S. Messa

La festa di oggi. Ci unisce e raccoglie anche tanti che non conosciamo e non ci conoscono. Il nome è sempre più largo di quello che noi sappiamo calcolare. La Chiesa è un popolo, i cui confini non sono così delineati e definiti come la paura vorrebbe. Noi dobbiamo sentire quella chiamata personale, quel Maria a cui rispondere come al Maddalena “Rabbuni”, “Maestro”. Il Signore conosce i nomi di tanti che noi non conosciamo, di quei “tutti” ai quali versa il suo sangue, che sono gli apostoli riuniti alla mensa e i tutti che sono la moltitudine di uomini e donne che sente suoi e che ama tanto da donare se stesso. Maria Maddalena ama. Il cantico dei cantici delle sue letture descrive: “Ho cercato l’amore dell’anima mia. Avete visto l’amore dell’anima mia? Trovai l’amore dell’anima mia”. Queste parole dovrebbero essere di ogni cristiano.  Se non le pronunciamo non abbiamo capito il Signore, perché Lui per primo viene a cercare l’amore dell’anima sua e ci chiama a stare con Lui, ci chiede di seguirlo non come un generale con dei subordinati, ma come un padre, un pastore, un fratello maggiore, il vero amico. Aveva chiamato Maria di Magdala, che aveva una storia difficile. Sette demoni erano usciti da lei. La Parola di Dio libera il cuore e ci lega al suo amore, non ci lascia prigionieri di noi stessi. Non c’è libertà nell’individualismo, ma tante dipendenze, cioè tanti spiriti di divisione che sembrano innocui o scelti da noi ma che poi si impadroniscono del cuore  e lo legano alle dipendenze. Il giogo di Gesù è un giogo di amore, dove si è liberi, perché legati, dove l’uno dipende dall’altro, dove l’amore rende una cosa sola. Ecco il segreto di Maria di Magdala, che con una storia complicata, come in  realtà quella di ognuno di noi che pensiamo la avrebbe resa poco credibile, è la prima e diventa apostola degli apostoli. Lei cerca l’amore dell’anima sua. Non si rassegna, come chi cerca l’amore. Lo ha trovato e non lo vuole perdere. Anche lei non capisce  che cosa significa che dopo la croce c’è la resurrezione. Il male sembra la fine di tutto. Ma non si rassegna, non resta a lamentarsi, non diventa vittimista. Trova la forza dell’amore, non del coraggio, tanto da andare, correre, piangere, restare. Questo è il credente.  Esce di casa perché non si dà pace e non si preoccupa di ciò che può capitarle o di ciò che può pensare la gente.  Non si da pace, come noi non ci dovremmo mai dare pace quando hanno portato via il nostro Signore e con Lui i nostri fratelli più piccoli. E’ solo la Chiesa che piange quella che sa anche gioire. La nostra gioia non è il benessere finto di una felicità lontana dalla vita e ossessionata dal benessere, ma la vittoria sul male. E’ la prima a ricevere da lui la missione formale di annunciare la risurrezione. E’ il suo amore, eccessivo per gli uomini equilibrati e paurosi, che  le consente di fare esperienza del Risorto. L’eccesso supera la misura avra della giustzia. Totrna al sepolcro, con gli occhi pieni di lacrime.  La nosta gioia è quella dche ci apre il cuore verso gli altri. E’ il segrerto9 del Vangelo. Ho cambiato vita perché ho visto il Signore! Adesso sono diverso da prima, sono un’altra persona. Sono cambiato perché ho visto il Signore. Questa è la nostra forza e questa è la nostra speranza. Chi non vale niente diventa la prima. Gesù ancora una volta ha capovolto le regole della società ebraica, delle leggi mosaiche.
Gesù deve andare, per portarci tutti con sé. Ha fretta, perché vuole aprire la via del cielo. “Lo stesso Signore Gesù Cristo è lassù ed è con noi; è con il Padre ed è dentro di noi; non s’è allontanato da lui e non abbandona noi. Come maestro, ci insegna a pregare; come Figlio, ci esaudisce insieme con il Padre”, cantava Sant’Agostino. Ghibran descriveva così la vicenda della Maddalena, secondo quella attribuzione errata che per tanto tempo l’ha fatta coincidere con la peccatrrice.  “Tu  hai  molti  amanti  ma  solo  io  ti  amo.  Gli  altri  uomini  cercano  se  stessi  amando  te.  Io  amo  te  solo  per  te  stessa.  Gli  altri  vedono  in  te  una  bellezza  che  passa  più  velocemente  dei  suoi  anni.  Ma  io  vedo  in  te  una  bellezza  che  non  sfiorirà  mai.  Tutti  gli  uomini  ti  amano  per  sè,  ma  io  ti  amo  per  te”.  Questa comunqne è la differenza dell’amore di Gesù. E questa deve essere anche la differenza del nostro amore verso tutti. Combattiamo il male.
