Inizio leggendovi un testo di K. Woityla tratto da La Bottega dell’orefice:
«Non esiste nulla che più dell’amore occupi sulla superficie
della vita umana più spazio, e non esiste nulla che più dell’amore
sia sconosciuto e misterioso. Divergenza tra quello che si trova sulla superficie
e quello che è il mistero dell’amore ecco la fonte del dramma.
Questo è uno dei più grandi drammi dell’esistenza umana.
La superficie dell’amore ha una sua corrente, corrente rapida, sfavillante,
facile al mutamento. Caleidoscopio di onde e di situazioni così piene
di fascino. Questa corrente diventa spesso tanto vorticosa da travolgere la
gente, donne e uomini. Convinti che hanno toccato il settimo cielo dell’amore – non
lo hanno sfiorato nemmeno. Sono felici un istante, quando credono di aver raggiunto
i confini dell’esistenza, e di aver strappato tutti i veli, senza residui.
Sì, infatti: sull’altra sponda non è rimasto niente, dopo
il rapimento non rimane nulla, non c’è più nulla»
[In Tutte le opere letterarie, Bompiani ed., Milano 2001, pag.
821]
Noi siamo qui questa mattina, alla fine di un percorso, per prendere coscienza
di questo che è “uno dei più grandi drammi dell’esistenza
umana”, la divergenza fra “quello che si trova sulla superficie
e quello che è il mistero dell’amore”. Siamo qui per evitare
che “dopo il rapimento non rimanga nulla”. In sostanza: per riscoprire
la verità e il bene dell’amore coniugale e della sua preparazione
nel fidanzamento. Sarà un cammino di scoperta, un itinerarium mentis
in amorem.
1.L’inizio, la partenza di questo itinerario è costituito da
una scoperta, da una luce che si accende dentro di noi: la percezione dell’unicità di
una persona umana che è diventata la/il vostra/o fidanzata/o. Unicità denota
il nucleo essenziale di questa percezione.
è la percezione che nell’universo dell’essere quando appare
la persona, si ha un salto di qualità sul piano della realtà .
Fra l’universo impersonale, compreso anche quello dei viventi, e l’universo
della persona c’è un abisso: tutto l’universo impersonale
non vale una sola persona; tutto l’universo impersonale è corruttibile
e quindi destinato a perire, la persona – ogni persona – è incorruttibile
e quindi eterna.
Ma l’unicità significa anche qualcosa di ancor più profondo
sul quale vi chiedo di riflettere attentamente. Unicità significa irripetibilità .
Mi spiego con un esempio, per contrario. Quando voi andate a comperare il giornale,
voi dice solo il titolo della testata. Non volete una copia, un numero di quella
testata piuttosto che un’altra: sareste presi … per matti. Sono
tutte uguali e ciascuna sostituibile con l’altra. La persona umana non
si trova in questa condizione. Certamente le persone umane condividono la stessa
umanità , sono partecipi della stessa natura umana. Ma questa condivisione
e partecipazione non deve essere pensata come se esistesse uno stampo comune
di cui ogni persona è la riproduzione. Non comprendete tutto questo
nel suo significato più ovvio e banale: ogni persona ha il suo carattere,
un volto diverso dagli altri. La cosa è molto più profonda, e
quasi indicibile. è l’io di ogni persona, l’io che è ogni
persona ad essere assolutamente unico; non è numerabile. Dieci persone
non valgono più di una sola: la quantità è una categoria
estranea all’universo delle persone.
è tuttavia vero che si danno situazioni nelle quali la persona è “sostituibile”:
quando la si considera dal punto di vista della funzione oppure del suo avere.
Ciò conferma quanto ho detto sopra: la persona nel suo “potere” e
nel suo “avere” è ripetibile. Non lo è nel suo essere.
[Non mi fermo – non c’è tempo di farlo – a riflettere
sul fatto che storicamente l’uomo è giunto a questa percezione
solamente all’interno dell’esperienza cristiana].
