S. Messa in suffragio delle vittime dell’attentato alla base dei Carabinieri a Nassiriya in Iraq

Bologna, Basilica di San Francesco

(Is 25, 6-9; Gv 14, 1-6)

A un anno dal tragico evento di Nassiriya in Iraq, siamo qui convocati dalla misericordia di Dio per ricordare e pregare.

In profonda comunione con i familiari delle vittime e con quanti servono la comunità italiana nell’Arma dei Carabinieri, dell’Esercito e delle altre istituzioni militari, abbiamo tutti sentito il bisogno di porci davanti all’eloquente icona della Croce di Cristo e di immergerci nel mistero del rito eucaristico, in questa Basilica eretta nel nome di S. Francesco, il Santo della pace, intesa come frutto dello Spirito (Cf. Gal 5, 22) che abilita l’uomo al dono totale di sé.

Il tempo che scorre non vanifica il frutto del sacrificio di questi nostri fratelli, ma lo rende strumento di riconciliazione tra i popoli e strimolo per tutti alla riflessione e all’impegno.

Ci conferma il questo pensiero la persuasione che il sacrificio di questi nostri fratelli, trova riscontro pieno nel Sacrificio di Cristo, che si dona al Padre nella pienezza del suo consenso: Egli non sale in Croce costretto dagli eventi, non troviamo in Lui la disperazione del condannato a morte, ma vediamo emergere la “pazienza” di chi si fa segno dell’amore del Padre: «Io offro la mia vita… Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso» (Gv 10, 17.18), «per la vita del mondo» (Gv 6, 51).

Celebrando l’Eucaristia, allora, noi siamo aiutati ad andare oltre la cronaca, per immergerci nel mistero del Crocifisso glorificato e così risalire alla genesi della nostra “vocazione”, per scoprire che la morte dei nostri fratelli, uccisi dall’odio fratricida, non è stata vana. Essi sono stati resi conformi all’immagine del Figlio di Dio (Cf. Rom 8, 29) e, come Lui, hanno consumato il loro sacrificio, per sconfiggere le forze del male e dilatare gli spazi del bene, secondo la logica del Vangelo: «Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

Il sacrificio eroico di questi soldati “operatori di pace” (Cf. Mt 5, 9) e di tutte le vittime innocenti che con loro hanno perso la vita, non ci dispensa dal guardare in faccia la realtà di un mondo che continua – secondo le parole del profeta Isaia – a tessere il “velo che copre la faccia di tutti i popoli” (Is 25, 7).

Un mondo, cioè, che si ostina a nascondere le cause vere e profonde del male, ormai radicato nei gangli vitali della nostra società secolarizzata. Questo male – ce lo dice la Sacra Scrittura – è frutto del peccato, una parola oggi impronunciabile, ma che apre l’orizzonte sul mistero della morte e delle forti contraddizioni della nostra vita, schiacciata su un progetto autoreferenziale e gaudente e per questo esposto ai rischi di un’antropologia inadeguata e virtuale.

Ciò nonostante, il testo di Isaia continua a ricordarci che Dio ha gettato un ponte tra le vicende umane, rese ambigue dal peccato, dal dolore e soprattutto dalla morte, e la condizione definitiva dell’uomo, destinato ad entrare nel riposo di Dio (Cf. Eb 4, 1-11).

Il “Dio degli eserciti”, infatti, con l’Eucaristia, “ha preparato un banchetto per tutti i popoli” e con esso “eliminerà la morte per sempre… e asciugherà le lacrime su ogni volto” (Cf. Is 25, 8). Gesù stesso lo ha detto: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54).

Pertanto, è nell’ottica eucaristica della consegna di sé e dell’accesso al «pane della vita» (Gv 6,48), che risiede la capacità di riportare ordine nella “città del caos”, come la chiama il profeta (Cf. Is 24,10), cioè nella convivenza terrena costruita sull’orgoglio e aperta alle logiche perverse dell’egoismo, dell’ingiustizia, della violenza.

Di fatto, le vie sbrigative del terrorismo, della guerra, del pacifismo a senso unico, e della conflittualità permanente non portano da nessuna parte, perché consolidano le fondamenta della «città caotica», e preparano quello “scontro di civiltà” che costituisce la vera minaccia sul futuro dell’umanità.

In tale prospettiva, il profeta Isaia ci dice che la nostra civiltà, se vuole diffondere i suoi valori, per la promozione dell’uomo in ogni angolo dell’universo, nel rispetto e nell’accoglienza dei valori di altre culture, dove riaccostarsi «al monte di Sion e alla città di Dio vivente, la Gerusalemme celeste», la Chiesa, che qui in terra rende presente, nel mistero,  il Regno di Dio “eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”.

La Chiesa di Bologna con il suo Arcivescovo anche in questa circostanza eleva la sua preghiera di suffragio per i defunti e si stringe ancora una volta attorno ai familiari con sincera condivisione del loro dolore. Inoltre, ringrazia l’Esercito italiano, l’Arma dei Carabinieri e le altre Istituzioni militari, per le missioni di pace che svolgono nel mondo e per la loro presenza pronta e vigile nella società civile italiana, a servizio dell’ordine pubblico e in soccorso della popolazione nei casi di gravi calamità naturali e di ogni necessità.

Questi nostri fratelli in divisa, hanno sempre pagato un prezzo molto alto, in termini di vite umane e di dedizione senza riserve alla causa del bene comune. Si auspica che il loro servizio sia riconosciuto non a parole ma coi fatti, e venga sempre più tutelato e messo al riparo dai denigratori e dai violenti, che troppo spesso trovano indulgenza e nuovi spazi d’azione.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato, dunque, parla a tutti noi, perché non ci lasciamo ingannare dalle illusioni prodotte dall’ideologia del progresso e del cambiamento fine a se stesso. «Sotto tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo,  che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli». Senza Cristo, «via, verità e vita» (Cf. Gv 14, 6), non siamo più capaci di fare, in senso pieno, retrospezione del passato, interpretazione del presente, esplorazione del futuro. Per questo stiamo perdendo la «memoria» schiacciati sul presente, col rischio di lasciare spazio alla «città del caos».

In questa prospettiva, l’anno dell’Eucaristia proclamato da Giovanni Paolo II offre a tutti la possibilità di una profonda revisione di vita, per riscoprire Cristo come sorgente della nuova creazione e autore dell’autentica liberazione dal male, dalla morte e da una vita disordinata e senza senso. Solo in Lui potremo accumulare le energie necessarie per affrontare le prove del XXI secolo e produrre frutti di giustizia seminati nella pace (Cf Gc 3, 18).

 

12/11/2004
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