Omelia alle Lodi all’Assemblea Sinodale continentale

Fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. (2 Pt 1, 10-11)

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Mi sento nella condizione del figliol prodigo e chiedo scusa per essermi unito a voi solo adesso. Sperimento, quindi, che gli ultimi sono trattati come i primi e che alla fine della giornata mi prendete a lavorare con voi nella vigna! Oggi è un giorno particolare. Poi, in fondo, tutti i giorni lo sono, lo possono diventare se sono pieni di Dio!

Ci affidiamo alla Vergine di Lourdes, così importante per tutta la Chiesa e per le nostre Chiese in Europa, profezia e lezione affidata alla Chiesa nel cuore della modernità. Il messaggio per l’odierna Giornata del malato ci ricorda come “Non vale solo ciò che funziona e non conta solo chi produce. Le persone malate sono al centro del popolo di Dio” e indica un compito, “un esercizio sinodale di guarigione: la compassione”.

La paura e l’egoismo non fanno vedere e sentire altro che le proprie sofferenze. E si finisce vittimisti, incredibilmente, oppure egocentrici senza capire, quindi, chi si è e quello che si ha! La compassione vede tanti poveri e tante povertà e fa provare l’urgenza di stare con loro e di aiutarli. Anche il sacerdote e il levita pensavano di avere compassione, ma solo nella mente e non nel cuore, senza fermarsi, presi dai molti affanni o dall’osservanza esteriore di alcune prescrizioni. È, come scrive Papa Francesco, credersi a posto perché si prende il colesterolo quando siamo dentro un enorme ospedale da campo! La compassione non si può ridurre a organizzare servizi da appaltare ad agenzie, perché coinvolge tutta la Chiesa, madre di tutti.

La compassione diventa tale solo quando è fermarsi, farsi carico, sporcarsi, cercare l’albergo. Lo abbiamo visto nella pandemia del Covid e lo vediamo in questa terribile guerra per la quale non ci stanchiamo di chiedere la fine e di pregare per la pace. La Chiesa è madre, può essere maestra solo se è madre, e fa sentire e vivere la sua protezione. Oggi ricordiamo anche i dieci anni della rinuncia libera e umile (dopo aver ripetutamente esaminato la coscienza davanti a Dio) di Papa Benedetto XVI e ricordiamo con affetto la sua persona, affidandola alla misericordia di Dio, di quel “Signore che non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito)”.

Ascoltiamo l’apostolo e aiutiamoci, ed è un aspetto della nostra collegialità, a “render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione”. La nostra sicurezza non è in una formula, in un programma, nelle belle pietre del tempio, nella forza del mondo da copiare, ma nel cambiare il nostro cuore perché funzioni e nell’essere docili allo Spirito, creativi perché pieni di Lui.

La nostra sicurezza non è comprare pane a sufficienza, che non basterà mai, ma usare i nostri cinque pani e due pesci sicuri che con il nostro poco, condiviso, possiamo sfamare tutta la folla, vocazione cui siamo chiamati nella nostra umiltà e peccato. La Vergine Madre ci aiuti perché anche noi possiamo compiere le grandi cose di Dio.

Praga, Assemblea Sinodale continentale
11/02/2023
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