I giovani ieri sera mi hanno chiesto – in un intenso incontro, pieno di domande vere – se ho paura del futuro. Sì, spesso il futuro incute paura, perché appare incerto. È incerto. Vorremmo sapere e capire tutto prima, perché non ci fidiamo degli altri e di noi stessi, perché tutto sembra troppo difficile e la pandemia ha ricordato brutalmente quanto siamo vulnerabili, esposti a rischi che non possiamo prevedere e così indipendenti dalle nostre scelte. Per di più da mesi – non possiamo mai abituarci alla morte! –assistiamo ad una guerra terribile, che ci sfiora e le cui conseguenze ci coinvolgono già. È una guerra che come tutte le guerre è una fabbrica di morte, causa tanto dolore perché è una forza terribile, distrugge tutto, a cominciare dalla singola persona. Chi uccide un uomo uccide il mondo intero! Capiamo la guerra pensando a ogni singola persona. Il Papa chiede a tutti di unire le lacrime alle loro, di non far passare giorno in cui non siamo vicini almeno nella preghiera e non li portiamo nel cuore, perché il loro dolore è il nostro dolore. Cercare tante sicurezze, poi, in realtà ci rende insicuri, perché non bastano mai e non troviamo risposte sufficienti! Allora, come possiamo scrutare con fiducia il nostro futuro? Spesso ci accontentiamo del presente, tiriamo a campare, prendiamo quello che possiamo oggi, perché se abbiamo paura del futuro finiamo per vivere come viene. E così ci arrendiamo alle prime difficoltà. Non è andato tutto bene, non so come andrà e allora ho paura. Cerchiamo qualcuno che risolva tutto, che garantisca il benessere personale, a qualsiasi prezzo. Tante persone isole vogliono stare bene da sole, pensano che tutto giri intorno a sé, e così non stanno bene. Infatti chi ama solo se stesso non sta bene, perché sta bene chi ama il prossimo, non chi lo usa, perché amore è dono, non possesso. Possiede chi regala. Trova il proprio io, e capisce chi è, chi trova e capisce il fratello, chi scopre il “tu”. Chi scopre Gesù come il suo amico trova tanti “tu”, tanti amici, fratelli e sorelle. Ed è beato, perché tutti cerchiamo amore, amore vero, non un’avventura. Gesù è venuto per aprire il nostro cuore al futuro. La nostra promessa è Gesù. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire, ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Aspettiamo il giorno in cui il lupo dimorerà insieme con l’agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. Il cinico vede sempre tutto nero, vuole dimostrare il contrario e fa crescere l’inimicizia, quella per cui solo il più forte conta e dove bisogna esercitarsi nell’arte della guerra perché così va il mondo. E così il mondo diventa un inferno per tutti.
Aspettare può significare due cose: rimandare i problemi o prepararsi perché aspetto qualcuno che so che deve arrivare e non vedo l’ora che venga. Noi non vogliamo rimandare, chiedere a Dio di fare tutto e poi, invece, cercare di salvare solo noi stessi, di stare bene, di non avere problemi! Noi vogliamo aspettare e per questo ci prepariamo! Giovanni il Battista è avvento che chiede a tutti “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!”. Ascoltando la sua voce siamo aiutati a guardare Gesù. Il suo è un annuncio bellissimo: significa che non è lontano, impossibile, distante, e che il mondo dove il lupo dimora assieme all’agnello inizia e lo puoi vivere oggi. Convertirci è andare verso la luce mentre siamo nel buio. Prepariamo la via del Signore! Raddrizziamo i suoi sentieri! C’è tanto deserto, c’è poco amore, poca vita. Quanto inaridisce il cuore il deserto di solitudine che ci rende isole. Prepariamo la strada andando incontro agli altri, fermandoci ad aiutare, cercando di fare crescere l’amore per chi non è amato. Non ci arrendiamo al deserto! Combattiamo il male con la stessa forza di Gesù, onnipotente perché amore. E il suo amore ci rende migliori, ci aiuta a imparare ad amare e a non avere paura di farlo bensì di non farlo! Raddrizziamo la via per incontrare Gesù, cioè apriamogli il cuore e cerchiamo noi il cuore di Gesù e del prossimo. Rimuoviamo dalla strada del nostro cuore tanta paura e diffidenza, i perenni lavori in corso per cui non passa nessuno, l’egoismo che è come un senso unico che impedisce all’altro di passare e a me di andargli incontro. Io, piccolo o grande, bambino o vecchio, posso essere amico suo e fare cose grandi, perché con l’amore si può fare tanto anche se si è piccoli. E così capiamo che piccoli lo siamo tutti e che essere grandi nell’amore non dipende dall’età, ma dal cuore. I farisei dicevano dentro di sé: “Abbiamo Abramo per padre!”, cioè sono gli altri che debbono cambiare, noi siamo già a posto! Si sentivano sicuri senza fare niente e giudicavano tutti. Pensavano: sono gli altri che devono fare il primo passo; oppure, Giovanni Battista è esagerato! Il problema è suo, non nostro. I farisei si sentono il centro del mondo e rendono i doni (essere figli di Abramo) un possesso; sanno solo criticare.
Viene il Signore nella grande notte del mondo e nel buio del cuore, dei nostri pensieri tristi, della solitudine o della paura. Non vogliamo un Natale finto, che si compra al supermercato. Abbiamo bisogno di un Natale vero, di una speranza concreta. Il cambiamento inizia nel nostro cuore! Giovanni Battista ci chiede di cambiare noi! L’invito è di dare frutti, non promesse vuote. Prepariamo la strada al Signore. Frutto di amore è prenderci un po’ di tempo per la preghiera e per l’amore al prossimo, fosse solo una visita, un gesto di solidarietà. Chi ama i poveri accoglie Gesù, perché sono i suoi fratelli più piccoli. Nessuno è tanto povero da non poter fare qualcosa per gli altri! Abbiamo molto e donare, anche solo quello che sappiamo fare e l’amore che abbiamo, vuol dire cambiare il deserto e, per noi, trovare il Natale. Ecco, questo è l’avvento che vogliamo e questo prepara la vita nuova che nasce, il mondo di pace che Dio vuole per gli uomini.
