Omelia per la solennità del Corpus Domini

L’Eucarestia è una celebrazione sempre cosmica, perché l’infinito entra nel nostro limite, così relativo, ci aiuta a capirlo, a misurarlo, non per umiliarci ma perché solo capendo i limiti possiamo capire la nostra vita liberandoci dalla distruttiva onnipotenza dell’io. Contempliamo e ringraziamo. L’Eucarestia è davvero rendimento di grazie e ci aiuta a farlo sempre perché ci fa accorgere della grandezza del suo amore e, quindi, della grandezza della nostra povera vita. L’eterno entra nel tempo perché noi possiamo capire quello che è davvero prezioso e ciò che non finisce, l’essenziale, che resta invisibile agli occhi ma che dà vita ad ogni cosa.

Non si comprende il Corpus Domini senza celebrare il Verbum Domini, devozione senza la quale rischiamo di stare alla sua Presenza ma di non essere suoi familiari perché lo si diventa solo ascoltando e mettendo in pratica la Parola. Questa mensa dove siamo accolti è mensa di fraternità, realizza oggi, malgrado il nostro limite e il personale peccato, l’unità dei cuori, perché Lui è al centro. È amore più forte della divisione, è comunione che ci fa sentire una cosa sola con Dio. L’Eucarestia non è una promessa, ma una presenza, nel nostro oggi, pane del cielo che ci aiuta a contemplarlo nella nostra miseria. È un nutrimento molto diverso dai tanti prodotti tranquillanti che cerchiamo pensando di star bene da soli. È cibo spirituale ma è corpo e nutre la nostra vita concreta perché è proprio vero che non di solo pane vive l’uomo.

Camminiamo con Lui e dietro di Lui non da soli, ma insieme. La fraternità che viviamo nutrendoci del suo corpo ci chiede di mettere in pratica il comandamento dell’amore, che viviamo raccolto attorno alla sua mensa. Possiamo vivere da estranei tra di noi? L’amore interamente donato che si rende ospite dei nostri tetti ci chiede di entrare nel cuore delle persone guardando con benevolenza, seminando il bene, l’attenzione, rivestendo di importanza il prossimo, a cominciare da quell’uomo mezzo morto che chiede protezione.

Fermiamoci davanti all’Eucarestia. Adoriamo questo mistero – e come vorrei che fosse lo stesso per la lettura personale e comunitaria del Verbum Domini, parola di vita eterna che ci fa trovare quello che non finisce – perché non finiamo mai di crescere nella conoscenza di Gesù e del suo dono. Lui si fa presente e noi restiamo distanti, assenti?

Lui si mostra e noi ci nascondiamo? Lui si dona e noi conserviamo? In un mondo segnato dalla divisione, con la sua esasperata e deformante competitività che esalta e distrugge, pieno di solitudine e di prodotti non per vincerla ma per non accorgersi di essa, in un mondo dove crescono in maniera inquietante la divisione, l’odio, la violenza, alla quale rischiamo di abituarci tanto da accettarla con fatalismo e cinismo, lasciamoci guardare da Gesù. In un mondo dove tanti “io” posseggono ma non sanno amare, parlano degli altri ma giudicano e restano distanti, in un mondo che distrugge la fraternità, lasciamoci guardare da Gesù.

È il suo sguardo che ci fa accorgere di chi siamo, che ci fa sentire la bellezza della nostra vita nonostante il nostro peccato. Lasciamoci guardare da Lui, che penetra nel profondo e libera dagli inganni e dalle durezze del cuore e ci insegna a guardare con occhi nuovi il prossimo. Non abbiamo paura del suo sguardo, che penetra nel profondo e lo libera. Lui è la verità della nostra vita piena di benevolenza, è il giudizio che perdona e rinnova. Lasciamoci guardare da Gesù. Non scappiamo più come Adamo e non dobbiamo far di tutto per farci guardare da qualcuno, perché è Lui che ci guarda e ci fa capire la vera forza e la bellezza della nostra vita, che troviamo solo incontrando l’Altro.

Il mondo insegna in tanti modi il materialismo, quello che misura l’importanza della persona non per ciò che è ma per quello che ha, per quanto possiede e non per la bellezza che contiene, tanto che ci esercitiamo nella forza fisica, nell’arroganza dell’esibizione, che deve anche trovare acquirenti e verificare continuamente il successo. Non si comprende la nostra vita materiale senza la dimensione spirituale. Guardiamo con gli occhi di Gesù la folla per liberarci dai giudizi e dalle paure, dall’indifferenza e dall’ostilità, dalla tentazione del lievito di Erode e dei farisei, per riconoscere la tanta sofferenza che si nasconde nei cuori. Ecco perché donare il pane di amore.

C’è tanta sofferenza evidente e terribile, alla quale non possiamo abituarci mai, di chi è investito dall’orrore della guerra, di chi è ferito, di chi è sotto i bombardamenti o è ostaggio in amara e angosciante schiavitù, di chi sente senza nessun valore la sua vita, oggetto reso insignificante da un mondo senz’amore, di chi non è padrone di sé, di chi è colpito da una violenza tanto più grande di lui. Ecco, guardando la folla che cerca vita vera, che desidera quello per cui siamo fatti, di amare ed essere amati, seguiamo il Signore e il poco – che resta sempre poco – è nostro solo se donato e se sazia tutti, anche chi pensava di rimanerne senza, come se donare significasse perdere e non trovare. “Ogni cibo che non è vita condivisa non può saziare”, disse il cardinale Martini.

La presenza invisibile di Gesù nel suo Corpus Domini ci doni la vista spirituale che è l’unica che ci fa capire la realtà, che ci fa vedere il prossimo per amarlo con tutta la nostra mente e la nostra forza. Saremo una cosa sola. Siamo una cosa sola, malgrado il nostro limite, con chi abbiamo vicino, con i fratelli lontani in ogni parte del mondo, con chi soffre, con chi ha fame e sete,  è forestiero, nudo, malato, carcerato, con il cielo dove saremo nutriti per sempre da questo stesso pane di amore. Pane degli angeli e di persone che lo spezzano per tanti che ne hanno fame.

Bologna, Cattedrale
30/05/2024
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