Ordinazione sacerdotale don Giacomo Campanella

La Provvidenza lavora sempre! Noi la riconosciamo poco, perché l’egocentrismo ci fa pensare che ci siamo fatti da soli o che dobbiamo fare tutto noi. Come ricordava il Cardinale Biffi, il Signore opera in incognito, per cui pensiamo sia un caso. In realtà non è mai così e tutto, davvero tutto, è un dono che ci è offerto perché concorre al bene, al nostro bene. Cambia tutto quando riconosciamo l’amore di Dio – a volte con fatica, altre volte non lo capiamo – e vediamo la sua grazia nell’incertezza degli accadimenti.

Ci sono giorni in cui si mostra in maniera evidente la Provvidenza, ne mettiamo insieme le tante tessere, il disegno, la pazienza con cui ci ha saputo aspettare, insomma, l’amore previdente di Dio per ognuno di noi e per quel noi – bellissimo, santo, umano, divino, materiale, spirituale – che è la Chiesa, comunità di fratelli e sorelle, casta e peccatrice. La gioia del cristiano non è virtuale, ma fisica. Oggi capiamo e ricordiamo il cento volte tanto, insieme a Giacomo e anche grazie a lui, alla sua famiglia e a quest’altra famiglia che, senza gelosia della prima, sentiamo parte di noi. Sono i legami che ci fanno capire la comunione dei santi, il valore, il significato del nostro concreto volerci bene che è sempre più grande del nostro cuore.

Oggi lo sentiamo tanto e proviamo gioia, quella che ci libera anche da qualche amarezza e dal sottile vittimismo, gioia che ci aiuta a capire quello che resta e per cui vale la pena perdere la vita. È forse meno nostra una gioia condivisa? È beatitudine quella che viviamo oggi, fisicamente, anticipo reale, primizia di quella del cielo, gioia che Gesù vuole sia in noi e che sia piena. Ringrazio il Signore e affido il ministero di Giacomo in questo giorno della sua memoria a San Matteo, perché non smetta di sentire il “seguimi” che è la prima e l’ultima parola che il cristiano sente nella sua vita. Seguimi. Continua a seguirlo, caro Giacomo, dove Lui vorrà e dove questa nostra Madre ti chiederà, perché lo farà sempre e solo per amore di Gesù e di quella messe abbondante che siamo chiamati a riconoscere e a raccogliere.

Non significa che questa gioia sia senza problemi! La nostra generazione, purtroppo, è invece attratta da una gioia finta, per certi versi davvero disumana, individuale e senza vita, debole e inadeguata. La gioia del Signore non è mai solo uno stato d’animo perché scende nel profondo, diventa la perfetta letizia che ci rende capaci di affrontare le avversità senza farci travolgere da queste. Il cristiano è uomo di gioia non perché tutto va bene, protetto dalla sofferenza, senza fatica, ma perché vede lo spiraglio che lo fa sentire infinitamente amato da Dio, perché amato di un amore che non sarà mai tolto. La gioia è quella del banchetto di malati e peccatori, di persone condannate dal mondo ma salvate da Dio, che rivela come la sua santità non sia la falsa perfezione dei nostri presunti sacrifici, ma quella della misericordia. Solo la misericordia cambia la vita.

Tu hai sentito il primo personale “seguimi” quando hai misurato la tua fragilità, l’assoluta debolezza della nostra vita. Quanto abbiamo bisogno di un medico che protegga il corpo e l’anima, che dia senso e forza al fiore bellissimo e delicatissimo! Ecco perché seguirlo nelle case della speranza, della riconciliazione, dell’incontro che genera ad una vita nuova.

Missione e speranza sono due parole che tanto esprimono oggi il nostro cammino. Seguire Gesù per incontrare il prossimo e comunicare a tutti la gioia del Vangelo. Non sarai mai solo. Chi segue Gesù è anche seguito da Gesù stesso, che si fa pellegrino, affidandoci a sua madre che ci prende con sé e che noi prendiamo con noi. Missione e fraternità si completano. A due a due. Ecco, Gesù ti chiama in questo bellissimo ministero del presbitero, che ci fa donare tutto e sempre solo per amore e per amare, e ci unisce alla famiglia di Dio.

