Omelia Venerdì Santo

“Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat filius”. Ecco cosa è la Chiesa: una Madre che resta sotto la croce di suo figlio. Spesso la interpretiamo secondo le nostre ideologie e la riduciamo a ideologia, quando è solo una madre. Lo fa chi non ha interesse verso di lei, chi vuole usarla o solamente distruggerla. Lo fanno a volte anche i suoi stessi figli, dimenticando di esserlo e assecondando la mentalità comune. Restiamo con Maria. Altrimenti non capiamo. Restiamo con lei per imparare l’amore, per avere pietà, per piangere e comprendere la grandezza della sofferenza dei suoi figli, di tutti coloro che sono crocifissi dalla violenza del male e degli uomini.

Restiamo sotto la croce. Non a distanza, magari sentenziando su di essa, valutando e interpretando. Restiamo sotto la croce, vicini. Non scappiamo come tutti i discepoli. Uno è rimasto: non è il più coraggioso o quello che aveva capito tutto, ma quello che amava e sapeva di essere amato. L’amore resta: il coraggio finisce subito o non c’è proprio. Da lontano si resta quando la croce non è “l’uomo”, ma una categoria per esercitare la nostra ideologia o per uno spettacolo da osservare. L’uomo digitale scappa, rincorrendo tante immagini per non fermarsi: vede tutto ma solo e sempre in superficie perché ha paura di legami. E così non trova più neanche se stesso, ridotto a tanti frammenti, perché solo chi resta sotto le croci della vita resta anche con se stesso, perché l’amore di Gesù mi aiuta a capire che sono, a chi o cosa è legato il mio cuore.

Restiamo davanti al suo amore illimitato e anche davanti ai frutti di una cattiveria illimitata del male che lo uccide e che ci fa capire l’amore che ci dona e le complicità che lo uccidono. L’amore, solo l’amore, riconosce in ogni persona Gesù. Restiamo, non cambiamo canale, non cerchiamo altre immagini che poi alla fine diventano tutte uguali e ci fanno abituare a tutto, emozionandoci ma sempre in superficie e alla fine solo per noi stessi. Quando è così finiamo per essere talmente senza pietà da gridare a Gesù con le nostre scelte, oltre che con le parole, ”salva te stesso”, sbeffeggiando le sue illusioni, inchiodando alla croce anche la sua speranza, giustificando il banale pensare a sé. Lo vedi come finiscono i sogni! L’ultima tentazione a Gesù è di dimostrare di essere veramente Lui il re, ostentando la forza dei re di questo mondo, comandando sugli altri, umiliando e non facendosi umiliare.

È la forza che costruisce le croci, quella che gli uomini cercano, nella quale confidano tanto che costruiscono armi sapendo che faranno a loro male. La croce non si vince costruendo altre croci che saranno per altri fratelli crocifissi, moltiplicando il dolore, seminando altro odio che produrrà altre sofferenze. Pietro, quello che si scandalizza di Gesù debole, portava con sé la spada e la usa! Restiamo per imparare da Lui e diventare uomini e non lupi, bruti, senza anima. Solo la forza dell’amore – resistente, mite, possibile, umile – salva la vita! Tutto il resto finisce perché alleato con la morte.

Il male confonde tanto che le persone non sanno più capire, giudicano tutto uguale, tutto diventa possibile, non distinguiamo il falso e il vero. Solo chi resta sotto la croce capisce quello che è vero, l’inganno del male. Solo mettendoci dalla parte di Gesù, che è quella delle vittime, capiamo la vita e la Chiesa che fa suo fisicamente il dolore dei suoi figli crocifissi. E anche solo chi resta cercherà per davvero la giustizia, perché altrimenti ci accontenteremo di quello che conviene a noi, saremo condizionati dal pensiero comune o dal giustizialismo facile.

Restiamo sotto la croce, pandemia di morte che ha travolto Gesù e rappresentazione di tutte le pandemie ordite dal potere delle tenebre. Sempre sotto la croce non ci chiediamo dove è finito Dio, ma l’uomo. Dio lo sappiamo dove è! È lì Dio, a compiere la volontà del Padre per uomini che lo crocifiggono. Vuole che nessuno sia perduto, questa è la volontà del Padre. La sua volontà è un amore illimitato, sino alla fine, più forte dell’angoscia e della paura. Solo per amore Gesù accetta la croce e solo per amore restiamo lì sotto, per non smettere di amare.

