Omelia Domenica delle Palme a Pian di Venola

Non c’è Pasqua senza affrontare il male. Alcuni oggi non accettano la parola sacrificio. Gesù, ultimo sacrificio, riconcilia per sempre l’uomo con Dio. È Dio che ama e solo per amore si affronta il male. È così diverso da ridurlo a un prodotto di benessere, a un Dio che deve mettere a posto tutto ma con cui noi non c’entriamo niente, come se il problema fosse suo e non nostro. È lui che deve togliermi il male e se non lo fa penso che non faccia bene il suo mestiere. Ci interroghiamo sempre su dove stia Dio ma non ci poniamo la domanda, che dopo questa passione, è quella vera: “Dove sta l’uomo? Dove siamo finiti’? Dio, adesso, sappiamo dove sta. È lì, entra a Gerusalemme, affronta il male, non salva se stesso, non dice “a me che importa”, non giudica da lontano, non lascia i discepoli da soli o manda loro a rischiare. Va Lui, il più grande, scandalo per i suoi stessi discepoli. Ecco quello su cui ci interroghiamo oggi, in questo tempo così evidente di tenebre, di notte profondissima, inquietante, buia, come persone che si abituano al buio, come quei sonnambuli di cui abbiamo sentito parlare, che non si rendono conto o sembra registrino qualcosa che avviene ad altri.

Seguiamo Gesù perché abbiamo bisogno di luce. Ma, attenzione, la nostra croce dobbiamo prenderla noi, come ha fatto Lui. E se la prende Lui lo facciamo anche noi. Ci dà l’esempio. E tanti lo hanno fatto e sono proprio quelli che hanno affrontato il male donando la vita. Sempre per amore, contenti, come quando si ama, non di soffrire ma di amare più forte delle mie paure, delle prudenze, dell’istintivo “salva te stesso”. Oggi sono 44 anni dall’uccisione di monsignor Oscar Romero, testimone del Vangelo dell’amore. Tanti testimoni. E noi? Cosa facciamo davanti a tanta sofferenza? Tutti siamo attori nella passione di Gesù. Essendo una storia di amore si vede da che parte stiamo.

Il male non viene all’improvviso. Sì, certo, all’improvviso ghermisce la vita, spegne i cuori, l’umanità. Ma ha un terreno di cultura. Anche il male è un seme che cresce nell’indifferenza, nell’amore mediocre, in tanti che dicono a “me che importa”, che pensano di star bene evitandolo e non affrontandolo, e che, soprattutto, pensano di star bene da soli. Non si sta bene da soli. La felicità è una porta che si apre verso l’esterno, non si chiude! Non si arriva alla felicità della Pasqua senza attraversare il buio del male. C’è tanto odio. Dovremo istintivamente provarne orrore. Come cercare subito di spegnerlo? Ci raccomanda di andare subito a riconciliarsi, di non dire “pazzo” al fratello, di mettersi subito d’accordo con l’avversario. Il male è un seme che cresce. Come l’amore. C’è tanto odio, che diventa rancore, silenziosa incapacità a parlarsi amichevolmente.

Tutto s’indurisce. Ieri ce lo ha detto il Card. Pizzaballa. Odio talmente profondo che adesso bisogna solo seminare bene, dialogo, incontro. Il problema è la speranza. Non c’è dopo. C’è amando. È quella di Gesù, che si affida al Padre, che sa che nelle sue mani mette lo spirito, che non è abbandonato anche se grida tutta la sua disperazione davanti all’abisso della morte e a quei leoni che lo circondano, quando non c’è niente di umano cui aggrapparsi, come al fronte della guerra o nella solitudine terribile del morire di tanti anziani. Gesù ci lascia solo il suo amore e i suoi discepoli. È questa la nostra forza, è la forza della Pasqua che ribalta la pietra pesante del sepolcro. Gesù disse a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11, 25-26). Chi crede è nelle mani del Signore che lo protegge dall’oscurità della morte. Gesù, morto in croce, è risorto. La vita risorge, ma occorre amarla come fa Gesù. Lo vediamo nell’amore più forte del male. Facciamolo vedere nel perdono che estingue le contese. Nella nostra preghiera, nella solidarietà, possibile a tutti, concreta. L’amore è nei piccoli gesti non nelle cose grandi. La vita risorge con la visita gratuita a qualcuno che è solo, nel non lasciare mai nessuno solo, nel tendere la mano, nel vincere l’isolamento che spegne la vita. Il mondo cambia così. Se io cambio amando Gesù e seguendolo, il mondo cambia.

Marzabotto, chiesa parrocchiale di Pian di Venola
24/03/2024
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