2.Perché questa percezione è l’inizio dell’itinerarium
mentis in amorem? Perché se manca questa percezione l’itinerario
non inizia neppure e si resta a quello che si trova alla superficie?
Perché senza questa percezione il rapporto con l’altra persona
si configura inevitabilmente come possesso ed uso. Senza questa percezione
si inizia l’itinerario non verso l’amore ma verso il possesso – uso
dell’altro. Tocchiamo qui quella che il S. Padre Giovanni Paolo II ha
chiamato la “fonte del dramma”, che intendo come l’incrocio
di due logiche opposte. Ma riflettiamo con più calma.
Che nel cuore risieda il “bisogno” dell’altro è una
constatazione di cui facciamo esperienza ogni giorno. Ora ogni bisogno urge
la persona alla soddisfazione dello stesso. Ma questo rapporto bisogno-soddisfazione
può realizzarsi in due modi profondamente diversi, che cercherò ora
di descrivere usando nei due casi la stessa terminologia “bisogno-soddisfazione”.
Primo modo. L’altro è voluto in quanto è/ha
ciò di cui mi servo per soddisfare il mio bisogno. Orbene ordinare,
intenzionare l’altro a me stesso comporta necessariamente usarlo e consumarlo.
Secondo modo. L’altro è voluto perché è/ha
in sé la presenza di una bontà , di una bellezza che “rapisce
fuori di se stessi”, e che ti attrae. L’orientamento, l’intenzionalità è verso
l’altro in se stesso e per se stesso. Il rapporto non finisce nel consumo,
anzi lascia essere l’altro nella sua alterità a causa del valore,
della preziosità che essa ha in se stessa. Tutti i grandi maestri cristiani
della verità dell’amore parlano di un movimento e-statico.
Agostino ha inventato il vocabolario per denotare queste due modalità ,
che resterà poi nell’esperienza spirituale dell’uomo occidentale.
Chiama il primo modo di realizzare il desiderio usare ed uso; il secondo, fruire
e fruizione. Ed un filosofo contemporaneo scrive: «Questo (cioè il
fruire) è l’unico rapporto desiderante che riesce a realizzare
il convenire non solo come processo, ma anche come condizione stabile. E tale
condizione è ciò che in effetti chiede il desiderio; e la chiede
persino quando consuma. Per questo, quando consuma, il desiderio è consegnato
alla ripetizione» [C. Vigna, in Metafisica del desiderio (a cura di C.
Ciancio), Vita e Pensiero ed., Milano 2003, pag. 30-31].
è a questo punto che vi dovete chiedere: l’amore fra le persone
in quale modalità è giusto che si ponga? è possibile collocarlo
nella seconda modalità , è cioè possibile configurarlo
come fruizione e non come uso, se non si ha la percezione dell’unicità della
persona e del suo valore?
3.Vorrei ora fare un passo ulteriore in questo itinerarium mentis in amorem.
Parto ancora da un testo di K. Woitila sempre tratto da La Bottega dell’orefice: «Monica
e Cristoforo di nuovo rispecchiano in qualche modo l'Essere e l'Amore assoluto
… – creare qualcosa che rispecchi l’Essere e l’Amore assoluto è forse
la cosa più straordinaria che esista! Ma si campa senza rendersene conto» [pag.
869].
La percezione della preziosità incomparabile della persona umana, della
sua irripetibile unità quale si ha nel rapporto amoroso fra l’uomo
e la donna, è la percezione nella persona dell’altro/a di una
presenza, la Presenza del Mistero. La persona deve la sua grandezza unica al
suo essere “ad immagine e somiglianza di Dio”. La costituzione
di un rapporto di more [di fruizione non di uso-consumo] fra le due persone
implica, consapevolmente o inconsapevolmente, una certa esperienza di bene
assoluto. [E questa, mi sembra, la verità indiscussa della metafisica
del desiderio in Platone]. In questo senso l’amore è un mistero.
