solennità della Assunzione della Beata Vergine Maria

Bologna, parco di villa Revedin

Al colmo dell’estate, la Chiesa propone alla nostra affettuosa contemplazione Maria Santissima, nella felice conclusione della sua avventura terrena. La sua è stata una fine eccezionale, perché eccezionale è stata la sua missione e la sua dignità di Madre di Dio: è ritornata subito al Padre con l’integrità del suo essere, come il suo Figlio benedetto; è ritornata subito al Padre nel suo spirito e nelle sue membra, assimilandosi perfettamente così a Gesù risorto; è ritornata subito al Padre che è il traguardo di ogni esistenza.

Oggi ci rallegriamo tutti nel Signore ed esultiamo di gioia perché colei che è la madre nostra è stata esaltata e onorata oltre ogni umana misura. Ma questa solennità è cara alla gente cristiana anche perché ci insegna e ci ricorda alcune fondamentali verità della nostra fede.

Ci insegna e ci ricorda prima di tutto quale sia il nostro destino. Persino gli uomini più svagati e più affascinati dalle attrattive della vita, almeno in qualche momento di lucidità, si sentono pungere e tormentare di dentro dalla domanda inevitabile: che cosa ci attende dopo? dove andremo a finire?

Ebbene, la festa dell’Assunzione ci dà la risposta vera e rasserenante, con le parole che pronunceremo nel prefazio: “In Maria, primizia e immagine della Chiesa, tu, o Dio, riveli il compimento del mistero di salvezza e fai risplendere per il tuo popolo, pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza”.

Certo, la nostra “primizia” è e rimane sempre il Signore Gesù, come ci ha detto poco fa san Paolo nella sua prima lettera ai Corinti: Cristo è “primizia di coloro che sono morti” (1 Cor 15,20) e che in lui riceveranno la vita della risurrezione. Ma in Cristo e per la grazia di Cristo, Maria rappresenta, tra chi come noi è soltanto una creatura, il modello e l’anticipazione della vita rinnovata e resa fulgente anche nel corpo.

La Madonna è già adesso quello che noi saremo, ci dice la liturgia odierna; quello che noi saremo, se come lei seguiremo la via della fede: “Beata te che hai creduto” (cfr. Lc 1,45), abbiamo ascoltato dalle labbra di Elisabetta.
Eccezionale è stata perciò la sua fine, dal momento che a lei sola è stata risparmiata la corruzione del sepolcro; ma nella sostanza la sua sorte non è stata diversa da quella che attende anche noi, perché proprio per noi e per il nostro destino diremo tra breve nel Credo: “Aspetto la risurrezione dei morti”.

In secondo luogo, l’Assunzione ci insegna e ci ricorda quanto sia grande la stima e alto il valore assegnati al corpo nella concezione evangelica.

C’è chi, stolidamente sorretto e confermato dalla sua disinformazione, non si stanca di ripetere che il cristianesimo è una religione che disprezza e condanna il corpo. Il contrario è vero: nessun culto, nessuna ideologia, nessuna concezione mondana glorifica tanto il corpo (sino a farlo uno strumento della salvezza terrena e un aspirante alla gloria futura) come la visione delle cose che è custodita dalla Chiesa di Cristo: con la verità della incarnazione del Verbo eterno di Dio, con la verità della risurrezione del Redentore, con la verità dell’Eucaristia (che è il sacramento del “corpo dato” e del “sangue versato”), e infine con la verità dell’Assunzione di Maria che oggi celebriamo.

Tutto questo ci persuade che proprio questa nostra carne – debole di tutte le possibili debolezze, ma segnata e ricca di tutte le divine promesse – merita da noi stima, rispetto, riverenza, perché non è diversa da quella di Gesù, che è nostro fratello, e di Maria, che è nostra madre; e come quella avrà un posto nella luce e nella festa eterna di Dio.

Ma questa “esaltazione del corpo” che è propria del cristianesimo, non ha niente da spartire con la cultura oggi dominante la quale da mille pulpiti predica e impone quasi un’ossessione collettiva per la salute e la bellezza fisica.
Non è che sia un male preoccuparsi della salute e della bellezza fisica. Purché però non diventi un’attenzione incombente ed esclusiva, che finisca col distogliere dalla cura dell’integrità morale, dalla tensione verso gli ideali più alti e dai giusti comportamenti.

A ben considerare, siamo davanti a una specie di “nuova religione”, che, nascendo dal ripudio di ogni prospettiva trascendente, alla fine conduce allo scacco, alla delusione, alla disperazione dell’uomo che vi si è abbandonato. E’ la disperazione di chi, invece di guardare al proprio corpo come a un candidato allo splendore del Regno dei cieli, si costringe a vederlo soltanto come un “aspirante cadavere”.

In terzo luogo, il giorno dell’Assunta ci insegna e ci ricorda quanto sia grande agli occhi di Cristo e della Chiesa la grandezza e la nobiltà della donna: della donna vera, come è stata pensata e voluta nel disegno del Creatore e come è stata perfettamente realizzata nella figura di Maria.
Maria non ha mai mirato a esibirsi e a far notizia. Ha unicamente creduto nel primato e nel valore dell’esistenza quotidiana, spesa per amore di Dio e dei fratelli: l’esistenza seria e sostanziosa della gente semplice, della gente autentica che è capace di portare sino in fondo le proprie responsabilità senza evadere dalla normalità degli accadimenti e dei giorni.

La lettura evangelica ci ha proposto l’episodio della “visitazione”; un episodio del tutto consueto e, per così dire, feriale: una giovane madre che offre il suo soccorso gentile e generoso a una madre avanti negli anni, che è presumibilmente bisognosa di solidarietà femminile e di aiuto.
Due donne sconosciute e povere, direbbe la cultura oggi dominante. E invece sono ricolme di beni, ammirate dagli angeli, destinate a essere celebrate nei secoli.

Perché?
Perché sono due donne che nell’ascolto della parola di Dio e nella docilità allo Spirito Santo pur nelle fatiche e negli affanni sperimentano la gioia di essere donatrici di vita. Perché sono due donne liete e serene di esistere con un significato, con una preziosa missione da compiere, con una consapevolezza sapiente e liberatrice: la consapevolezza di essere guidate da un Dio che sa rovesciare i potenti dai troni e capovolgerà i criteri di valutazione dei “media”; che si compiace di rendere interiormente beate anche quelle umili figlie di Eva che il gran mondo crede tristi e avvilite; che disperde invece i superbi nei pensieri del loro cuore (cfr. Lc 1,51-53).

15/08/2002
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