Il sacerdozio, come ogni ministero nella comunità che è la Chiesa, è tuo e nostro. E così è davvero tuo! Perché è proprio vero che “dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni” mentre la sapienza è l’amore. E quando c’è poco amore, perché lo rendiamo prigioniero delle paure, dell’individualismo, controsenso per l’amore che cerca l’amato, nascono facilmente “le guerre e le liti”. Sentiamo queste parole dolorosissime in questo tempo in cui siamo misurati direttamente con la pandemia della guerra che travolge tutti, uccide bambini e tanti santi innocenti, fa morire la pietà tanto che si oltraggiano i morti, si torturano i vivi e si colpisce il fratello che l’odio e l’istinto rendono un nemico.

Pietà è morta, uccisa dalla guerra. E noi conserviamo “le passioni che fanno guerra nelle vostre membra?”. Non ci diventa insopportabile farci riempire dai desideri della cupidigia, che poi in realtà non riusciamo mai a raggiungere, che non bastano mai, che non saziano perché, anzi, fanno crescere i desideri? Possiamo essere invidiosi, ossessionati dai confronti, deformati da un immaginario di forza e benessere da prestazione, da esibizione, che illude ma che, come abbiamo ascoltato in maniera laconica dall’apostolo, “in realtà non riusciamo mai ad ottenere”. Non è forse vero che non abbiamo perché non chiediamo, perché chiediamo per possedere e non per donare, e finiamo così prigionieri del soddisfare le nostre passioni? Ecco la gioia e la libertà di essere poveri e casti, di obbedire solo a Dio, obbedienza che ci dà la gioia di avere la Chiesa per madre e di fare tutto solo per amore. Chi ama Dio ama per davvero il prossimo! Ti aiuti e ci aiuti don Giovanni Fornasini, angelo nell’inferno, fraterno, isolato ma mai solo, in comunione con le sue comunità e con tutta la Chiesa che amava e serviva donando con semplicità e radicalità tutto se stesso. Lui è martire perché la speranza è stata più forte della paura. La sua visione ti aiuti a discernere e ad affrontare le forze terribili del male, liberi dall’inutile e infinita discussione su chi è il più grande, attento a rendere grandi perché amati, facendoti piccolo, umile, accogliente.

“Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Fatti sempre ultimo cioè servo, disponibile, attento, capace di rendere grandi gli altri proprio perché piccolo. Accogli come un padre i piccoli, fatti sostenere come un fratello dai fratelli, ricorda che sei sempre un figlio e non ti vergognare di mostrarlo. Sempre con tanta umanità e affetto. Gesù i piccoli li prende e li abbraccia. I legami sono affettivi, non funzionalistici o professionali. Si può voler bene in modo simbolico? Cosa diventa l’amore? Mostralo, perché il vero impegno è far vedere la bellezza dell’amore libero e casto, ma non per questo meno personale, anzi! Non sei un single, ma sei pieno di legami e fedele al sacramento dell’amicizia! Cos’è la nostra vita sacerdotale? Dono. La tua autonomia sia sempre un legame per arricchire la comunità e la tua sicurezza spendila per dare sicurezza in un mondo cangiante, infedele, fluido.

La Chiesa a volte fa soffrire. Non ferirla, proteggila e se fa soffrire amala ancora di più, rispettando le diverse indoli di ciascuno e armonizzandole in quella comunione che sei chiamato a servire e a presiedere, non ad imporre, dando valore e amando, anche nelle contraddizioni del nostro essere, i fratelli e le sorelle che cammineranno con te. In una generazione del possesso, che non crede più nell’amore perché lo ha ridotto, appunto, a possesso o sensazione, ferita e orgogliosa allo stesso tempo, aiuta Gesù nella sua ricerca dell’amato. Trovando in ognuno il suo dono, il suo valore, valorizzalo chiedendo di amare, di unirsi alla comunione che servi. Sii sempre uomo di comunità, per comunicare a tanti che sono nel buio e camminano a tentoni, o cercano luce, la bellezza della luce del Vangelo. Non vergognarti mai di chiedere aiuto e di mostrare quando hai e abbiamo bisogno degli altri. Metti i giovani in comunicazione con Dio, pregando e insegnando a pregare, comunicazione che non è immaginaria ma molto reale e mette in relazione con se stessi e con il prossimo. Pellegrini di speranza, inquieti, cercatori di futuro.

I tanti santi della nostra Chiesa, quelli che abbiamo conosciuto, quelli che ci proteggono nella comunicazione di amore che ci ha affidato il Vangelo, ti benedicano e ti custodiscano nella comunione che ci genera, ci precede, ci circonda.

Bologna, Cattedrale
21/09/2024
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