Omelia al termine degli Esercizi spirituali della Ceer a Marola

Davvero tutto è grazia. E, quando capiamo e sentiamo la grazia, tutti sono grazia e non, come diceva qualcuno e purtroppo pensano in molti, l’inferno o il nulla. La grazia ha un effetto, così diverso dalla perfezione o dal benessere, e richiede sempre a noi il nostro amore. La grazia genera forza di amore e ci fa sentire amati, tanto che possiamo affrontare le prove. La grazia produce benevolenza, cioè saper trovare il dono che è l’altro, riconoscere la sua bellezza, perché solo così possiamo amare e non sopportare. Non capiamo la grazia quando pensiamo che tutto è merito, guadagnato con il coinvolgimento e con le proprie scelte, frutto delle proprie mani o riconoscimento del proprio essere. Senza la grazia ci fidiamo solo di noi stessi e restiamo soli con le ossessioni verso il male, del quale finiamo per diventare prigionieri (dalla diffidenza alla malevolenza, dalla pagliuzza a un’idea di purezza che è poco di Dio e poco umana). La grazia, che non è esclusiva di qualcuno e che è dono che va condiviso, libera dall’infinita discussione su chi è il più grande, dai confronti e delle misure che ci immiseriscono, dalla prestazione che vuole verificare i frutti e non semina con larghezza, sapendo che nel seme già ci sono i frutti. La grazia, gratuita e sorprendente, libera dall’amaro scetticismo di Nicodemo, che sa certificare l’essere vecchio ma non crede possa rinascere di nuovo. La grazia ci libera da Marta e dai suoi giustificati affanni, ci chiede di stare con Gesù e di scegliere la parte migliore. Ringraziamo del suo amore, che è tanto più grande del nostro cuore e della nostra ragione, che ci protegge quando noi non lo sappiamo, che ci previene e sa trasformare le avversità in opportunità. Che fatica, però, abbandonarsi alla grazia, mettere al posto del “tu devi” il “tu sei”, che non conquistiamo da soli ma fidandoci di Dio. Nella grazia c’è sempre, anche in tarda età, un nuovo inizio, non per le ingenue catarsi o per l’idea giovanilistica di poter ricominciare sempre (premessa alla vecchiaia e alla sclerosi), ma per la forza che rende nuovo ciò che è vecchio. È sempre sorprendete la grazia. C’è grazia se ci facciamo piccoli, come ci ha ricordato con saggezza Mons. Lambiasi, perché questa è la condizione per cui Dio ci può fare davvero grandi. Grazia che supplisce alle nostre mancanze, che ci aiuta anche a curarle; che permette si riveli proprio nella nostra debolezza la forza capace di combattere il male, gloria tutta umana e tutta divina. E nella grazia sento tanto la comunione tra di noi, così importante perché il primato e la sinodalità esercitino la loro funzione in questo corpo che dà valore alle sue membra, che unisce le diversità, in un mondo diviso e polarizzato, di tanti protagonisti, isole che si pensano da soli.

Alcuni hanno parlato del nostro tempo proprio come quello dell’esilio, del tempio distrutto come opportunità per riscoprire la presenza di Dio, del sentirsi stranieri per ritrovare la familiarità con Dio e tra di noi, per essere tempio della Chiesa e per vedere il tempio nel cuore delle persone. Il Vangelo ci ricorda che appena scendiamo dal monte ritroviamo la folla. Siamo suoi per i suoi, siamo chiamati e mandati e solo nell’andare capiamo la chiamata. La messa è compagnia indispensabile per i discepoli, accompagna sempre Gesù e noi. Non c’è Chiesa senza la folla e davanti alla casa dove sta Gesù, come a Cafarnao, c’è sempre tutta la città. Tante sofferenze. Gesù le ascolta personalmente.  «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!» Questa è la volontà che ci viene affidata in un mondo distante e asettico, segnato dal male e da tante tradizioni del male che diventano eredità e sistema di morte, come la guerra con tutto quello che la determina. Ci aiuta anche Ireneo, che difende l’unità (quanto è decisivo difenderla, a qualsiasi prezzo, sempre nella forza della comunione) e combatte lo gnosticismo, le idee che facilmente diventano ideologie. “Gli specialisti della perplessità. I contabili pedanti dei pro e dei contro. I calcolatori, guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi”, avrebbe detto don Tonino Bello. Unità per liberarsi dalla tentazione di un cristianesimo elitario, raffinato nel distinguersi, intellettualista. “Lo voglio”. Non lascia nell’incertezza, libera dai dubbi. Non scappa per quella prudenza che giustifica il salva te stesso. A chi chiede grazia Dio non aspetta altro che di mostrarsi, perché è la sua volontà e la grazia è la manifestazione della volontà di Dio. E niente è impossibile a chi crede. Solo i piccoli possono compiere le cose grandi. In questo tempo di tanta divisione e di radici maligne che distruggono le persone, il Signore ci trasformi con la sua grazia per mostrare a tanti, con la nostra vita, qual è la volontà di Dio che non lascia solo nessuno nella sofferenza.

Centro diocesano di spiritualità e cultura di Marola di Carpineti (RE)
29/06/2024
condividi su