Omelia nella Messa per l’istituzione di 20 nuovi Accoliti

Che gioia ritrovarsi assieme in questa casa che ci accoglie tutti e ci permette di contemplare la storia e il presente della nostra Chiesa, che ha ricevuto il Vangelo da tanti santi che ce lo hanno trasmesso vivendolo. Oggi è proprio il giorno in cui ricordiamo San Procolo, che insieme a Vitale, Agricola e Petronio, è all’inizio della nostra Chiesa. Ecco, vediamo la bellezza e la grandezza della nostra Chiesa, unita sempre a colui che presiede nella comunione e che vogliamo amare e aiutare nel suo servizio. È è per noi la stanza dove Gesù vuole che prepariamo la sua Pasqua insieme a noi, quella memoria del passaggio che ogni volta che celebriamo ci fa vivere il passaggio dalla morte alla vita che è Gesù, e noi con lui. Dobbiamo apparecchiarla noi. La prima preparazione è dentro di noi. All’inizio della liturgia chiediamo tutti perdono per i nostri peccati. Non è un passaggio affrettato e scontato. In realtà è l’atteggiamento che ci consente di stupirci di un pane donato senza merito, nella consapevolezza di essere amati da Lui, così come siamo, ma anche trasformati per essere diversi.

Il Corpus Domini lo accogliamo perché è il centro della nostra amicizia e perché da questo nasce una forza di amore che genera e cambia le nostre relazioni. È comunione con Lui, tra di noi e verso tutti. La riceviamo, è nostra, dobbiamo comunicarla a tanti. È presenza, corpo, perché siamo suoi. Questo è il mio corpo. È donato, offerto, versato e spezzato per molti, questi e gli altri, la moltitudine, tutti, che non si contrappone mai al voi, anzi, lo completa. Così come la moltitudine, tutti hanno bisogno di una tavola, di un noi.

Siamo liberati dal nostro egocentrismo dal suo amore, uniti a Cristo, alla concretezza dei suoi sensi, per imparare ad ascoltare, a sentire il profumo, a riconoscerlo nell’incontro, a vederlo. Uniti a Gesù siamo una cosa sola con chi abbiamo vicino, liberati dalla paura che ci tiene il cuore chiuso. Dall’Eucaristia deriva la presenza della Chiesa nel mondo. Chi riconosce Gesù nella sua presenza eucaristica lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato. Ed è una scoperta che non finisce mai e che ci rende attenti ad ogni persona, specialmente a chi è povero e solo. Questo amore è nostro se è per gli altri. Lo riceviamo ma ognuno lo deve anche donare.

Nel nostro tempo di poca comunione, di banale e rozza aggressività, di contrapposizione, dobbiamo cercare sempre l’unità della famiglia umana. La comunione diventa condivisione. L’Eucarestia è amore spezzato, dono di sé. Abbiamo tanta paura di perdere, perché pensiamo che c’è più gioia nel ricevere, nel possedere. La parola “comunione”, che noi usiamo per designare l’Eucaristia, riassume in sé la dimensione verticale e quella orizzontale del dono di Cristo. È bella e molto eloquente l’espressione “ricevere la comunione” riferita all’atto di mangiare il pane eucaristico. Siamo intimamente uniti a Gesù, che ci fa sentire a casa e sazia la nostra richiesta di amore con il suo. E chiede tutto il nostro amore.

Oggi sono istituti gli accoliti. È festa di casa, di persone che si mettono al servizio. Non al centro, ma a servizio. La nostra tradizione è che sia qualcun altro a chiederci il ministero, proprio per non assecondare per nulla il protagonismo di ognuno. Lo abbiamo detto in quel bellissimo incontro a conclusione della preparazione. Avete risposto “eccomi”. Nessuno è qui per i suoi meriti, solo per grazia. È la nostra libertà. Preparare la mensa del Signore, donarlo a tanti che hanno fame del pane che non delude e che sazia. C’è bisogno di incontrare tanti, così come voi siete stati incontrati da persone che riflettevano la presenza di Cristo e mostravano i suoi sentimenti. Servite questa amicizia, con la presenza, garantendo forma e sostanza. Apparecchiare è tessere fraternità. Farci piccoli per lasciarci visitare personalmente e come comunità, il massimo dell’intimità, ma anche l’aprirsi alla fraternità. Anziani e persone malate. Anziani e soli. Tutti i fragili. Questa comunione è Gesù, ma è anche la vostra presenza. Possano vedere in voi la presenza del suo amore. Non esibirci di Lui. Far vedere questa comunità. Essere un esempio.

Ringraziamo sempre per il dono. L’inadeguatezza ci accompagnerà e ricordarla ci farà essere umili, liberandoci dalla supponenza che spesso insidia. Possiamo essere una comunità viva, che visita, unisce, vince la solitudine, tesse relazioni. Con l’impegno a farlo volentieri. Cerchiamo di starci sempre, donando i sentimenti di questo Corpo che servirete sull’altare della vita di tutti i giorni, apparecchiando con l’accoglienza la tavola che è la comunità tutta.

Adoriamo il Signore, non per scappare dalla vita ma per trovarla, per scendere nel profondo, per dire a Gesù: «Io sono tuo. Ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te». È un abbraccio con Gesù nel quale continueremo a dirgli: «Io sono tuo e, ti prego, stai anche Tu sempre con me».

Cattedrale di San Pietro, Bologna
01/06/2024
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