Omelia per la festa di Sant’Elia Facchini

Ricordiamo questa sera un uomo che ha perso la sua vita in maniera violenta. Ci porta a ricordare i tanti martiri cristiani, uccisi per la loro fede come Padre Elia pacifici e inermi. Con loro anche i santi innocenti vittime del loro fratello Caino. Gesù mite e umile di cuore è l’unico che può fare sparire il carro da guerra da Èfraim, che spezza l’arco di guerra che produce altre guerre. Gesù annuncia la pace alle nazioni. In realtà siamo raggiunti da immagini terribili di morte, in quella piazza anonima e senza pietà che è internet. Purtroppo la vita non è virtuale. Sono persone, non guardiamo mai come fosse un video game o uno spettacolo. Proprio oggi un grande giornale rilancia le immagini di un soldato ucraino che ha filmato la sua stessa morte in combattimento con la video camera che aveva indosso. È come vedere con i suoi occhi la tragedia della guerra. Che sofferenza! Ma noi guardiamo con gli occhi di Gesù, con quelli dei suoi cari! Che ingiustizia! Non smettiamo di pregare e di fare tutto il possibile perché venga la pace e nessuno sia vittima di quella follia che è la guerra. Tutti possiamo combattere gli elementi che generano e rafforzano la guerra. Combattere l’odio, il nazionalismo, la violenza è un modo per aiutare la pace, presente e futura! Ce lo ricordano e direi ci ammoniscono a farlo i tanti cristiani che sono messi a morte a causa dell’essere cristiano. Ricordiamo a venti anni dalla sua morte Annalena Tonelli, di Forlì. Questo anno avrebbe compiuto ottanta anni. Venne uccisa in Somalia per odio contro i cristiani. Lei curava tutti, là vi erano solo musulmani.

“Nella mia vita non c’è rinuncia, non c’è sacrificio. La mia è pura felicità. Non c’è che una tristezza al mondo: quella di non amare”. La ricordo insieme ad un altro martire di cui questo anno ricorre l’anniversario, il trentesimo: Padre Pino Puglisi. A ucciderlo fu la violenza della mafia nutrita dalla mentalità mafiosa, che, disse Padre Pino, “è qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi”. Coinvolgeva tutti e invitava ciascuno a fare il suo pezzo: Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale. Ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l’unico volto del Cristo”. Quanti testimoni, noti e sconosciuti, hanno dato la vita per il Vangelo. Non lo hanno fatto per eroismo, ma per amore! Il coraggio non possiamo chiederlo a chi non lo ha, come sappiamo. Ma Gesù non chiede una forza che non abbiamo, ma l’amore che tutti possiamo avere! Papa Francesco ricorda che i martiri “sono più numerosi nel nostro tempo che nei primi secoli”. Essi ci aiutano ad affrontare il male che anche a loro – come a Gesù – incuteva paura, tristezza e angoscia. Non scapparono. Non dissero: “Si salvi chi può, cioè io!”. Solo se ami, rischi, ti sacrifichi. Se salvi te stesso perdi il prossimo e la tua anima. Non ci è chiesto sacrificio ma amore e mi sacrifico perché amo, non viceversa! Lo faccio per amore di Gesù e dei suoi fratelli più piccoli, non per incoscienza o perché non ho niente da perdere. Perdo tutto non perché sono un eroe ma perché il mio amore è più forte della mia paura. Allora dovremmo chiederci: a chi vogliamo bene? Ci esercitiamo a volere bene al prossimo? Dove mettiamo il nostro cuore? Per questo lasciamoci guidare da Gesù, dal suo giogo dolce e leggero, perché ci ama e ci insegna ad amare.

