Gli Atti degli Apostoli oggi continuano a compiere i prodigi della prima generazione. Bisogna, però, lasciarsi guidare dallo Spirito Santo al quale dobbiamo essere docili e prenderlo sul serio per non riempirci di noi o dello spirito del mondo. E il primo prodigio è essere figli e figlie di Dio, gustare la sua presenza in mezzo a noi, far parte – ed è il dono più importante – di un popolo di amici e non di servi, di uomini liberi perché chiamati da Gesù, liberi perché non vivono per se stessi ma perché amano e imparano ad amare dal loro maestro, via, verità e vita. E Gesù non offre una lezione, l’ennesimo libro di buoni consigli o di interpretazioni, ma ama, dona vita, la sua, perché così troviamo la nostra e amando ci liberiamo dalla paura di perderci. Anche per noi, come negli Atti degli Apostoli, il primo prodigio è la comunità, che dà senso alle nostre persone, che diventa la vera famiglia. Il cristiano non è un’isola, un individualista che prende quello che gli serve e pensa gli sia dovuto, e la comunità non è un club di auto-aiuto o un supermercato di benessere spirituale. Il cristiano è un fratello e la comunità è una Madre che ci ama ed è da amare, che genera vita e chiede vita, e che ci ricorda due cose: che siamo figli ma anche fratelli. Duilio ha amato una Chiesa Madre, vicina alle persone, semplice, verace, non perché asseconda l’istinto o perché accecata dalla luce diafana e abbagliante di una verità giuridica, ma perché Madre che accoglie con la luce dell’amore che illumina dolcemente. Duilio ha molto amato e ci aiuta a capire cosa significa amare, aiuta noi che patteggiamo sempre l’amore per gli altri con l’amore per noi stessi, credendo, in fondo, che l’amore donato sia tolto a noi e, viceversa, qualche volta – poche – che sia tolto agli altri. Duilio ha amato senza compromessi donando tutto, senza inganni, con severità e intransigenza, perché l’amore fosse pieno ed evangelico. Se amiamo con passione piena come Duilio, a occhi aperti e viso alto, senza timori reverenziali ma con il vero timore di non saper amare, troveremo il cento volte tanto in fratelli, sorelle, padri, madri. È quello che contempliamo questa sera per Duilio. E che lui ci restituisce perché la comunità resta con noi e noi, come Giovanni, prendiamola nel nostro cuore.
Duilio ha amato a modo suo, che non vuol dire affatto come gli pareva, ma con tutto se stesso, coinvolgendo la propria vita e sensibilità, tutta, senza risparmi. A “modo suo” vuol dire “ognuno per la sua via” (GE 11) e proprio per questo esigenti nell’amore. Ripeto: è molto diverso dal fare come ci pare, imponendoci agli altri e piegando il mondo a noi. Era se stesso perché ha amato con tutto se stesso. “San Giovanni della Croce preferiva evitare regole fisse per tutti e spiegava che i suoi versi erano scritti perché ciascuno se ne giovasse «a modo suo»”. Questo non significa affatto come uno vuole, facendo di sé l’unico criterio – come impone l’individualismo penoso e pericoloso – ma in modo personale, cioè senza risparmi, concependo la totalità della nostra vita come una missione, “cioè chiedendosi cosa Gesù si attende da te in ogni momento della tua esistenza e in ogni scelta che devi fare, per discernere il posto che ciò occupa nella tua missione. E permettigli di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi”. (GE24) “Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita”.
Ringraziamo con commozione il Signore per il dono di Duilio, che ha fatto per sé e ha insegnato a tanti non avere paura di farlo per sé. Devo dire che mi sembra incredibile non vederlo in mezzo a noi, trascinato dalla sua indomita passione per Gesù, per la Chiesa e per il prossimo, con una forza che lo ha fatto sognare, in condizioni oggettivamente debolissime, di tornare in parrocchia, di sistemare la stanza all’ingresso al piano terra per poter continuare a restare. Ha vissuto con tanta amarezza il non poter amministrare il battesimo due settimane fa. Viveva per voi. E questo mi commuoveva, per la totalità del suo dono e della sua intelligenza.
