Omelia nella veglia di preghiera «Morire di speranza» a Bologna

Viviamo tutti il “migrare dei giorni” verso la casa del cielo. Siamo tutti migranti. Quando pensiamo di restare su questa terra, non ne vediamo il limite, lo ignoriamo, pensiamo di restare dove e come siamo, in realtà viviamo male. Ricordarlo ci aiuta a capire che nasciamo come tutti, provvisori, fragili, esposti, che diventeremo una cosa sola con tutti e che le tante distinzioni che ci sembrano decisive sono e saranno, invece, davvero relative. Se ricordiamo che siamo tutti migranti, di passaggio, capiamo che siamo fratelli tutti e se ci esercitiamo ad esserlo fin da adesso anticipiamo quello che vivremo e capiamo finalmente chi siamo. Il prossimo non è una categoria morale, astratta, e amarlo non richiede uno sforzo contro noi stessi, quasi fosse limitante del nostro io. È esattamente il contrario: se amo il prossimo – e che altro dobbiamo fare? E cos’altro rende felice la nostra vita, le dona valore, la esalta e la compie se non l’amore? – il prossimo diventa un pezzo di me. Altrimenti il prossimo è solo un rischio, un concorrente, un oggetto da usare, da possedere. Non dimentichiamo che siamo tutti stranieri in questo mondo, cerchiamo la casa del cielo, il senso del nostro cammino, il tanto che abbiamo, la bellezza di quello che viviamo, non un’altra vita che non esiste ma la pienezza della nostra con quello che è il nostro corpo, non con ciò che si ha o che si esibisce.

Oggi ricordiamo tanti fratelli migranti, quelli che ce lo ricordano fisicamente. Non parliamo di un altro mondo, ma del nostro. È questa consapevolezza della fraternità universale, cui ci ha chiamato Gesù, che rende tutto il mondo la nostra casa. Nella lettera di Diogneto è scritto così: «I cristiani abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Insomma, per parlar chiaro, i cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo. L’anima immortale risiede in un corpo mortale; anche i cristiani sono come dei pellegrini che viaggiano tra cose corruttibili, ma attendono l’incorruttibilità celeste». Seguiamo Gesù, pellegrino, che ha fatto suo il nostro cammino perché non ci perdiamo andando dietro a falsi pastori, perché non ci buttiamo via, perché non possiamo restare per sempre dove stiamo. Gli spostamenti delle migrazioni sono di proporzioni gigantesche, dovuti all’ambiente, al tiranno della povertà e soprattutto alle guerre e alle loro conseguenze terribili, che durano anni e che sono contagiose. Guai a credere che il virus della guerra non superi qualsiasi confine e non annulli tutte le distanze! Siamo davvero tutti sulla stessa barca e un incendio, anche piccolo, la mette in pericolo tutta. Se non lo facciamo per fraternità facciamolo almeno per realismo. Se si mette in discussione la dignità umana per qualcuno è facile che sia attaccata per tutti. Non c’è mai contrapposizione tra la dignità della vita visibile e quella affidata alla decisione dei singoli.

La si difende sempre tutta e per tutti. E se ci interroga la dignità della persona umana quando è umiliata da scelte individuali, a maggiore ragione ci interroga quando i diritti della persona sono negati da chi deve difenderli. E la prima dignità è quella del vivere, ma anche quella di poter guardare al proprio futuro, di non essere trattati come oggetti. La recente vicenda di Satnam Singh ci deve trafiggere perché si unisce anche ai diritti negati, a cominciare da quello della dignità umana, totalmente umiliata da chi non ha voluto aiutarlo e lo ha riportato, come fosse un problema e non un moribondo, a casa sua. Il problema della sicurezza è legato anche al limbo cui condanniamo per anni i tanti che restano senza diritti, invisibili, e poi molto sfruttati da quelle che non dobbiamo aver timore di chiamare mafie. Satnam, riportano i giornali, si svegliava tutte le mattine all’alba, usciva di casa alle 6.30, percorreva 8 chilometri in bici verso il lavoro, tornava a casa solo la sera. La sua paga era di 4 euro all’ora, insieme a sua moglie. Sognava solo di potersi costruire una famiglia. Aspettavano i documenti per fare un figlio. Satnam sapeva farsi voler bene. «Se c’era un gioco di mia figlia a terra, si chinava lui per non farmi abbassare», dice la sua vicina di casa. La moglie oggi non fa altro che ripetere «mio marito è vivo». Sono due ragazzi indiani, sikh, originari del Punjab e sarebbero arrivati in Italia tre anni fa su una tratta difficile da ricostruire. Il suo vicino di casa ha detto: «Un amico indiano mi chiese se potevo ospitarlo. Gli dissi di sì. Mio padre era emigrante in Svizzera, dormiva nelle cabine telefoniche, so che cosa vuol dire accoglienza». Se non ci fermiamo davanti a questa mancanza di dignità, come lo sapremo fare per quella più invisibile e lasciata alla coscienza individuale?