Le due pandemie che portiamo nel cuore e negli occhi sono oggi fisicamente la via dolorosa di Gesù. Le stazioni sono state quelle improvvise che hanno spento la vita di tanti nella solitudine più grande e, proprio come sulla croce, togliendo il respiro. Sono le stazioni di questa terribile via crucis che è la guerra, madre di morte, che genera infinite vie dolorose. Gesù chiede di prendere con sé sua madre. Vuole che lei non resti sola e che Giovanni non resti solo. Il male isola, contrappone, distrugge le relazioni. L’amore fino alla fine di Gesù unisce, genera una famiglia dalla sofferenza, affidandoci a sua madre e noi custodendola. Nessuna madre resti sola. Prendiamola nella nostra casa: non è un’estranea, un’assistita cui fare un po’ di bene, ma è nostra madre da amare. Chi prende con sé questa Madre Chiesa accoglie le tante madri che le croci della guerra le portano nel cuore e nel corpo, che perdono i loro figli e muoiono con loro. Le immagini di questa guerra, di questa sofferenza terribile, disumana, inaccettabile che abbiamo visto in queste settimane travolgere l’Ucraina, sono tutte tappe di questa terribile, umanissima, dolorosissima via crucis, follia che gli uomini preparano per loro stessi.

Rimaniamo con questa madre, spesso lasciata sola, desolata, accompagnata da pregiudizi, interpretata da letture ideologiche. Il suo dolore susciti pietà che non deve mai morire e liberi da convenienze, furbizie, interessi, banale pensare a sé. Nel duello tra vita e morte da che parte stiamo? Chiediamo anche noi che le piaghe del crocifisso siano impresse profondamente nel cuore. Non amiamo la sofferenza ma amiamo Gesù e i suoi fratelli più piccoli crocifissi con Lui. Soffriamo perché amiamo e perché la sofferenza fa stare male l’amato. Certo, non esiste la sofferenza in quella pornografia di vita da prestazione e da benessere, caricatura di vita che poi la vita vera travolge e scarta. Non esiste la sofferenza in quella pornografia banale di chi pensa di stare bene da solo, in pace. Certo, dà fastidio, la sofferenza, perché sconvolge tutto questo. Chi ama non ama la sofferenza, ma l’amato che soffre e vuole che lui trovi pace, non il proprio ego! Solo restando, facendola nostra la combattiamo. Già restare è una vittoria sul male, che isola e ci farà cercare i modi e l’intelligenza per spezzare le croci perché non uccidano più la fragilissima vita di ogni persona.

Ecco dove troviamo la vita nuova, anche quando siamo vecchi. Come Nicodemo. Anche lui resta sotto la croce in quella notte dell’umanità, nelle tenebre della morte, e troverà la speranza che non pensava più possibile. Nicodemo capisce che solo morendo per amore, solo cadendo a terra, il seme darà frutto e solo così nasce qualcosa di nuovo, più forte della caducità. Ha capito quello che gli aveva detto Gesù: che bisognava fosse innalzato il Figlio dell’Uomo per essere protetti dai serpenti del male, della rassegnazione, dell’orgoglio di sé, dei tanti sentimenti di morte che mordono e uccidono il cuore e l’amore, che spengono la vita.

Portiamo anche noi come Nicodemo l’aroma del nostro amore, della tenerezza verso i fragili, dell’accoglienza verso chi scappa, della cura per chi si sente privo di significato e di senso perché non richiama più attenzione e nessuno sa capire il mondo che ha nel cuore. Se stiamo con Gesù nostra pace troviamo la vera pace e saremo artigiani di pace come ci è chiesto, luce nelle tenebre, consolazione nel pianto. Gesù non ci fa “stare in pace” ma trovare la pace.

Sulla croce stasera vediamo il vero arcobaleno di Dio, quello “che congiunge il cielo e la terra e getta un ponte sugli abissi e tra i continenti”, la realizzazione dell’alleanza di Noè, di Fratelli tutti! Per questo “ogni volta che ci facciamo il segno della Croce dobbiamo ricordarci di non opporre all’ingiustizia un’altra ingiustizia, alla violenza un’altra violenza; ricordarci che possiamo vincere il male soltanto con il bene e mai rendendo male per male”, disse Papa Benedetto. Questo è un cristiano. E quando non facciamo così semplicemente non siamo cristiani.

Nicodemo e Giuseppe di Arimatea portarono il corpo in un giardino. Adamo ritrova la vita che il male aveva tolto. Il mondo, ridotto a deserto e a sepolcro di vita, torni ad essere il giardino che Dio ha creato. Venga la Pasqua della pace. Siamo artigiani di pace! Costruiamo alleanza con tutti, relazioni per conoscere, incontrare, aiutare, amarci perché siamo riflesso della pace voluta da Cristo, spiraglio di luce che faccia sentire infinitamente amato da Dio chi è nel buio. È lui la vera ed eterna alleanza, che realizza per sempre e per tutti quella di Noè, quella di fratelli tutti nell’arca che protegge dal diluvio delle pandemie.Dolce Cristo, o Dio buono, mio amore, mia vita, mia salvezza, mia gloria. Tu sei il Creatore, tu sei il Salvatore del mondo. Te io desidero, te cerco, te adoro, o dolce Amore, te io adoro, o caro Gesù”.

 

Bologna, cattedrale
15/04/2022
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