Ho lasciato che leggessimo i brani della liturgia odierna, sia perché Duilio vi ha insegnato a seguire la Parola di Dio, e non viceversa, sia perché la parola di Dio è sempre lampada per i nostri passi, anche quando, come questa sera, sperimentiamo il confronto inaccettabile e pieno di interrogativi con la morte. L’apostolo Paolo andava incontro a tutti, parlava con chiunque perché nessuno gli era estraneo. Viviamo in un mondo che si divide facilmente perché, al contrario del consiglio di San Giovanni XXIII, cerca sempre quello che divide e non quello che unisce perché sa essere se stesso solo distinguendosi, contro gli altri. L’amore cerca quello che unisce, quello che risolve la divisione, non perché divento uguale ma perché mi penso insieme, scopro che sono complementare.
Paolo parla all’Areopago, cioè per strada, nella piazza principale, nei luoghi dove le persone si incontrano. Non si parla addosso e non resta zitto. Parla e parla di Gesù partendo da quell’iscrizione che aveva visto per strada: “A un Dio ignoto”. Dio non abita in templi (e sappiamo quanto erano straordinari quelli della Grecia!). E poi è un Dio che “si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa”. Dio ha bisogno del nostro amore perché ci ama e chi ama non si basta, ma cerca l’amore dell’amato. Dio fa così perché anche noi impariamo da Lui. Non ci tratta da servi ma da amici. Ecco Duilio, esigente nell’amore, fermo e tenerissimo, umano con la sua carica e il suo sorriso disarmante e sincero, e allo stesso tempo spirituale, amico e padre. Sulla resurrezione, che è il centro di tutta la nostra fede, gli ateniesi lo deridevano. La vita che non finisce, che vince il limite del male della morte, sembra un’illusione. Eppure la vita cerca la vita. La nostra fede non è un tranquillante per non pensare, ma l’amore di Dio che dona se stesso, che perde la vita perché non si perda per sé e allora anche per noi. Ama, si affida al Padre e risorge dai morti, perché anche noi risorgiamo con Lui. Ci prende con sé dopo che è andato, ed è tornato dopo essere andato! È proprio vero. Per il momento non siamo capaci di portarne il peso. È lo Spirito di verità, il suo amore che è la verità della nostra vita, la condivisione piena, e tutto ciò che avrete udito vi annuncerà le cose future. Non smetteremo mai di cercare.
La nostra fede ci fa credere nell’amore di Dio e di Gesù. E poi non la verità tutta intera dobbiamo capirla oggi: la capiremo domani… Quello che possiamo capire è l’amore, che risponde anche a quello che non sappiamo spiegare. Amore verso Gesù e verso il prossimo. Qualcuno ha scritto che Duilio è stato graziato! Si è addormentato (letteralmente) nel Signore. La morte non era contemplata nell’agenda di don Duilio, almeno ora: doveva tornare a casa. Ma era impedito di farlo, e non se ne capacitava. Allora la sua parrocchia ha preso casa presso il Toniolo, e a turno l’hanno assistito “i suoi ragazzi”, divulgando ogni giorno il bollettino medico a chi era a Casalecchio. I suoi ragazzi, quelli ormai grandi, sono stati i suoi bambini: il Signore ha già fatto raccogliere quanto, per mezzo di don Duilio, ha seminato. Era questa la sua gioia. Don Duilio era sempre assertivo, a lui sempre l’ultima sagace parola. Per lui, la miglior difesa era l’attacco: ma era proprio una difesa, perché in verità ha predicato il Vangelo con la sua affettività. E quando ormai, suo malgrado, i suoi luminosi occhi lentamente si spegnevano, continuava a trasmetteva luce con il suo tenue sorriso. Don Duilio ha voluto bene alla Chiesa, tanto bene da essere molto sensibile alle espressioni di stima, quando la Chiesa gliele rivolgeva. Con fierezza. In alcune sue lettere ai superiori, dove non le mandava certo a dire, affrontava con chiarezza da adulto e scriveva: “Se non è d’accordo mi perdonerà, se è d’accordo forse continuerà a guardarmi con simpatia” oppure “Spero di non averle procurato disturbo, ma non sarei riuscito a colloquiare con un interlocutore del quale non capivo né le proposte né le intenzioni né le conclusioni né il progetto amministrativo e pastorale. Mi capisca e, se ci fosse bisogno, mi perdoni”; “Le offro tutto il bene di cui sono capace – è tanto – ed aspetto una sua risposta che presumo sarà altrettanto piena di affetto, rispetto e di contenuto”. Ecco la Chiesa che voleva.