La qualità della singola vita umana non può mai essere violata perché si perde la dignità infinita. Non c’è la necessità di difendere anzitutto il diritto alla vita, e quindi all’asilo? “Salvare, Accogliere, Integrare” sono i verbi della dignità infinita affidati a ogni nostra comunità e al loro impegno. Salvare. È un dovere evangelico e umano. Ed è smentito in tutte le analisi che le Ong siano un pull factor, anche perché in questi mesi soltanto il 14% delle persone salvate nel Mediterraneo sono state salvate dalle Ong. Sono state salvate dalla Guardia Costiera, alla quale va un elogio particolare per la professionalità e l’umanità con cui ha rispettato la legge del mare, da navi di passaggio e da altri tipi di imbarcazioni. Non deve essere questo un impegno europeo?

Molti Paesi europei si disinteressano al tema del salvataggio e lo hanno lasciato all’Italia. L’Italia deve essere aiutata perché è il Paese che più salva nel Mediterraneo, aiutata a salvare. La legalità del migrante non può essere solo legata a quella del lavoratore stabile, per di più con tempi e certezze di regolarizzazione quasi infiniti. Attenzione a non produrre più insicurezza e irregolarità, credendo che si possa far finta che non esista quello che è sotto gli occhi di tutti, relegando all’illegalità la loro sussistenza invece di offrire vie legali, sicure, sulle quali permettere il futuro. A cominciare dalla sponsorship per il lavoro, da quando gli imprenditori sono ben disposti a fornire formazione o la protezione speciale. Attenzione a non creare irregolari che erano già inseriti e lavoravano. Non si può affrontare un evento planetario, che coinvolge le energie migliori dei mondi più giovani del nostro, in chiave solamente securitaria perché così si diventa incapaci anche di trarne vantaggi. I profughi crescono. I migranti crescono. Il freddo, la pioggia, il riscaldamento eccessivo non sono fatti occasionali, ma strutturali. Così le migrazioni. L’80% di tutti i profughi africani si ferma in Africa, non ha per obiettivo l’Europa. L’85% di quelli nel mondo vive nei Paesi confinanti con quello d’origine e a volte sono Paesi poverissimi.

L’Europa ha accolto cinque milioni di ucraini in un anno, l’Italia 157 mila, senza traumi. L’accoglienza inizia non aspettando mesi per la formazione! L’unica via alla sicurezza è l’accompagnamento, l’integrazione, l’inclusione. Che sono il vaccino per evitare il declino. Non dobbiamo aiutare tante Città dei Ragazzi o associazioni del genere ad accogliere e far crescere persone in difficoltà facendole diventare cittadini? Scuole e avviamento al lavoro non sono un’opportunità per loro e per tutti? Altrimenti i minori fuggiranno dal nostro Paese o andranno a ingrossare le file di coloro che si arrangiano, e arrangiarsi vuol dire anche delinquere in certe situazioni. Quante famiglie desidererebbero essere affidatarie di ragazzi, cosa che non avviene per lentezze burocratiche. I flussi su base triennale sono finalmente un numero più consistente dei 450mila ingressi previsti negli anni 2023-2025, ma quello che registriamo è che occorre anche regolarizzare quelli già previsti. L’Italia fa bene a salvare, deve continuare a salvare, ma deve coinvolgere l’Europa in questi salvataggi. La gente morta in mare è un’offesa, una vergogna inaudita. Non dobbiamo far crescere la solidarietà su cui è fondata l’Unione Europea? Il tema dell’accoglienza diffusa riguarda particolarmente i minori non accompagnati, dobbiamo uscire da semplificazioni colpevoli, da polarizzazioni che istigano all’indifferenza o fanno crescere l’inimicizia. Ciò significa anche che dobbiamo riconoscere la ricchezza e il potenziale che le persone migranti portano con sé, le loro competenze, le loro esperienze, le loro aspirazioni, le loro storie. Il Papa ha ricordato che un diritto fondamentale è la libertà di scegliere se restare o partire.

Come ha detto Benedetto XVI nella Caritas in veritate (Cv 62) «Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati. Nessun Paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo. Tutti siamo testimoni del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni che accompagna i flussi migratori. Il fenomeno, com’è noto, è di gestione complessa; resta tuttavia accertato che i lavoratori stranieri, nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione, recano un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro, oltre che a quello del Paese d’origine grazie alle rimesse finanziarie. Ovviamente, tali lavoratori non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro. Non devono, quindi, essere trattati come qualsiasi altro fattore di produzione. Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione».

Sia così.

Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano - Bologna
21/06/2024
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