Mistero significa che dentro ad un avvenimento umano e dunque con tutta la
povertà e la fragilità propria di ciò che è umano,
abita l’Essere e l’Amore assoluti. è come un “sacramento
naturale”, come pensavano alcuni grandi teologi medioevali.
Nell’economia sacramentale cristiana, il matrimonio è uno dei
sette sacramenti. La sacramentalità in senso cristiano non è qualcosa
che si aggiunge. Nell’amore dei sue coniugi cristiani è presente
lo stesso amore di Cristo che dona se stesso. E questo fatto “è forse
la cosa più straordinaria che esista”.
è anche per questo che se e quando questa presenza non accade fra un
uomo e una donna, essi non sono rimasti che alla superficie.
4.Una delle dimensioni che caratterizzano la specifica natura dell’amore
coniugale è la sua fisicità , la sua espressività sessuale.
Il linguaggio sessuale è un linguaggio che realizza ciò che dice.
Mi limito al riguardo a due ordini di riflessione, non avendo ora il tempo
di addentrarci in tutti gli aspetti di questa dimensione dell’amore coniugale.
L’itinerarium mentis in amorem coniugalem inizia dalla
percezione dell’unicità della persona dell’altro/a mediante
il corpo: la persona è vista nella sua femminilità /mascolinità .
L’amore si costituisce dentro al linguaggio, al dia-logo fra femminilità e
mascolinità .
Il rischio che dentro a questo contesto dialogico si insedi la logica dell’uso-consumo
al posto della logica della fruizione-dono, è permanente. In questo
contesto agiscono infatti due forze che hanno un movimento, una intenzionalità differente:
il movimento captativo che è proprio dell’intenzionalità erotica
ed il movimento oblativo che è proprio dell’intenzionalità dell’amore.
Eros ed amore devono incontrarsi nel cuore dell’uomo e della donna. è questo
il vostro campito stupendo: far accadere questo incontro nel vostro cuore.
L’incontro è reso possibile dalla virtù della castità che
comprende anche l’astinenza, ma che non si riduce ad essa: la supera
e la integra.
Un secondo ordine di considerazione nasce dal fatto che l’amore coniugale è orientato
al dono della vita. Che dal rapporto sessuale possa essere generata una nuova
persona umana non è un “effetto collaterale” desiderato
o odiato a seconda dei casi. La generazione di una persona umana, o meglio
la possibilità che sia generata una nuova persona umana definisce l’amore
coniugale. Non esiste vero amore coniugale se da esso positivamente si
esclude distruggendo in esso questa possibilità . La contraccezione
e l’amore coniugale si oppongono: l’uno non può coabitare
con l’altra.
Questo nesso fra amore coniugale e dono della vita eleva alla seconda potenza
la presenza dell’Amore assoluto nell’amore coniugale medesimo.
Nel senso che gli sposi diventano ministri dell’amore creativo di Dio.
Quando viene meno la consapevolezza di questa ministerialità l’amore
fra i due sposi, anzi l’esercizio della sessualità cessa di essere
un “caso serio”.
5.Quanto siamo venuti dicendo finora va completamente controcorrente. L’avvertimento
di Paolo di non conformarsi alla mentalità di questo mondo [cfr. Rom
12,2] è particolarmente valido in questo ambito.
La cultura in cui viviamo è una cultura che in larga misura ignora
la verità dell’amore perché ignora la verità circa
l’uomo. è una cultura che sta perdendo il senso della (dignità della)
persona. Che senso quindi ha un’esperienza come la vostra?
è di essere sale, di impedire cioè che si corrompa l’humanitas
del nostro vivere comune. è di essere luce, per indicare e testimoniare
una verità che impedisca all’uomo di smarrirsi. Sale e luce lo
si è semplicemente vivendo la verità dell’amore, camminando
lungo l’itinerarium amoris.