ordinazioni sacerdotali

Bologna, Cattedrale

E’ circostanza provvidenziale e spiritualmente preziosa che questo rito di ordinazione si collochi stavolta nel giorno della Esaltazione della Croce. La connessione ci aiuta crescere nell’intelligenza del disegno e dell’iniziativa di Dio a favore della famiglia umana.

In apertura di questa celebrazione abbiamo ricordato che il Padre ha “voluto salvare gli uomini con la Croce di Cristo”; ma per la stessa volontà di salvezza è stato istituito il sacerdozio ministeriale, il quale perciò può essere adeguatamente compreso nella sua verità solo se lo si legge come prolungamento nella vicenda dei secoli della donazione del Figlio di Dio, che una volta per sempre si è immolato sul Golgota.

Nella medesima orazione di inizio abbiamo detto di aver conosciuto il Crocifisso come un “mistero d’amore”; ma appunto come un “mistero d’amore” va intesa anche l’istituzione del sacerdozio gerarchico, che nasce dalla misericordia del Signore: egli difatti non vuol lasciare i figli di Adamo sbandati e persi “come pecore senza pastore” (cfr. Mt 9,36).

E voi, carissimi che state per offrirvi all’imposizione delle mie mani, siete una concreta, generosa, irrevocabile risposta d’amore all’amore del Padre che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito,…perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (cfr. Gv 3,16.17).

Tra qualche istante una forza misteriosa, ma più reale di qualunque energia terrestre, discenderà su ciascuno di voi e lo costituirà segno e strumento della misericordia di Dio: una misericordia di verità, per l’uomo che troppo spesso spende la sua unica vita senza consapevolezza e addirittura nello sviamento dell’errore; una misericordia di vigore soprannaturale e di speranza, per l’uomo debole e sfiduciato di fronte agli impulsi del male; una misericordia di consolazione e di letizia, per l’uomo alle prese con mille motivi di tristezza e di angoscia.

Nell’Eucaristia – sole di ogni vostra giornata, centro e ispirazione di ogni vostra operosità – voi renderete presente ed efficace nell’oggi il sacrificio di redenzione da cui viene a noi ogni bene. E, fosse anche soltanto per questo, sarete i membri più benemeriti e proficui della comunità civile in cui sarete inseriti.
Attraverso il vostro cuore e le vostre labbra arriverà ai fratelli il perdono del Signore Gesù, che lenisce il rimorso, che ridona la pace interiore, che prodigiosamente ripristina l’innocenza.

E sarete voi a tentare e ritentare instancabilmente di assicurare un po’ di spazio, in mezzo al chiasso frastornante e vacuo della mondanità, alla parola di Dio che è spirito e vita; quella parola di Dio che è più tagliente della spada a due tagli (cfr. Eb 4,12); quella parola di Dio che – per chi l’accoglie – è fresca e rianimatrice come l’acqua per la terra riarsa, è guida come il faro nella notte, è vivificante come la linfa negli steli a primavera.

Quella parola di Dio alla quale dovrete quotidianamente abbeverarvi voi per primi, sempre inquadrandola e assaporandola entro l’intera ricchezza dell’evento ecclesiale, se non volete ridurvi a essere “un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna” (cfr. 1 Cor 13,1).

Come si vede, prerogative e compiti altissimi vi vengono oggi affidati, perché il sacerdozio è un mistero meraviglioso d’amore. Ma è anche una consegna ardua e difficile.
In ogni persona che incontrerete, anche in coloro che vi sembreranno ostili o, peggio, ostenteranno indifferenza di fronte alla vostra missione, voi dovrete saper ravvisare una icona, magari un po’ deteriorata ma sempre autentica, del Signore Gesù; in ogni persona dunque dovrete vedere un fratello da rispettare sempre e da amare.

Di ogni “lontano” voi dovete saper fare un “vicino”, un “prossimo” che merita la vostra attenzione benevola e il vostro aiuto.
Voi dovrete attrarre a voi e alla comunità cristiana quanti più potete, mettendo a profitto anche i doni di simpatia, di cui siete stati gratificati dal vostro Creatore. Ma nessuno dovete legare a voi, perché tutti sono del Signore Gesù e tutti a lui vanno indirizzati e fattivamente avviati. E’ lui lo sposo di ogni creatura, lo sposo dell’umanità riscattata e rinnovata, lo sposo della santa Chiesa Cattolica. Il sacerdote custodirà perciò tra le sue convinzioni quella di Giovanni il Battezzatore: di essere cioè “l’amico dello sposo” (cfr. Gv 3,29). E si ripeterà spesso dentro di sé: “Egli deve crescere, io invece diminuire” (Gc 3,30).

Non dovete temere, però. Se voi sarete con lui, nella vostra retta intenzione, nella limpidità della vostra coscienza, nella decisione di fare della “carità pastorale” la regola onnicomprensiva del vostro comportamento, il Signore sarà sempre con voi. E non vi mancherà il soccorso della preghiera dei santi, vostri protettori, che tra qualche istante invocheremo. Insomma, è una bella avventura quella che stasera comincia per voi.

Abbiamo detto all’inizio che oggi si celebra la “Croce”. Ma attenzione: è la festa della esaltazione della Croce.
Il che vuol dire che la croce non è l’ultima parola né delle promesse di Dio né di ciò che dal suo ministero può attendersi un prete. La croce è la premessa e la ragione della fecondità soprannaturale, della gioia, della gloria.

Così è stato per Gesù che (ce lo ha spiegato l’inno della lettera ai Filippesi) il Padre “ha esaltato e gli ha dato il nome che sta sopra ogni altro nome” (Fil 2,9). Così sarà di chi vive con serietà e coerenza la sua speciale partecipazione al sacerdozio del Signore crocifisso e risorto.
Appunto la croce, che pur non vi mancherà nel vostro ministero, sarà la fonte segreta e inesausta della vostra letizia. Colui che vi garantisce la pena, vi garantisce anche una vita intimamente gioiosa qui in terra e una grande felicità nel Regno eterno di Dio

21/09/2002
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