S. Messa di suffragio per le vittime del vile attentato in Iraq per iniziativa del Comando Militare Regionale Emilia-Romagna e del Comando Regione Carabinieri Emilia-Romagna

Bologna, Cattedrale

(Is 25,69; Gv 14,1-6)
“ Si radunano contro di me per colpirmi all’improvviso.
Mi dilaniano senza posa… contro di me digrignano i denti…
mi hanno reso il male per il bene che io ho fatto…
Senza motivo mi hanno teso una rete,
senza motivo mi hanno scavato una fossa” (Cf. Sal 35, 7.12.15-16).

Queste parole del Salmo 35 interpretano, nel profondo, il nostro stato d’animo, di fronte a questa nuova strage degli innocenti: siamo stupiti, amareggiati e sgomenti, ma soprattutto smarriti davanti alla trama di un terrorismo che a tutti i livelli, continua a percorrere le vie di Caino (Cf. Gen 4), ignorando la voce del sangue innocente che, davanti a Dio, grida e invoca giustizia (Cf. Gen 4, 10).
Per questo, nell’ora tragica del dolore, in profonda comunione con i familiari delle vittime e con quanti servono la comunità civile nell’Arma dei Carabinieri e dell’Esercito Italiano, abbiamo tutti sentito il bisogno di porci davanti all’eloquente icona della Croce di Cristo e di immergerci nel mistero del rito eucaristico, dove l’angosciante domanda del Salmista: «Fino a quando Signore starai a guardare?» (Sal 35, 17), trova la risposta più profonda, più vera, più coinvolgente.

L’anelito dell’uomo alla piena realizzazione di sé non può essere soffocato, se non a prezzo dell’annientamento dei pensieri più lucidi e dei sentimenti più sinceri e intensi. Questa aspirazione alla giustizia vera e definitiva, dunque, non può essere annientata dalla folle determinazione dei fondamentalismi omicidi, che brancolano nelle nebbie di un dio minore, privo di misericordia e schierato visceralmente dalla parte della violenza devastante.

Invece, la risposta del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (Cf. Es 3, 6) all’anelito dell’uomo alla salvezza è sorprendente. Questa risposta è codificata in un evento, che è il centro e il senso dell’universo e di tutta la nostra storia.

Un evento che si compendia in una persona: Gesù Cristo, il Figlio di Dio, crocifisso e risorto, unico Salvatore del mondo: cioè di tutti gli uomini e di tutte le cose.

Questo evento salvifico trova il suo cuore e il suo vertice nel sacrificio del Calvario e nello splendore della Pasqua, che ora per noi, in questo rito eucaristico, vengono ripresentati nel “mistero” e resi disponibili per dare luce al buio del momento presente, sostegno alla nostra debolezza, speranza al nostro futuro.

Ma quello che più ci consola è il constatare che il sacrificio di questi nostri fratelli, trova riscontro pieno nel Sacrificio di Cristo, che si dona al Padre nella pienezza del suo consenso: Egli non sale in Croce costretto dagli eventi, non troviamo in Lui la disperazione del condannato a morte, ma vediamo emergere la “pazienza” di chi si fa segno dell’amore del Padre: «Io offro la mia vita… Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso» (Gv 10, 17.18), «per la vita del mondo» (Gv 6, 51).

Celebrando l’Eucaristia, allora, noi siamo aiutati ad andare oltre la cronaca, per immergerci nel mistero del Crocifisso glorificato e così risalire alla genesi della nostra “vocazione”, per scoprire che la morte dei nostri fratelli, uccisi dall’odio fratricida, non è stata vana. Essi sono stati resi conformi all’immagine del Figlio di Dio (Cf. Rom 8, 29) e, come Lui, hanno consumato il loro sacrificio, per sconfiggere le forze del male e dilatare gli spazi del bene, secondo la logica del Vangelo: «Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

Il sacrificio eroico di questi soldati “operatori di pace” (Cf. Mt 5, 9) e di tutte le vittime innocenti che con loro hanno perso la vita, non ci dispensa dal guardare in faccia la realtà di un mondo che continua – secondo le parole del profeta Isaia – a tessere il “velo che copre la faccia di tutti i popoli” (Is 25, 7).

Un mondo, cioè, che si ostina a nascondere le cause vere e profonde del male, ormai radicato nei gangli vitali della nostra società secolarizzata. Questo male – ce lo dice il Vangelo – è frutto del peccato dell’uomo, che si intestardisce nel perseguire, sulle macerie dei valori primari promossi dal cristianesimo in Europa e nel mondo, un progetto di vita autoreferenziale, gaudente e dissociato dalla misura “alta” del vivere civile.

Ciò nonostante, il testo di Isaia continua a ricordarci che Dio ha gettato un ponte tra le vicende umane, rese ambigue dal peccato, dal dolore e soprattutto dalla morte, e la condizione definitiva dell’uomo, destinato ad entrare nel riposo di Dio (Cf. Eb 4, 1-11).

Il “Dio degli eserciti”, infatti, con l’Eucaristia, “ha preparato un banchetto per tutti i popoli” e con esso “eliminerà la morte per sempre… e asciugherà le lacrime su ogni volto” (Cf. Is 25, 8). Gesù stesso lo ha detto: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54).

Pertanto, è nell’ottica eucaristica della consegna di sé e dell’accesso al «pane della vita» (Gv 6,48), che risiede la capacità di riportare ordine nella “città del caos”, come la chiama il profeta (Cf. Is 24,10), cioè nella convivenza terrena costruita sull’orgoglio e aperta alle logiche perverse dell’egoismo, dell’ingiustizia, della violenza.

Di fatto, le vie sbrigative del terrorismo, della guerra, del pacifismo a senso unico, e della conflittualità permanente non portano da nessuna parte, perché consolidano le fondamenta della «città caotica», e preparano quello “scontro di civiltà” che costituisce la vera minaccia sul futuro dell’umanità.

In tale prospettiva, il profeta Isaia ci dice che la nostra civiltà, se vuole diffondere i suoi valori, per la promozione dell’uomo in ogni angolo dell’universo, nel rispetto e nell’accoglienza dei valori di altre culture, deve riaccostarsi «al monte di Sion e alla città di Dio vivente, la Gerusalemme celeste», la Chiesa, che qui in terra rende presente, nel mistero, il Regno di Dio “eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”.

La Chiesa di Bologna con il suo Arcivescovo – che presiederà la liturgia di suffragio per le vittime di questo attentato in occasione della memoria di Santa Maria «Virgo Fidelis» – prega per i defunti e partecipa al dolore dei familiari. Inoltre, ringrazia l’Esercito italiano, l’Arma dei Carabinieri e le altre Istituzioni militari, per le missioni di pace che svolgono nel mondo e per la loro presenza pronta e vigile nella società civile italiana, a servizio dell’ordine pubblico e in soccorso della popolazione nei casi di gravi calamità naturali e di ogni necessità.

Questi nostri fratelli in divisa, hanno sempre pagato un prezzo molto alto, in termini di vite umane e di dedizione senza riserve alla causa del bene comune. Si auspica che il loro servizio sia riconosciuto non a parole ma coi fatti, e venga sempre più tutelato e messo al riparo dai denigratori, che troppo spesso tramutano in licenza la libertà di parola e di azione.

 

15/11/2003
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