Omelia nella S. Messa
in occasione della
Festa di S. Caterina de’ Vigri
alla presenza delle
Reliquie di S. Chiara d’Assisi

1. «Fratelli, Dio rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza

della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo». Le parole dell’apostolo

descrivono l’avvenimento centrale della sua vita. Egli, per grazia di

Dio, è stato illuminato sull’identità di Cristo splendente

di gloria divina. Ha incontrato Cristo perché ne ha conosciuto per grazia

il Mistero. è stata però una illuminazione da non tenere per

sé, ma da diffondere e comunicare agli altri. La bellezza ed il fascino

di un incontro è tale da dover essere partecipato anche agli altri.

La Chiesa di Dio che è in Bologna, celebrando la memoria della “sua

santa”, S. Caterina Vigri, trova nelle parole paoline la chiave interpretativa

di tutta l’esperienza di fede di questa donna straordinaria. Anche la pagina

evangelica che la liturgia oggi ci fa meditare, va nella stessa direzione. In

Maria, la sorella di Marta, che “sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava

la sua parola” vede raffigurata la vita di Caterina, tutta incentrata e

concentrata nell’incontro colla persona di Cristo. La molteplicità dei

servizi di Maria esige di essere portata all’unità del rapporto,

se non vuole essere dissipazione e lacerazione della persona.

Caterina è in primo luogo una vera figlia di Francesco nel carisma proprio

di S. Chiara.

Anche la sua vita cristiana, come quella di Francesco, inizia con l’esperienza

dell’amore misericordioso di Dio. Intorno al 1429 andando ella alla Chiesa

dei frati minori osservanti per confessarsi, chiese alla divina misericordia

di essere perdonata totalmente, ottenendo la piena remissione dei suoi peccati.

Nelle Sette Armi Spirituali [IX, 4] scrive: “Iddio Nostro Signore le manifestò apertamente

come esso le aveva perdonato tutti i suoi peccati nella colpa e nella pena”.

Il suo cammino spirituale è incentrato tutto nella viva esperienza della

presenza del Cristo, fino a quando questa presenza diventa così “invasiva” da

riempire vita e persona di Caterina. “Ordunque – scrive nei Dodici

Giardini – che ti resta se non che tutta ti sommerga in quella ineffabile

dolcezza della divina carità, la quale … distillerà in te

della divina dolcezza … La divina carità da sé distillerà in

te dolcezza di inestimabile e incomprensibile, inenarrabile carità divina,

nella quale tu tanto ebbra, tanto congiunta … sarai dimentica di ogni tuo

sentire” [XIV, 1].

Dobbiamo guardarci dal pensare che questo cammino di Caterina non abbia comportato

una distruzione di quella deformazione della propria umanità, nella quale

la persona umana si trova degradata. La sua opera “Le sette armi spirituali” nasce

da questa consapevolezza, così espressa: “ma perché dall’inizio

alla fine di questa battaglia bisogna passare per il mare tempestoso, cioè per

la via di molte ed angosciose tentazione e fortissime battaglie … indicherò alcune

armi da poter combattere legittimamente contro l’astuzia dei nostri nemici” [Pref.

10].

2. Carissimi fedeli, celebrando l’Eucarestia noi viviamo in una particolare

unione coi santi, oggi con Caterina Vigri. Ne abbiamo ascoltato la voce; ne abbiamo

schizzato il cammino spirituale. Tutto questo ha solo un interesse storico? quale

messaggio noi possiamo ricevere che sia orientamento al nostro faticoso vivere

quotidiano?

Il mistico mette in piena luce l’intima natura delle fede cristiana. Mediante

l’assenso che noi diamo alle verità della dottrina cristiana, noi

abbiamo un contatto reale con quella Realtà nella quale crediamo. Credere

non significa assentire a formule, ma mediante queste avere una esperienza di

ciò in cui crediamo. La vita cristiana è la stessa vita umana abitata

da una presenza, la presenza di Cristo che vive nel credente. Donne come Caterina

ci dicono che cosa è la fede: porsi sotto la signoria di Cristo, perché Egli

dia pienezza di senso ad ogni momento della vita.

è per questo che la sua figura è di permanente attualità.

Non è qualcosa di esoterico, perché nel cristianesimo non c’è nulla

di esoterico. Ella ha incontrato Cristo nella fede, nelle celebrazioni, nel corpo

della Chiesa: non ne è uscita alla ricerca di ignoti spiritualismi.

Ma nello stesso tempo in cui vivendo pienamente nella fede della Chiesa si è lasciata

occupare da Cristo, ella ha ritrovata se stessa. Il mistico cattolico ci mostra

come l’uomo raggiunga la pienezza della propria umanità in Cristo.

Mi piace concludere colle stesse parole con cui Caterina conclude I dodici giardini: “Dì dunque

e fa palese alla mendicità degli assetati amanti, come hai rinvigorito

l’animo”. Ecco la vera definizione di uomo: mendicante assetato di

amore; di amare e di essere amato.

I grandi mistici fanno palese quella verità nascosta di noi stessi, che

chiede di venire alla luce e di essere riconosciuta dalle scelte della nostra

libertà.

09/03/2004
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