siamo figli e quindi fratelli. Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Trova lui un posto per noi! La sua gloria diventa la nostra forza e adesso non abbiamo paura di amare per essere figli di un Dio che nasce per noi e ci dona la sua forza. La luce della nostra vita rifletterà quella del Natale, inizio del suo regno di amore senza fine.

Bologna, Cattedrale
25/12/2022
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