Quando abbiamo iniziato la prima riunione con i parroci di Casalecchio, allora tutte con parroco residente, pensavamo a qualche difficoltà. Al contrario vi fu piena collaborazione, “a modo suo” ovviamente. Non perché andasse bene a lui, ma perché fosse vera ed evangelica. E di questo gioiva nelle confidenze amicali, di una gioia come di bambino; come nel dispiacersi, come di bambino, quando queste sembravano non arrivare. Nell’animo don Duilio è sempre stato come un bambino, un piccolo di Dio e per questo un uomo grande, saggio, che spiegava la vita e ci ha lasciato tutta la sua. Che se ne faceva senz’amare? E noi che ce ne facciamo senza donarla? Come l’apostolo, ispirato dal Signore sapeva leggere le tante iscrizioni al Dio ignoto nelle persone e nelle situazioni, a cui lui sapeva dare il nome. Lo faceva con una grande capacità e disponibilità ad incontrare tutti, a non perdere nessuno ma al tempo stesso con una chiarezza e fermezza di pensieri e di giudizio, unita anche ad una fine ironia. È una casa che ha fondato e che sentiva sua, ma senza possederla: la comunità, la sua comunità. Infatti l’ha voluta perché fosse casa nostra, perché di Dio e per questo nostra ma senza possesso.
Sapeva coinvolgere proprio tutte le componenti della sua comunità nelle attività della parrocchia e a favore dei più deboli in particolare, perché la Chiesa è di tutti e perché è particolarmente dei poveri. Non un messaggio filantropico. Per lui la bellezza di essere cristiani è “Niente di deciso in partenza: nessun programma definito una volta per tutte, ma soltanto da attuare: un cammino da inventare ogni giorno, tra incertezze, ambiguità, situazioni diverse, imprevisti, che obbligano a rivedere costantemente le posizioni. Occorre senso della realtà, senza rinunciare alla speranza. Occorre prendere atto dello sfaldamento delle sicurezze, e vivere gioiosamente nel provvisorio, rinunciando a promuovere come assoluto ciò che assoluto non è. E poi, ammettere che siamo limitati, per avere la possibilità di sperimentare, in maniera discreta ma reale, la forza che viene dallo Spirito. Incaricati di produrre piccoli segni piccoli segni che abbiano la capacità di rivelare, pur nella loro modestia, qualcosa dell’amore “misericordioso” del Padre. Come cristiani siamo chiamati a rispondere alle attese dello Spirito e a fornire indicazioni attendibili sulla strada degli uomini, per poter conoscere, insieme, ciò che siamo e ciò che possiamo essere. È incredibile quanto amore gira per il mondo, senza che noi, superficiali, lo percepiamo; quanta gente ci vuole bene senza che noi neanche ce ne accorgiamo e in quanti posti la nostra parola può germinare senza che noi lo veniamo a sapere”. Un suo amico ha detto che avrà da protestare con il Signore perché “poteva almeno aspettare che facessi le comunioni”. Non è morto con dei magoni in gola, perché leale, sincero, vero. Rimaniamo tutti un po’ orfani ma anche chiamati a vivere in maniera responsabile e in comunione le tante parole che ha seminato nel nostro cuore. La sua domanda era: “È meglio vivere qualche anno in più con la marcia ridotta? O l’ideale è vivere senza chiedersi quanti anni durerà la corsa?”.
Oggi è finita la tua corsa. Addio caro Duilio, i tuoi occhi come a Emmaus si aprono su Gesù nell’Eucarestia piena dell’amore che non finisce, dove non c’è più la notte e resti con Lui per sempre. Sei oggi tra le braccia di quel Dio che hai amato, con i fratelli più piccoli di Gesù, con tutti i santi. Hai vissuto con umanità piena, accettata in tutte le sue pieghe e nelle fragilità, affinché tutta la vita sia dono al Signore e ai fratelli. Il tuo esempio ci aiuta a vivere e la tua luce illumina il nostro cammino. Prega perché ognuno a “modo suo”, tanti, si mettano al servizio di Dio, con gioia e libertà, con molta obbedienza e amore. Grazie Duilio e prega per noi. Resta con lui, Signore. Resta con noi.