Forse i servi pensavano che tutto doveva sempre andare bene. Il padrone, invece, non appare sorpreso della zizzania. Ai servi sembra incredibile, come accade ad uomini ottimisti, illusi dal benessere, deformati dall’abbondanza; credono che questi siano un diritto e si rivelano incapaci a confrontarsi con i frutti della divisione. Forse questo spiega la loro tentazione di trovare subito una risposta, proprio perché non sanno confrontarsi con il nemico, perché pensavano non ci fosse. Essi cercano una causa, un motivo, come tante volte facciamo noi di fronte ai frutti del male, che pensavamo non esistesse o non si manifestasse proprio nella nostra vita. Non a caso il Vangelo dice che il nemico “lasciò la zizzania” e se ne andò: il male rimane senza volto; sfugge, sembra imprendibile anche se i suoi frutti sono evidenti.
Il padrone no: aveva seminato, con fatica e fiducia, proprio perché sapeva che fare crescere il grano è anche una lotta! Non aveva seminato perché non si rendeva conto dei problemi e non smette, quindi, di sperare perché appaiono le difficoltà! Egli sapeva che c’è un nemico, il male, invidioso dell’amore, che vuole impedire al terreno di dare frutti, cioè rende sterile la vita proprio perché nemico di questa. Il regno dei cieli deve lottare perché il seme non sia soffocato: non è un’illusione, una fortuna, un momento magico, una droga per stordirci o consolarci di fronte alle tante avversità. Questi, purtroppo, sono offerti a profusione da un mondo impoverito di amore ed incapace di speranza! Il vangelo ci aiuta ad affrontare il nemico, a non farci scoraggiare da questo, perché spesso il solo apparire ci confonde e ci sembra definitivo. Il Vangelo ci aiuta a non pensare che il male si sconfigge con un grande gesto, come una certa pigrizia interiore potrebbe suggerire, ma con un cuore vigilante e paziente.
I servi quando si accorgono del male sembrano non sapere più riconoscere il bene, credono sia subito rovinato. La presenza del male minaccia il grano, ma non è mai l’ultima parola! Dobbiamo sapere vedere il mondo con i due occhi, diceva l’Abbé Pierre: quello che ci fa accorgere delle disgrazie che affliggono l’umanità ma anche l’altro, quello aperto alla meraviglia, perché Dio si rivela a noi attraverso quest’occhio che ci aiuta ad amare, a perdonare il male che ci circonda e che é in tutti noi. “Ritengo che dobbiamo sempre tenerli aperti tutti e due: uno sul bene e l’altro sul male”.
Il padrone non è ambiguo: sa che il nemico è il male ed ama il grano tanto da tenersi anche la zizzania proprio per non perderlo. La sofferenza, la divisione, insomma il male si vince anzitutto con l’amore! I servi, invece, dormono e sono allo stesso tempo impazienti, come se loro potessero chiarire tutto. Così in fondo farebbero il gioco della zizzania perché essi stessi lo strapperebbero! In realtà erano addormentati, tanto da permettere al nemico di seminare la divisione. Quante volte ci svegliamo all’improvviso, dopo non avere voluto vedere, dopo aver lasciato soli i campi di questo mondo o non avere curato anche il nostro piccolo terreno del nostro cuore! C’è tanto sonno che addormenta le coscienze degli uomini e le rende vulnerabili al male! Quanto poco ci sacrifichiamo perché il nemico non si avvicini o perché il terreno dia frutti! Sonno ed impazienza.
Il Signore non smette mai di darci fiducia. Perché l’inferno è la vita che finisce con sé, è la paura dell’amore, il rifiuto dell’amicizia. Il cielo, il regno di Dio, è quel seme più piccolo che cresce e diventa, come sempre l’amore vero, riparo per altri. E’ il lievito che si perde nella pasta, che proprio perché non vive per se stesso può fare fermentare tutta la pasta. Che sia così anche nella nostra vita, fragile ma fortissima dell’amore di Gesù, come Maria Maddalena, perché trovi compimento nei frutti dell’amore.

22/07/2017
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