Omelia per la Messa del precetto Pasquale per il Ministero dell’Interno

Quanto abbiamo bisogno della Pasqua! Non è qualcosa in più o l’ennesimo tranquillante per una felicità individuale. Abbiamo bisogno di luce come chi è sprofondato nelle tenebre, di vita come chi si deve misurare con il male e la morte. Sperimentiamo tutti il nostro limite, quello personale, limite tra le nostre attese e le realizzazioni, tra i desideri e le risposte, tra i frutti che vogliamo vedere e le incertezze e le delusioni che a volte fanno giudicare e che non lasciano nulla. Gesù ci libera dal confronto e dal cercare la ricompensa e ci impegna a regalare solo. E basta, perché sappiamo che il frutto ci sarà, per gli altri e per noi. L’amore è sempre efficace. La Parola di Dio ricorda un aspetto della vita dal quale sfuggiamo, anzi del quale subiamo il fascino ambiguo e distruttivo: la vanità. Non si tratta solo dell’esibizione ossessiva di sé, nella versione digitale con possibilità infinite. E quando non abbiamo più niente da esibire? E cosa facciamo per farlo, cosa ci chiede, quanto ci costa? E soprattutto cosa mostriamo di noi?

Parlare della vanità non serve a rattristarci ma serve perché la nostra vita non sia vana. Gesù non umilia, esalta l’umiltà, ma rivela la vanità, l’inganno di quando ci esaltiamo da soli, perché ci ama, non perché non ci considera. Anzi, è la vanità una scarsa considerazione di sé, come l’orgoglio fa male all’amore per noi stessi, l’esibizione deforma il nostro io. E soprattutto ci fa perdere l’essenziale e ci riempie del superfluo! Ecco, la Pasqua ci aiuta a capire cosa resta di noi, su cosa investire, cosa dona significato, senso, futuro alla nostra vita della quale misuriamo il limite, la fragilità, insomma la vanità. Non è mai vano l’amore donato. Lo è sempre quello che teniamo per noi. La nostra generazione ha una grande paura del futuro. Siamo diventati vecchi, tutti. Rischiamo di far diventare vecchi anche i giovani, che riempiamo di fragilità e di precariato, sui quali pesa una generazione ingombrante, che ha consumato tanto e donato poco e ha reso la speranza benessere individuale o fortuna incerta e, in fondo, impossibile. Il progresso oggi spaventa ed era invece qualcosa di sicuro, verso il quale andava l’umanità che finalmente aveva capito l’abisso della guerra, l’orrore della violenza, che conquistava la luna e che avrebbe garantito la pace e qualcosa di nuovo.

Oggi cerchiamo di conservare quello che abbiamo già. E non ne siamo sicuri perché, come avviene quando si è vecchi ed è già molto se conserviamo la salute, e com’è quando accade qualcosa, sappiamo che difficilmente torniamo ad essere quello che eravamo. Come le “pasticche”, che a un certo punto devi prenderle per sempre! Pasqua ci porta sulla terra con le sue sofferenze e ci fa scrutare l’orizzonte della vita oltre la vita. Per questo la Pasqua ci rende consapevoli, non tristi, anzi è luce per trovare risposte a tante amarezze, malinconie, nostalgie che ci portiamo dentro e che riaffiorano nonostante la bulimia del fare, fare, e poi vai via. Non stiamo bene accumulando senza sapere perché e per chi, finendo così per conservare quello che abbiamo oggi. Abbiamo bisogno della Pasqua perché ci dobbiamo confrontare con un terribile venerdì santo, nel quale si rivelano tutti i semi di male che accompagnano la nostra vita. L’odio, l’ipocrisia, la corruzione, la logica del potere, la pavidità di Pilato, il tradimento dei discepoli che salvano se stessi, la stupidità della folla che uccide il suo salvatore, l’inutilità del dolore di una madre i cui sentimenti non contano in un mondo che non si commuove e non si ferma davanti al suo pianto. I nostri sono giorni nei quali capiamo la forza di una violenza a cui non possiamo mai abituarci.

