Omelia dell’Immacolata

Come mai appare il serpente? È un mistero. È il mistero del male, incluso quello che non vogliamo fare e che pure facciamo. Certamente non viene da Dio, che protegge parlandoci con amore e rivolgendosi non ad automi ma a liberi come Lui. Il serpente è quel mistero del male, mysterium iniquitatis che sempre ci sgomenta, l’ombra della morte che accompagna sempre la vita.

È “la pioggia di dolore che sembra non finire mai”, come ha detto il papà di Giulia, quella tempesta che vediamo nella guerra le cui dimensioni facciamo fatica a comprendere. Non possiamo e non vogliamo mai abituarci, rassegnarci al fatalismo, alla rassegnazione, ad accontentarci di salvare solo noi stessi. Il male, il serpente velenoso e traditore, rivela sempre dopo l’inganno nascosto dalla persuasione, che sembra innocua, anzi esaltante l’io.

La stessa che rovina la relazione con Dio insinuando in essa la diffidenza, la malizia, per cui l’amore non è più tale tanto da apparire come contro l’io, limitandone qualcosa. Così il male fa sembrare che per trovare noi stessi dobbiamo diventare isole o ignorare il limite, come se ci escludesse da qualcosa. Il male inizia nel pensarsi senza il prossimo, senza il primo altro che è Dio, che invece insegna a riconoscere e amare il prossimo.

La paura entra nella vita attraverso il peccato. E la paura impedisce la relazione, l’incontro, rende sonnambuli, sciupa il legame di amore con il prossimo, tanto che pensiamo di stare bene solo possedendo. Ma è solo l’amore che vince la paura. Dio manda Gesù proprio perché il suo amore ci faccia conoscere il suo mistero, che possiamo capire solo facendoci amare e imparando ad amare. Adamo si scopre nudo e si nasconde da Colui che lo ama.

Si vergogna di sé perché il male porta a nascondere la bellezza, a non saperla più riconoscere né in sé né negli altri. Il male riduce a predatori, il grande inganno che porta a rovinare la propria vita, a distruggere se stessi e il fratello, perché tutto diventa confronto, competizione, esaltazione di sé e, poi, depressione. È la prima domanda che Dio rivolge all’uomo: “Dove sei?”. Lo chiede anche a noi: “Dove sei? Non scappare”. Dio ci viene a cercare con Gesù che ci dice eccomi, io sono, eccomi dove sono, non avere paura. Noi così possiamo capire dove siamo e impariamo a rispondere per sempre senza più paura, a farci trovare da Dio, a lasciarci abbracciare dalla sua misericordia che ci fa capire che siamo sempre figli, suoi, accolti nella sua casa. E Gesù ci insegnerà a cercare dove sta il nostro prossimo, come possiamo amarlo perché diventiamo una cosa sola nell’amore.

Perché il futuro inizia quando inizia l’amore e diventiamo una cosa sola, perché saremo una cosa sola, piena, insieme. Il serpente, però, continua ad ingannare, facendoci credere, al contrario, che stiamo bene se facciamo da soli, se affermiamo l’io e non l’amore. Il male fa disprezzare l’umiltà, le scelte piccole. Quante occasioni perdute, quanti mezzi sciupati, quante parole vuote e prive di significato, quanti talenti nascosti, quanto amore perduto perché non dato! Il male impedisce di amare come siamo, tanto che ci vergogniamo della debolezza, attratti da una forza che non esiste, ridotta a prestazione, che ci fa male e porta a disprezzare la fragilità della nostra umanità. Solo nella nostra povera umanità troviamo luce e bellezza, come avviene per Maria, umile e piena della speranza e della gloria. Siamo fatti per amare, siamo creati dall’amore per l’amore: per questo stiamo male quando non amiamo!