Un’osservazione su padre Elia. Il cristiano è sempre un fratello universale, cioè fratello di tutti. Da Reno Centese alla Cina. E’ l’amore che ci rende universali, non la geografia o le condizioni di vita! Elia si trovava a casa ovunque e con tutti costruiva legami di amicizia verso Gesù e tra i fratelli. Era un figlio di San Francesco che parlava con amicizia anche al Lupo ed era diventato povero per essere ricco di amore e dare questa ricchezza, preziosissima, a chiunque. Quando andò a parlare al lupo, possiamo pensare, non si rendeva conto! Era un ingenuo! Oppure ci giustifichiamo: “ma lui era San Francesco!”. No. San Francesco sapeva bene che parlava a un lupo e parlò chiamandolo “fratello” perché parlò da cristiano! San Francesco ci andò a parlare perché soffriva con gli abitanti di Gubbio. Ma invece di armarli gli donò la pace vera, tanto che si riconciliarono con il lupo e quindi anche con la memoria del proprio dolore. Chi ama Gesù ama il prossimo per davvero e non se gli conviene, finché gli conviene, in apparenza, senza sporcarsi le mani o facendo solo quello che non dà fastidio e solo finché mi va. Era libero San Francesco, libero per davvero perché legato a Gesù. Padre Elia fu tra i quattro sacerdoti Minori Francescani che caddero vittime della persecuzione e dell’eccidio del 9 luglio 1900. Il “matto Facchini” divenne prima un assiduo e serio chierichetto e dopo frate. La Cina diventerà la sua seconda patria: per il popolo cinese, per la sua evangelizzazione, per la sua salvezza egli spenderà senza risparmio e senza pausa tutte le sue forze. Non fu né nazionalista né campanilista. Il mondo era la sua casa e tutti erano fratelli. Disse il Cardinale Biffi: “Al martirio dobbiamo tutti essere pronti, noi che ci diciamo cristiani, anche se ci è consentito sperare che il Signore non ci metta alla prova”. Nessuno si cerca le avversità, come le pandemie. Ma proprio in queste si rivela se siamo cristiani. “Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8,35). I piccoli sono quelli che non reputano la propria vita più importante dell’amore. Solo alcuni diventano grandi (o si credono tali, cosa molto più facile), spesso con tante ossessioni e senza gioia. Tutti, però, possiamo diventare piccoli! I grandi non sanno fare il primo passo verso gli altri, non sanno chiedere scusa, non ascoltano, hanno sempre qualcosa ridire, prendono in giro ma non gli si può dire nulla! I grandi si impongono, non si fanno disturbare, non chiedono aiuto, fanno qualcosa solo se conviene. Invece l’umile si sforza di salire sempre di più e diventa davvero grande, proprio perché piccolo. Prendiamo il giogo di Gesù sopra di noi: leghiamoci a Lui, impariamo da Lui che è mite e umile di cuore, e troveremo il ristoro per la nostra vita che tutti cerchiamo. Il suo giogo infatti è dolce e il suo peso leggero. Quanto è pesante, invece, il giogo del nostro orgoglio e della nostra solitudine! Piccolo è chi non fa pesare e così non diventa “peso”! Siamo piccoli quando consideriamo gli altri importanti, parte di noi e non estranei. Piccolo è chi serve ed è contento di servire, senza fare pagare il conto con le recriminazioni e il proprio ruolo. Gesù, il più grande, è Lui il vero piccolo: si fa servo di tutti, va incontro agli altri, si china a lavare i piedi ai suoi, accarezza i bambini che i discepoli grandi allontanavano sgridandoli, afferma che il regno dei cieli appartiene a chi è come loro.

Prendiamo come Sant’Elia il giogo di Gesù, cioè il suo amore e doniamolo a tutti perché tanti possano conoscerlo vedendo il suo amore dolce e leggero. Gesù ci lega a sé. Ma Lui anche si lega a noi! Solo amore, unico, umanissimo, liberissimo obbligo. “Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero”. Nessuno potrà mai spezzare questo legame.

Reno Centese, parco della chiesa parrocchiale
09/07/2023
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