Sentiamo mancare l’aria buona della speranza e ci confrontiamo con le trame del male che diventano un sistema di morte, facendo emergere una disumanità che sembra senza fine e abbrutisce vittima e carnefice, aggressore e aggredito. Il male scatena l’istinto del male, il lupo rende lupi e poi si rivela in maniera inaspettata e sorprendente, insediandosi nella ferita dell’anima e nella fragilità della psiche. La logica del male trascina nella tentazione di rispondere al male con il male, di usare le sue stesse armi, fa credere che sia irreparabile, fa stimare che sia più forte tanto che l’unica possibilità è – forse – contenerlo. Il male spegne la vita ma anche la speranza, cioè fa credere che sia inutile o impossibile combatterlo. Quando non si ha speranza si sopravvive, si cerca solo quello che conviene nell’immediato. Ecco allora il vostro servizio, anzi direi i vostri servizi, complementari, che devono sempre coordinarsi assieme perché ognuno ha bisogno dell’altro e solo con un’alleanza di bene si può sconfiggere il male che può contare su tante, banali, ordinarie, grigie complicità. Il male sfrutta anche l’indifferenza. Il bene ha solo il bene! Possiamo pensare che sia una lotta impari. Ecco la Pasqua! Affronta il venerdì santo, subisce anche la sconfitta – come capita anche nei vostri servizi – ma non smette di cercare il bene e sa che questo alla fine vince. Pasqua è compiere il bene, continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, a difendere la giustizia nelle relazioni, la sicurezza per tutti, perché siano garantiti i diritti e fatti rispettare i doveri. Ecco la Pasqua.

Quel servo di cui parla il profeta Isaia è Gesù. Lui porterà il diritto alle nazioni e lo farà senza gridare o alzare il tono, senza spezzare una canna incrinata o spegnere uno stoppino dalla fiamma smorta, cioè rispettando sempre la fragilità e non considerando mai niente e nessuno inutile. Il vostro servizio è per le istituzioni. Quanto ne abbiamo bisogno! Esse sono per tutti, superano il contingente, non si piegano all’interesse personale o alla convenienza di qualcuno. Amare e difendere le istituzioni significa amare il fondamento della casa comune, al di là della cronaca. Il rispetto delle istituzioni chiama tutti ad uscire dalla logica contraria, che è quella del personalismo e dell’interesse privato. Senza siamo, in realtà, tutti più deboli. Per questo la vostra professionalità, l’impegno, non è mai inutile anche quando può sembrarlo, difendere sempre il bene comune significa difendere la persona, chiunque essa sia, sempre con il rispetto per ognuno e, forti di questo, senza cedere alla disumanità. La vostra dedizione e intelligenza nel servizio è il segreto per conseguire il bene comune, trasmettere sicurezza e il gusto di una casa comune forte e umana. Sappiate sempre considerare l’uomo come il fine, perché tutti possano vivere in maniera autenticamente umana. Ecco, la Pasqua è la vita che risorge, il male sconfitto.

È la nostra fede nella vita del cielo, quella che se manca rende quella della terra una condanna. Ma affidarsi a quella del cielo ci fa vivere bene sulla terra! Maria compie un gesto di amore. Giuda calcola. Maria ama. Cosa è importante? È come il padre della parabola che abbraccia il figlio che aveva perso tutto ma era tornato. Gesù aveva restituito il fratello. Gesù dona tutto se stesso e Maria dona tutto quello che ha, e lo si capisce solo per amore. Lo capisce solo chi ama. Giuda giudica con le categorie del potere, della convenienza, del possesso. Il “profumo” del suo amore “ha riempito tutta la casa” (Gv 12,3). L’amore si trasmette molto più di quello che pensiamo e rende bella la vita di tutti. L’amore per Gesù significa amore per il prossimo, per i poveri, che abbiamo sempre con noi e che sono i primi che dobbiamo difendere, perché chi difende i poveri, che come sappiamo è molto facile da far comparir birboni, difende tutti. Ed è utile a tutti. Chi ama Gesù che si è fatto povero per arricchirci, impara ad amare tutti. E l’amore ripara tutto, tanto che le ferite della croce diventano motivo di speranza, piene di luce. Il male rovina, ma l’amore aggiusta. Amore, non qualche surrogato a poco prezzo. Ecco la Pasqua buona. Lo abbiamo dentro, questo amore. Gesù ce lo fa scoprire e ci libera dalla paura di donare. È la speranza della Pasqua.

Roma, chiesa di San Lorenzo in Panisperna
25/03/2024
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