E non dimentichiamolo, nonostante tanta bruttezza e peccato, personale e diffuso, nonostante tanta violenza che sgomenta e ci porta a non credere più a niente, a pensare che la luce non c’è o che è indipendente da noi e dalle nostre scelte. Gesù ci fa trovare la bellezza in noi perché nel nostro cuore è deposto il seme che genera vita, il tesoro più prezioso. Sì, proprio nel nostro cuore, e quando lo troviamo lo sappiamo vedere anche nel prossimo, in chiunque. Il male distorce l’amore, lo rende senza sapore, lo riduce a sensazione, lo domina con l’istinto, contrappone l’amore per sé a quello per il prossimo, fa credere di amare dicendo “mio” mentre l’amore è solo imparare a dire “tuo” e “nostro”. Il male rende violenti nelle parole e le parole violente, confonde con l’ignoranza e la presunzione, per cui pensiamo di capire mentre in realtà riduciamo il prossimo ad un estraneo o ad un nemico, condizionati dai giudizi che offendono, colpiscono, sanno vedere solo la pagliuzza, tanto che di questa rimaniamo prigionieri. Il male riduce l’amore a esibizione, ad affermazione di sé, a successo personale.

Nell’incontro ci fa cercare l’io e non l’altro, porta a non stimarci a vicenda e a parlare male, ingaggiando infiniti confronti e competizioni che ci dividono. Il male fa cercare una forza che non esiste, che sembra necessaria, indispensabile, tanto che diventa violenza. Il male rovina le relazioni, alla ricerca di qualcosa di straordinario, mentre l’amore ci accompagna ed è profondo proprio nella vita di tutti i giorni, è compagnia, vicinanza, fedeltà, tenerezza. Il male ci riduce a isole rendendo l’incontro solo funzionale all’io e non alla scoperta del prossimo che sarà tuo per sempre solo se lo ami, se ti perdi e non ti conservi come sei.

Ecco la bellezza della festa di oggi! Tutti diventiamo immacolati non per noi stessi, per una verità che giudica e condanna, ma per la verità dell’amore che giudica e salva. Oggi possiamo imparare ad amare liberi dal peccato, perché viene Gesù, il maestro che ci abbraccia e ci insegna che “se abbraccio l’altro abbraccio me stesso”. Dio non offre una lezione ma Gesù e il suo amore. Dio non ci ascolta per alcuni incontri e poi ci lascia soli, perché ci ama, ci rispetta, ci mette davanti a noi stessi e ci accompagna, ci viene a cercare, resta alla porta e bussa perché solo noi possiamo aprire e possiamo farlo solo nella libertà dell’amore.

Quando avviene siamo salvi e troviamo noi stessi. Ecco la festa di oggi. Maria è concepita senza peccato, è cioè libera dal male per accogliere e donare l’amore pieno, il mistero di Dio, amore senza fine, per essere in mezzo a noi, per allearsi con l’uomo, perché crediamo all’amore quando ci sembra non ci sia o non valga la pena, perché vediamo la luce quando c’è il buio. Siamo figli anche noi di questa Madre immacolata, per cui il nostro peccato non è l’ultima parola su di noi e sul mondo. L’Immacolata concezione ci rende immacolati, non per noi o per qualche merito, ma solo perché Dio continua a benedirci con “ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo”. Possiamo non avere paura, ma lasciarci amare vincendo come Maria il turbamento, superando quello che è impossibile non impadronendoci ed esaltandoci con l’orgoglio ma abbandonandoci all’amore, dicendo “avvenga per me secondo la tua parola”. E la sua è solo parola di amore.

Ecco che inizia la nuova creazione. Possiamo, fragili e peccatori come siamo, imparare l’amore, scoprire quello che ci portiamo dentro, che tutti portano dentro. Quello che il male rovina è curato da Gesù, accolto da Maria senza peccato. In questi tempi difficili, di tanta pandemia, ecco che vediamo l’alleanza nuova ed eterna, libera dal peccato nonostante il nostro peccato, redenzione dalla nostra miseria, guarigione delle nostre ferite, amore che trasforma anche il male in opportunità di bene.

Giacomo di Sarug cantava questo amore che attraverso l’Immacolata diventa anche nostro: “Grazie a Maria la via dell’Eden fu appianata, il serpente fuggì e gli uomini ritornarono a Dio. Grazie a lei l’albero della vita si offre a chi lo mangia. Lei ci donò il frutto gradevole che dona vita perché ne mangiassimo e vivessimo con Dio per sempre. Da lei spuntò il grande sole di giustizia e la luce che scaccia le tenebre della terra, Lei madre dell’Unigenito e gioia per tutti”. Così è e così sia.

Bologna, basilica di San Petronio
08/12/2023
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